L’importanza dell’Unione Europea per l’Italia nelle parole del professore Emerito di Scienza Politica e Accademico dei Lincei Gianfranco Pasquino: «Competitività, ambiente, difesa, ma anche creazione di posti di lavoro. Molto di questo è già in corso. Draghi indicherà come valorizzarlo, farlo proseguire, innovarlo. L’UE non è nata ieri; ha costantemente imparato e progredito; non si completa domani; cresce, affronta sfide, le vince per gli europei e, seppur con difficoltà, anche per i democratici nel mondo»
Dal 6 al 9 giugno 2024 si terranno le prossime elezioni del Parlamento europeo. Il tempo stringe, eppure la qualità – e la quantità – del dibattito nel nostro Paese languono. Perché succede? Colpa del presente imperante?
L’attuale dibattito italiano sulle elezioni europee non è meno peggio di quelli che l’hanno preceduto. Anzi, tocca due problematiche molto importanti: le candidature delle leader di partito e le prossime alleanze nel Parlamento europeo. Inoltre, già sappiamo – e non è poco – che Giorgia Meloni sosterrà la rielezione di Ursula von der Leyen alla Presidenza della Commissione. Sono contrario alle candidature di chi non andrà al Parlamento europeo, Meloni e Schlein, sia per l’incompatibilità sussistente fra le cariche nazionali di rappresentanza e di governo e quella di europarlamentare sia perché non è un vero duello. Comunque, se si candidano, lo facciano su idee e su proposte assolutamente non per metterci la faccia. Al momento, sicuramente, la loro candidatura all’europarlamento in cui non andranno deve essere denunciata come un inganno per gli elettori, pessimo esempio di opportunismo che non fa bene all’Europa usata in maniera strumentale per acquisire più potere in Italia.
Molto utile, invece, è sapere con quali gruppi parlamentari si schiereranno gli europarlamentari italiani, in particolare quelli, che saranno parecchi, ma non so quanto competenti, di Fratelli d’Italia. Molto positivo è sapere che intendono essere parte del gioco e non soltanto oppositori più o meno sterili. Dagli “europeisti” vorrei vedere più entusiasmo e più impegno a spiegare quanto importante è l’Unione Europea per l’Italia e quanto può essere utile l’Italia all’UE.
Su quali temi urgenti dovrebbe essere invece calibrata l’attenzione?
La domanda è: “Insomma, quanta e quale Europa volete dare ai vostri cittadini?”. La risposta federalista, che è anche senza esitazioni la mia, è: “più Europa e un’Europa con maggiore integrazione in ambito economico, con una politica estera comune e una politica di difesa molto potenziata.
Un’Europa capace di essere faro democratico, attraente, accogliente, illuminante e propulsivo.
Un’Europa che si allarga dotandosi di meccanismi decisionali che non contemplino mai più votazioni all’unanimità, strumento in mano ai ricattatori come Orbán. Le altre risposte, in particolare, quella sovranista, recuperare sovranità perduta, sono illusorie, sbagliate, perdenti, costosissime per le tasche e per i cuori”.
La priorità spetterebbe? Difesa comune, politica industriale, competitività come suggerisce Draghi o cosa altro?
Competitività, ambiente, difesa, ma anche creazione di posti di lavoro. Molto di questo è già in corso. Draghi indicherà come valorizzarlo, farlo proseguire, innovarlo.
L’Unione Europea non è nata ieri; ha costantemente imparato e progredito; non si completa domani; progredisce, affronta sfide, le vince per gli europei e, seppur con difficoltà, anche per i democratici nel mondo. Hic Russia hic salta.
Sulla transizione verde si è fatto un passo avanti e due indietro: ritardare gli obiettivi però non fa che accrescere e rendere maggiormente costoso il “problema”? In prospettiva, esiste il rischio di vedere ridotte le ambizioni climatiche?
L’argomento è molto tecnico e politicamente delicato. Tuttavia, personalmente penso che due passi avanti e avanti sia sempre una buona strategia. Ogni volta impariamo qualcosa e il problema si dimezza. Una buona storia dell’Unione europea, in parte da scrivere, sarebbe molto rivelatrice.
Dall’Europa a noi: cosa ne pensa del presidenzialismo? Avrà futuro nel nostro Paese?
Un conto, che mi obbliga a diventare raffinatamente “tecnico”, è il presidenzialismo; un conto diverso il semipresidenzialismo (come la V Repubblica francese); un conto ancora più diverso è l’inesistente premierato elettivo che la Meloni, sbagliando alla grande, apostrofa come “la madre di tutte le battaglie”. Nell’Unione Europea ci sono democrazie parlamentari e democrazie semipresidenziali (non solo la Francia, ma anche la Polonia, la Romania, e altre). Da nessuna parte al mondo il capo del governo è eletto direttamente dagli elettori. Da quando i giuristi italiani, troppo spesso di corte e di cortile, sono diventati i più originali al mondo? E un po’ di scienza politica, quella di Machiavelli che guardava alla “realtà effettuale”, non sarebbe loro indispensabile? Continuo a pensare che:
- La democrazia parlamentare italiana abbia dimostrato di avere straordinarie capacità di funzionamento in tempi difficili, di ripresa e di resilienza; 2. il problema italiano siano specialmente i partiti, deboli, male strutturati, privi di visione, di strategia, di pensiero, con leadership molto mediocri;
- parte della soluzione è una legge elettorale che consenta ai cittadini di scegliere i candidati e, in qualche modo (personalmente saprei come fare), anche le coalizioni obbligando i candidati a tenere conto delle preferenze degli elettori. Il resto è fuffa opportunistica maleodorante fatta circolare da giornalisti tanto incompetenti quanto faziosi e manipolatori. A richiesta farei molti esempi.