La maturazione di una saga familiare intensa domina questo libro di Tracy Chevalier, autrice tra gli altri de “La ragazza con l’orecchino di perla”
C’è tutta l’essenza degli Stati Uniti del primo Ottocento nel romanzo di Tracy Chevalier “I frutti del vento”, edito da Neri Pozza.
Insieme alle parole, scorrono lungo il libro le immagini dell’inizio del sogno americano, dell’immigrazione, della corsa all’oro, di quella povertà sofferta e arida dei proprietari terrieri. Protagonista del libro una famiglia numerosa, i Goodenough. James e Sadie Goodenough – rispettivamente marito e moglie – giungono nella Palude Nera dell’Ohio dopo essere stati costretti a lasciare il Connecticut. Qui devono fare fortuna piantando meli, cosa non semplice perché il luogo è ostile e la terra tutt’altro che generosa. L’armonia della grande famiglia – dieci sono i figli – è messa a dura prova dalla febbre gialla che miete vittime, dall’ossessione del capofamiglia per il frutteto – triade di cibo, sogno di realizzazione e proprietà – e dalla madre che vuole avere sempre ragione, più dedita all’acquavite e a se stessa che alla cura del resto.
In un giorno apparentemente felice, per l’insana follia di Sadie e l’inettitudine di James, la famiglia, già smembrata, va definitivamente in pezzi.
A cambiare sarà soprattutto la vita dei più piccoli di casa, Robert e Martha, unici eroi positivi della saga cui è dedicata la seconda parte del libro.
Una curiosità: personaggi realmente esistiti vivono ne “I frutti del vento”. Tra questi il botanico britannico William Lobb, che agli inizi dell’800, introdusse in Inghilterra piante originarie del continente americano, come le gigantesche sequoie.