A pesare sulle performance delle imprese del settore – come sottolineato dal Direttore Generale Stefano Franchi – grava l’insostenibile pressione fiscale di cui la tassazione dei macchinari imbullonati, che equipara i mezzi produttivi agli immobili, è l’ultimo ed odioso esempio
I livelli medi di produzione sono cresciuti, infatti, dello 0,8% rispetto all’ultimo trimestre del 2014 ma hanno segnato ancora una flessione dello 0,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
La produzione sale, ma non in tutto il settore. Crescono in misura significativa i volumi relativi ad autoveicoli e parti staccate, che fanno registrare un aumento tendenziale del 23,9% e quelle di altri mezzi di trasporto (+3,6%), ma restano ancora deboli le attività metallurgiche (-5,3%), quelle di prodotti in metallo (-6,0%) e dei comparti delle macchine elettriche (-3,6%) e della meccanica strumentale (-3,3%).
A incidere sulla migliorata congiuntura settoriale soprattutto l’export che, sempre nei primi tre mesi del 2015, cresce del 5,7% rispetto al primo trimestre del 2014. Bene in particolare gli scambi con i paesi esterni all’Unione Europea (+10,7%), in particolare quelli indirizzati verso gli Stati Uniti (+56,8%) che sono diventati il secondo paese importatore di prodotti metalmeccanici italiani alle spalle della sola Germania.
Parallelamente all’evoluzione congiunturale, nel primo trimestre 2015 si è avuto un minor utilizzo di ore di Cig (-39,3%) mentre è proseguita la contrazione dell’occupazione nelle imprese con oltre 500 addetti (-3,2%).
Anche se grazie alla domanda estera questo andamento positivo dovrebbe protrarsi almeno per un trimestre la ripresa appare ancora debole e poco convincente. Per invertire definitivamente il trend occorrerebbero riforme strutturali con riflessi positivi sia sul versante della domanda interna, sia complessivamente sulle performance dell’intero sistema produttivo.
Direttore Franchi, da più parti – Bankitalia, Ocse, Istat – si certifica che la ripresa c’è. È così anche per le imprese del comparto metalmeccanico?
Come dicevo, anche per il metalmeccanico negli ultimi due trimestri stiamo registrando una moderata inversione delle tendenze negative che hanno caratterizzato il settore fino all’autunno del 2014. Ma quanto recuperato negli ultimi sei mesi è ben poca cosa rispetto a quanto perso nel corso degli ultimi sette anni. Le imprese che stanno recuperando una parte, ed in molti casi modesta, di quanto perso, sono quelle che hanno una maggiore propensione all’export, mentre soffrono ancora quelle che operano prevalentemente sul mercato interno.
Dal 2007 ad oggi la domanda interna per beni di consumo è calata in termini reali di 8 punti percentuali, mentre quella per beni di investimento, di cui il metalmeccanico è produttore quasi esclusivo, è crollata di oltre il 30%.
Un sistema economico non può vivere di solo export per essere sostenibile. In più nel nostro settore assistiamo a performance molto diverse a seconda dei comparti, il che mette in evidenza la necessità di misure ad hoc. Non ci possono più essere soluzioni valide per tutti a nessun livello.
Qual è la strada secondo Federmeccanica per fare concreti passi avanti sul terreno della crescita?
Dal 2007 ad oggi il settore metalmeccanico ha perso circa un quarto della capacità produttiva installata e oltre il 30% di produzione; la ricchezza creata dal settore (misurata con il valore aggiunto a prezzi costanti) è diminuita del 18% (97 miliardi di euro nel 2014 rispetto ai 120 del 2007) mentre l’occupazione si è ridotta di oltre 250mila unità. Sono numeri di una guerra e niente sarà più come prima. Dobbiamo avviare una vera e propria fase di “Ricostruzione” e per farlo è necessario agire su alcuni “Pilastri”: sostenere gli Investimenti pubblici e privati, stimolare la Produttività, creare le Competenze e rilanciare l’Innovazione per creare un modello Italiano di Industry 4.0.
Sul metalmeccanico pesa poi la scure della questione imbullonati…
Sì, la questione degli “imbullonati” ovvero del valore degli immobili comprensivi del valore totale dei macchinari ancorati all’interno degli stabilimenti produttivi, qualora soggetti al calcolo di IMU e TASI, è una ulteriore, insopportabile penalizzazione per le imprese. Questa tassa equiparando, i mezzi produttivi agli immobili, considera i macchinari come fonte di rendita quando, al contrario, si tratta di investimenti il cui valore tende a ridursi nel tempo e, in alcuni casi, ad annullarsi rapidamente per effetto dell’obsolescenza. La tassa sugli imbullonati si somma, inoltre, alla già insostenibile pressione fiscale a carico delle imprese che pesa più del 64% sui profitti, mentre nella media UE è circa il 42%.
Oggi sono le imprese ad essere “inchiodate” nel momento in cui la percentuale degli utili sul fatturato è scesa allo 0,4% nel 2013 dal già insufficiente 3% del 2007.
Lo abbiamo detto e lo ripetiamo. E’ necessario liberare risorse per rilanciare gli investimenti ed avviare la “Ricostruzione” se vogliamo tornare a parlare di crescita, di sviluppo, di futuro.