L’Arte e i sensori biometrici, tra onde e pulsazioni: da You are the Ocean a Pulse Room
L’Arte interattiva o Interactive art è il frutto di una lunga evoluzione, un cammino in cui la tecnologia si insinua sempre più nel processo di creazione artistica dando all’arte nuovi volti e nuove prospettive. L’opera d’arte interattiva attiva una relazione dinamica tra l’opera e il corpo dello spettatore, attribuendo a quest’ultimo un ruolo essenziale per la stessa esistenza dell’opera. L’opera si evolve in tempo reale in risposta all’interazione con lo spettatore, promuovendo un’interdipendenza che diventa elemento fondante dell’esperienza artistica.
Due opere, La Plume d’oiseau e Il Soffio sull’angelo, rappresentano esempi significativi dei primi esperimenti e della piena maturità di quella che oggi viene definita Arte interattiva. La prima – una piuma di uccello, sospesa in un monitor, che si anima con il soffio di uno spettatore sullo schermo – è stata realizzata da Edmond Couchot in collaborazione con un’équipe di specialisti della simulazione del volo e presentata per la prima volta nel 1983 (in seguito rielaborata, nel 1990, in una nuova versione dal titolo Je sème à tout vent); la seconda – una videoinstallazione nella quale compaiono tre paracaduti rovesciati che cadono dall’alto al cui interno sono sospesi degli esseri che, al soffio sprigionato da un dispositivo attivato dalla presenza e dalle azioni degli spettatori, vengono scaraventati fuori – è stata creata nel 1997 da Studio Azzurro.
Ad accomunare le due installazioni artistiche, la scelta di rendere le opere modificabili in tempo reale dal pubblico, attivando un’interazione diretta. In entrambi i casi, il controllo delle immagini è affidato a dispositivi elettronici ma dipende dall’intervento dello spettatore, che diventa parte integrante del processo creativo e del significato dell’opera. Né Couchot, né Studio Azzurro chiedono agli spettatori di eseguire azioni precise, ma li invitano a gesti spontanei e naturali, stimolando nuove percezioni psicologiche ed estetiche e favorendo un’interazione più spontanea e immediata con la tecnologia. Nel vortice, tra innovazioni tecnologiche e flusso creativo, gli artisti contemporanei sperimentano nuovi strumenti di realizzazione delle loro opere e nuove modalità di relazione tra queste ultime, se stessi e il pubblico, in un’interazione che porta a una trasformazione reciproca. La crescente diffusione delle tecnologie digitali e l’evoluzione della biotecnologia hanno permesso di monitorare e misurare sempre più facilmente i segnali fisiologici dell’individuo. Con la diffusione dei sensori che captano i segnali biofisici, molti artisti non hanno resistito alla tentazione di inserire, all’interno del proprio lavoro artistico, questi dispositivi, che permettono di “usare” lo spettatore non solo come destinatario attivo dell’opera, ma come corpo da cui prende vita l’esperienza creativa, elemento imprescindibile di co-creazione. La diffusione dei sensori biometrici ha permesso all’arte di intrecciarsi con le fibre più sottili del corpo umano, tracciando sentieri attraverso il cuore e la mente dello spettatore, spostando sempre più la soglia tra arte e realtà, tra visibile e invisibile. Lo spettatore diventa protagonista ed è chiamato ad entrare in una dinamica artistica che, attraverso il rilevamento di segnali biofisici come il battito cardiaco o le onde cerebrali, trasforma in tempo reale i dati fisiologici in manifestazione artistica, intimamente legata a colui che la esperisce.
Un esempio paradigmatico è l’opera You are the ocean, realizzata nel 2017 e frutto di una collaborazione tra Özge Samancı e Gabriel Caniglia della Northwestern University. L’installazione interattiva consente ai partecipanti di “controllare”, attraverso le onde cerebrali, un oceano simulato digitalmente. Lo spettatore indossa un sensore EEG che misura l’attività elettrica dell’encefalo, il soggetto può controllare più o meno intenzionalmente il proprio pensiero e, contemporaneamente, esperirne a livello visivo e uditivo gli effetti. Una maggiore attività cerebrale provoca burrasca, le onde diventano più alte e le nuvole si addensano. Quando la sua mente si calma e l’attività cerebrale diminuisce, il cielo si rasserena e le onde si abbassano. Il messaggio, che gli artisti vogliono veicolare, riguarda il rapporto complesso dell’umanità con il mondo naturale. Gli esseri umani percepiscono un confine illusorio tra i loro corpi e il resto del mondo. “You Are the Ocean” è un monito a considerare che la nostra presenza e i nostri pensieri hanno un impatto diretto sul pianeta. Se noi smettessimo di vedere gli oceani come una risorsa e capissimo che siamo un’estensione degli oceani, allora potremmo iniziare ad interiorizzare l’intuizione della filosofa Donna Haraway, secondo la quale gli esseri umani non sono superiori a nessun ecosistema ma esistono nella rete interconnessa di tutti gli ecosistemi, come estensione del pianeta.
Un’altra opera esemplificativa è Pulse Room, realizzata nel 2006 da Rafael Lozano-Hemmer, il primo artista a rappresentare il Messico alla Biennale di Venezia con una mostra a Palazzo Van Axel nel 2007. L’installazione interattiva è composta da trecento lampadine da 300 W ciascuna, appese a un cavo a tre metri di altezza, distribuite uniformemente nella sala espositiva. Un’interfaccia, dotata di un sensore per la misurazione delle pulsazioni attraverso il polso e posta su un lato della stanza, permette al visitatore di registrare il proprio battito cardiaco. Quest’ultimo viene trasmesso, tramite un computer, e fa immediatamente accendere la lampadina più vicina che lampeggia al ritmo esatto del suo cuore. Man mano che i visitatori successivi partecipano, la registrazione dei battiti cardiaci precedenti viene spinta più lontano attraverso la griglia di lampadine. Grazie a tanti luminosi battiti, la stanza si illumina e pulsa, componendo una sinfonia collettiva in continua evoluzione, che rappresenta visivamente l’esperienza umana condivisa. Quest’opera è stata ispirata da Morte in vacanza (Macario), un film diretto da Roberto Gavaldón nel 1960 in cui il protagonista soffre di un’allucinazione indotta dalla fame in cui ogni persona è rappresentata da una candela accesa in una grotta. Attraverso l’unione di arte, scienza e connessione umana, l’opera materializza i ritmi invisibili della vita in una forma d’arte interattiva tangibile e condivisa. Entrambe le opere si focalizzano sull’esperienza umana, sulla consapevolezza del corpo come elemento inscindibile dall’ambiente circostante, parte di un sistema naturale e artificiale al tempo stesso che, con le sue azioni/reazioni, influenza e trasforma.
Ogni individuo che entra nell’opera, modifica l’ambiente audiovisivo ed entra in connessione con esso e con gli altri individui in un’esperienza artistica condivisa, in un flusso creativo che tende sempre più a eliminare la linea di demarcazione tra esistenza e creazione artistica, tra realtà e altrove.