Le priorità della riforma per il Presidente dell’Autorità Portuale di Salerno Andrea Annunziata: «Dragaggi, piani regolatori, autonomia finanziaria: sburocratizzazione»
Presidente Annunziata, il porto commerciale è uno dei punti di forza del tessuto economico della provincia di Salerno. Numeri e performance raccontano, infatti, una realtà in costante avanzamento in cui anche l’attività crocieristica gioca un ruolo di primo piano. Ad oggi quali sono le cifre relative al traffico dello scalo salernitano?
Nella provincia di Salerno la prima industria è proprio il porto, con 1200 dipendenti distribuiti su tre turni e con circa 5000 risorse nell’indotto diretto. Negli ultimi quattro anni inoltre siamo riusciti recuperare le quote di risultato che la crisi ci aveva eroso, tant’è che ad oggi il porto fa registrare un +50% rispetto al 2010. In più il 2014 si è chiuso con uno +26/27% nel settore commerciale, con punte del +36% nel container.
Nel settore turistico, la media salernitana è di circa 200mila passeggeri crociera, che diventano in tutto un milione se si tiene conto anche delle vie del mare. Un numero destinato senz’altro a crescere una volta che il nostro avrà smesso di essere un cantiere aperto.
Attualmente è in corso un dragaggio importante per il nuovo polo crocieristico, il molo Manfredi, inoltre, già prolungato di 400 metri sarà prolungato di altri 300 metri nel prossimo futuro, con il nuovo Piano Regolatore. A breve, infine, sarà realtà la nuova stazione marittima – progettata da Zaha Hadid – dedicata esclusivamente alle navi da crociera.
Nel settore autovetture, poi, con 500mila auto esportate in tutto il mondo siamo stati anche nel 2014 il primo porto italiano. Nel merito della questione, vorrei precisare che non c’è alcun allarme che riguarda il porto (negli scorsi mesi correva voce che Fiat e Grimaldi stessero per lasciare Salerno, preferendogli il porto di Civitavecchia, ndr) perché a Civitavecchia viene destinato quel surplus produttivo della Fiat che il nostro porto non riesce più a contenere.
Certo, restano una necessità quelle infrastrutture necessarie a incrementare il traffico ro-ro auto, asset per noi strategico. Un primo, seppur piccolo passo, sarà il completamento del parcheggio multipiano all’interno dello scalo.
Anche in ambito di innovazione tecnologica, come pochi altri porti di eccellenza, Salerno è all’avanguardia nel produrre incrementi di produttività e velocizzare i processi operativi all’interno del terminal. Un esempio è il sistema di “preclearing”.
La produttività elevata di un porto di contenute dimensioni come il nostro è dovuta anche a fattori di innovazione di questo tipo. La procedura di “preclearing” riesce infatti a rendere più snelle le operazioni di sdoganamento delle merci perché in parte tale sdoganamento avviene in mare.
Grazie all’utilizzo di sistemi satellitari e di radiolocalizzazione del traffico navale disponibili presso la Capitaneria di Porto, che già garantiscono la sicurezza della navigazione, si può garantire anche la sicurezza doganale delle merci trasportate.
Con il “preclearing” si effettua il monitoraggio già in alto mare nel Mediterraneo, operazione che fa risparmiare giorni sulla consegna delle merci sbarcate, con positive ricadute in termini di redditività ed efficienza per gli operatori e per lo Scalo salernitano.
Sembra invece svanita l’ipotesi contenuta nella riforma della legge n.84 del 1994 di riduzione delle attuali 24 Autorità Portuali a vantaggio di alcuni “core ports” che dovevano nascere dall’accorpamento di vari centri portuali. Resta però il problema dell’autonomia finanziaria delle autorità portuali, inteso come potere di spendere le risorse generate dagli stessi porti. Nel progetto di riforma infatti pare non esserci alcuna buona notizia al riguardo. Cosa ne pensa?
Tutto il clamore sull’eventuale accorpamento del nostro scalo con quello napoletano oggi è svanito e direi per fortuna. Il punto infatti non è ragionare contro ma insieme perché Salerno e Napoli uniti potrebbero essere un grande bacino. La portualità campana, se ben coordinata, può essere decisiva per l’intera economia regionale. Potremmo essere primi attori nel Mediterraneo se la riforma, tra le altre cose, velocizzasse la governance e più che parlare di accorpamenti sburocratizzasse le autorizzazioni.
L’autonomia finanziaria, poi, è la questione madre e dovrebbe essere il principio regolatore della capacità competitiva di un porto: chi riesce da solo a stare sul mercato vince, chi non ce la fa può accorpare e mettere in comune con altri alcuni servizi.
In questo modo sarebbe il mercato a decidere le sorti di uno scalo e non una legge. Dragaggi piani regolatori comitato portuale che sia conferenza servizi…
Lei vorrebbe inoltre trasformare le Autorità Portuali in una società per azioni come nel modello inglese. Quali sarebbero i vantaggi?
Il modello del Nord Europa è il migliore al mondo, mentre altrove ci sono invece diverse tradizioni. A mio avviso il pubblico deve esserci nella gestione perché il mare è un confine di Stato, ma c’è bisogno di un pubblico che aiuti non che invada.
Bisognerebbe – oltre a velocizzare ovviamente le procedure – allungare le concessioni ai privati per consentire una migliore pianificazione e organizzazione degli investimenti con concessioni più lunghe. In questo modo lo Stato recupererebbe anche risorse da destinare altrove.
Perché vorrebbe un Ministero del mare?
La mia è una sorta di provocazione per attirare attenzione sul tema perché il mare è una risorsa autentica, ma mai è stata seriamente considerata. Ottimizzare le potenzialità del mare equivarrebbe anche a riequilibrare il sistema dei trasporti, oggi troppo sbilanciato sulla gomma. Il mare può essere il futuro, l’orizzonte.
L’Autorità portuale di Gioia Tauro ha proposto la creazione di una Zona economica speciale (ZES) connessa con le Aree Vaste e le filiere territoriali logistiche calabresi, per migliorare la competizione con i principali porti europei. Per Salerno una simile iniziativa sarebbe possibile e auspicabile?
Non credo, non avrebbe per noi utilità. Certo, è importante che ci sia un hub nazionale per le grandi navi ma poiché noi consegniamo a massimo 150 km, dovremmo interessarci più all’area vasta della nostra regione. Il ragionamento europeo di una portualità con navi da 15000 container non vale per la morfologia italiana, fatta di tanti porti comunque non troppo distanti tra loro geograficamente.
Piuttosto, non mi stanco di dirlo, dobbiamo proseguire a servire bene eccellendo sicurezza, velocità e tutela ambientale.
Necessari sono, invece, gli strumenti per investire nel retroporto che ad oggi non abbiamo, una maggiore sinergia con Napoli, la creazione di una grande area di interporto che coinvolga anche Avellino e Benevento.
Indispensabile è poi ormai il decollo dell’aeroporto. Lo scalo salernitano, specie per la sua localizzazione geografica, potrebbe fare il cargo, rendendo un servizio di estrema utilità alle aziende del nostro territorio.
Se non riusciremo a offrire questa possibilità in tempi brevi, perderemo un’altra fetta di investimenti, economia e occupazione.