Indiscutibile il successo di pubblico e le tante scolaresche in visita, ma di “cibo vero” se ne è visto troppo poco
Il 7 Ottobre si è tenuta a Milano la presentazione della 15° Edizione dell’Obesity Day, giornata nazionale ideata nel 2001 dall’ADI con l’intenzione di orientare l’attenzione dei mass-media, dell’opinione pubblica e anche di chi opera in sanità, da una visione estetica dell’obesità ad una salutistica.
Nel comunicato stampa dell’iniziativa è stato specificato che l’obesità ha ormai i caratteri di una vera e propria epidemia mondiale. Sembrerebbe che i costi diretti per l’obesità in Italia siano pari a 22,8 miliardi di euro ogni anno e che il 64% di tale cifra venga speso per ospedalizzazione.
L’opinione pubblica, e anche parte del mondo medico, hanno una visione superficiale del problema. É opportuno quindi riaffermare che l’obesità necessita di interventi e di team ben strutturati. Fatte queste considerazioni, la sede scelta per la conferenza stampa di presentazione non poteva che essere EXPO visto che “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” era il tema della manifestazione. Su una pagina ufficiale si leggeva: «Expo Milano 2015 è l’occasione per riflettere e confrontarsi sui diversi tentativi di trovare soluzioni alle contraddizioni del nostro mondo: se da una parte c’è ancora chi soffre la fame
(circa 870 milioni di persone denutrite nel biennio 2010-2012), dall’altra c’è chi muore per disturbi di salute legati a un’alimentazione scorretta e al troppo cibo (circa 2,8 milioni di decessi per obesità o sovrappeso)…Per questo motivo servono scelte politiche consapevoli, stili di vita sostenibili…per trovare un equilibrio tra disponibilità e consumo delle risorse. La riflessione sul Tema si trasforma anche in un
momento di condivisione e di festa, grazie a incontri, eventi e spettacoli da vivere in compagnia della mascotte Foody e degli allegri personaggi che la compongono…».
Al termine della conferenza ho fatto un giro tra i padiglioni e, come clinico della nutrizione, purtroppo, sono rimasto deluso. Indiscutibile il successo di pubblico con le tante scolaresche vocianti, indiscutibile la simpatia dei pupazzi. Gente vestita da chicco di caffè, cetriolo gigante, melanzana, cicogna e barattolo di sale. Sembrava di essere a Euro Disney. All’ingresso di alcuni padiglioni file sostanziose. Sono
stato informato che la Moldavia proiettava costantemente i balletti popolari della sua terra, le Maldive vendevano attrezzature per fare le immersioni e la Malaysia omaggiava il Moto GP che, ogni anno, si disputa nel circuito di Sepang. Il legno dominava ovunque. La struttura del padiglione giapponese era una griglia tridimensionale in legno, costruita con una fusione di tecniche tradizionali, analisi strutturali
moderne e metodo di tensione compressiva in cui i singoli elementi sono collegati con sistemi di aggancio e giuntura per ottenere un sostegno resistente anche ai terremoti, frequenti in Giappone. Per la facciata del padiglione brasiliano «è stato utilizzato il sughero – ha spiegato l’ingegnere Luisa Basiricò dello studio Mosae – materiale ancora poco usato, proveniente dal Portogallo e che segue un processo sostenibile anche per la produzione».
Gli alberi sono stati sempre definiti sostenibili e rinnovabili, anche quelli tagliati. Ma la cosa che mi ha colpito di più è stato l’odore di olio fritto di diversi tipi che imperversava e il numero di visitatori con il “cartoccio” in mano e la bocca piena di una salutare frittura.
Qualcosa che non ha funzionato. Nella mia testa più dubbi che certezze. Tutti mangiavano e tutti invitavano a mangiare.
Il neuromarketing alimentare era esasperato e le scolaresche continuavano a sciamare festose. Con buona pace della fame del mondo e dei paesi poveri. Ma il tema dell’EXPO non doveva essere “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”?
All’uscita non ho potuto fare a meno di pensare che siamo tutti fritti!