Le proposte dei “saggi” e quelle di Confindustria
Sono trascorsi soltanto pochi mesi dalla sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittima, per eccesso di delega legislativa, l’obbligatorietà della mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, ma il dibattito che coinvolge più in generale i temi della giustizia civile era apparso rapidamente destinato all’oblio a fronte dei gravi problemi posti dalla stringente crisi economica tanto da essere passato del tutto inosservato nella contesa politica pre e post elettorale.
E invero, nei programmi delle diverse coalizioni, i temi della giustizia civile e, soprattutto, delle possibili soluzioni connesse a strumenti e procedure alternativi alla giustizia ordinaria aveva trovato solo sporadici e sbiaditi cenni quasi a confermare, da un lato, il superamento del dibattito sulla mediazione obbligatoria e, dall’altro, la subalternità della crisi del sistema giustizia ai temi economici.
Molti così sono rimasti stupiti il 12 aprile 2013 quando i “saggi” incaricati dal Presidente della Repubblica nel presentare le loro relazioni hanno posto nuovamente all’attenzione della politica tra i temi centrali e urgenti quello della giustizia civile. E sono rimasti tanto più stupiti nel ritrovare al primo posto tra le proposte su questo tema proprio «l’instaurazione effettiva di sistemi alternativi (non giudiziari) di risoluzione delle controversie, specie di minore entità̀, anche attraverso la previsione di forme obbligatorie di mediazione (non escluse dalla recente pronuncia della Corte costituzionale – sent. n. 272 del 2012 – che ha dichiarato illegittima una disposizione di decreto legislativo che disponeva in questo senso, ma solo per carenza di delega); questi sistemi dovrebbero essere accompagnati da effettivi incentivi per le parti e da adeguate garanzie di competenza, di imparzialità̀ e di controllo degli organi della mediazione».
Una proposta chiara che lascia riemergere un problema che richiede risposte immediate, che non possono ormai più prescindere da una complessiva riconsiderazione del sistema giustizia.
Il potenziamento e la riorganizzazione della giustizia ordinaria non possono ulteriormente essere dilazionati, ma l’ampliamento dell’offerta attraverso sistemi complementari alla stessa costituisce non soltanto un’esigenza utile a rispondere all’incremento della domanda, ma ad attuare una diversificazione necessaria a fornire risposte adeguate in termini di efficacia ed efficienza.
Di qui la proposta dei “saggi” che induce a riflettere non soltanto sulla mediazione e sulle sue (nuove) forme di obbligatorietà, ma sull’avvio di un sistema poliedrico di strumenti risolutivi (non giudiziari) che possano consentire di riorganizzare radicalmente l’offerta di giustizia continuando nel percorso di rinnovamento culturale avviato ormai da qualche decennio soprattutto in virtù della spinta europea che sembra destinata a dare anche a breve nuovi e decisivi impulsi nel solco già segnato.
E così dopo la prima Direttiva UE n. 52/2008 in materia di ADR (Alternative Dispute Resolution) in attuazione della quale è stato introdotto nell’ordinamento italiano per la prima volta un esteso sistema di mediazione della liti civili e commerciali, diviene sempre più imminente l’adozione di una nuova Direttiva questa volta in materia di ADR (non soltanto per la mediazione) per i consumatori (e quindi limitandone l’ambito soggettivo di applicazione). Infatti, il 12 marzo 2013 il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione in sede legislativa avente ad oggetto il testo della Direttiva che mira ad introdurre «procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie, nazionali e transfrontaliere, concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti di vendita o di servizi tra professionisti stabiliti nell’Unione e consumatori residenti nell’Unione» e ciò attraverso organismi ADR che propongano o impongano o riuniscano le parti al fine di agevolare una soluzione amichevole.
Quindi un sistema destinato ai rapporti tra imprese e consumatori che offra un ampio ventaglio di opportunità extragiudiziali che comprendano procedure di tipo propriamente aggiudicativo, misto ed esclusivamente facilitativo. Si pensi ad istituti già presenti nell’ordinamento quali, ad esempio, l’arbitrato rituale, da un lato, e la mediazione, dall’altro, e ad esperienze intermedie che costituiscono vere e proprie best practices internazionali quali le negoziazioni paritetiche (per le controversie dei consumatori) e l’Arbitro Bancario Finanziario (per le liti tra consumatori e intermediari in relazione alle problematiche attinenti ai rapporti bancari).
Un sentiero già solco i cui dati statistici rassicurano consumatori e imprese collocandosi in quel percorso culturale volto a risolvere le controversie in una prospettiva condivisa, utile a migliorare i rapporti tra le parti piuttosto che a reciderli.
E allora ritorna alla mente il documento programmatico presentato due anni or sono all’assemblea di Confindustria “Italia 2015. Le imprese per la modernizzazione del Paese”.
Posto l’obiettivo della crescita nel periodo 2010-2015, Confindustria aveva individuato infatti dieci priorità: la pubblica amministrazione, la giustizia civile, le infrastrutture, l’energia e la sostenibilità, il fisco, il lavoro, la ricerca e l’innovazione, l’istruzione, il credito e la finanza, le liberalizzazioni.
Particolarmente significativo era apparso (e appare tuttora) il collocare il tema della giustizia civile al secondo posto del decalogo proposto dagli imprenditori. Invero, migliorare la giustizia civile significa migliorare il sistema economico: la giustizia è il «tema centrale per la crescita economica – rilevava Confindustria – oltre che per la convivenza civile. I tempi dei processi sono irragionevolmente lunghi e questo è inaccettabile in un paese civile».
Secondo Confindustria tutto ciò incide negativamente sulla fiducia dei cittadini e delle imprese rendendo eccessivamente rischiosa l’attività d’impresa. La inefficienza del sistema giudiziario civile riduce così la propensione ad investire, disincentiva la crescita delle imprese e ostacola lo sviluppo dei mercati finanziari. Le scelte di finanziamento vengono distorte e frenano gli investimenti dall’estero.
E allora per tornare a crescere occorre migliorare l’efficienza della giustizia. E così tra le proposte formulate da Confindustria al terzo posto si colloca la promozione dell’utilizzo di «strumenti alternativi di risoluzione delle controversie (mediazione, conciliazione, arbitrato)». Gli imprenditori ritengono perciò che per migliorare l’efficienza del sistema della giustizia civile e, quindi, del sistema economico occorra diffondere e promuovere una nuova cultura dell’accesso alla giustizia civile. Accanto ad un processo giurisdizionale rapido ed efficiente occorre sviluppare gli strumenti di ADR e cioè quei procedimenti che, riaffermando la centralità della autonomia privata, anche nella fase della gestione della lite, possono concorrere ad una soluzione più adeguata al soddisfacimento degli interessi delle parti. Economicità, rapidità, volontarietà costituiscono le premesse di un nuovo modo di intendere l’accesso alla giustizia civile attraverso gli ADR che corre parallelo all’indispensabile strumento giudiziale statale. E l’efficienza di quest’ultimo diviene, nella proposta degli imprenditori, il presupposto necessario per lo sviluppo degli altri.
D’altronde, nei giorni in cui il Presidente della Repubblica conferiva l’incarico ai “saggi”, venivano pubblicati dalla Commissione Europea i dati sulla giustizia civile dai quali emerge con chiarezza che i giudizi civili in Italia durano più a lungo che in ogni altro Paese europeo con le sole eccezioni – assai poco confortanti – di Cipro e Malta.
Questi dati evidenziano poi che l’Italia si assicura il primato assoluto in termini di giudizi pendenti in rapporto al numero di abitanti (7 giudizi pendenti ogni 100 abitanti: sette volte in più della Germania e tre volte in più della Francia).
E ancora, pochi i giudici in relazione alla popolazione, meno che in ogni altro Stato dell’Unione, eccezion fatta per la sola isola di Malta, e molti avvocati (al terzo posto in termini di numero di avvocati in rapporto alla popolazione: in Italia ce ne sono 350 per ogni 100mila abitanti; al primo e al secondo posto solo Grecia e Lussemburgo).
L’allarme lanciato in sede europea pone una sfida che richiede riforme rapide e condivise seguendo le indicazioni che pervengono non soltanto dai “saggi” e da Confindustria, ma da un’ampia parte degli operatori e degli utenti del sistema giustizia. E così l’auspicata riproposizione della mediazione con nuove forme di obblighi, di incentivi e di garanzie (e non in una prospettiva meramente deflattiva), e di altre e innovative procedure di ADR, postula una profonda riorganizzazione del sistema giurisdizionale, soltanto così potrà avviarsi il definitivo superamento della grave situazione di crisi nella quale si dibatte da decenni la giustizia civile italiana.
Le proposte dei “saggi” per la giustizia civile
Per la giustizia civile si propone: a) l’instaurazione effettiva di sistemi alternativi (non giudiziari) di risoluzione delle controversie, specie di minore entità, anche attraverso la previsione di forme obbligatorie di mediazione (non escluse dalla recente pronuncia della Corte costituzionale – sent. n. 272 del 2012 – che ha dichiarato illegittima una disposizione di decreto legislativo che disponeva in questo senso, ma solo per carenza di delega); questi sistemi dovrebbero essere accompagnati da effettivi incentivi per le parti e da adeguate garanzie di competenza, di imparzialità e di controllo degli organi della mediazione; b) il potenziamento delle strutture giudiziarie soprattutto per quanto attiene al personale amministrativo e paragiudiziario, sgravando i magistrati da compiti di giustizia “minore”; c) la istituzione del c.d. ufficio del processo; d) il potenziamento delle banche dati e della informatizzazione degli uffici; e) l’adozione in tutti gli uffici delle “buone pratiche” messe in atto da quelli più efficienti; f) la revisione in un quadro unitario dell’ordinamento, del reclutamento e della formazione dei giudici di pace e degli altri magistrati onorari, anche al fine di ampliarne le funzioni.
“Italia 2015”: le proposte di Confindustria per la giustizia civile
Per tornare a crescere occorre migliorare l’efficienza della giustizia. Ecco le proposte di Confindustria per vincere la sfida: eliminare gli incentivi ad agire in giudizio attraverso l’applicazione rigorosa della regola del loser pays; rivedere il metodo di calcolo delle tariffe degli avvocati; promuovere l’utilizzo di strumenti alternativi di risoluzione di controversie (mediazione, conciliazione, arbitrato); intervenire sull’organizzazione del sistema giudiziario accorpando i tribunali minori; completa digitalizzazione del processo; trasformare i presidenti dei tribunali in court manager; collegare le progressioni in carriera dei magistrati a indici di specializzazione e produttività; disciplinare la responsabilità professionale diretta dei magistrati. E per smaltire l’arretrato degli uffici giudiziari da viale dell’Astronomia si propongono misure straordinarie <<basate anche su forme di affiancamento e collaborazione da parte di risorse interne ed esterne agli uffici e sull’accorpamento delle questioni per materia, con meccanismi premiali per i risultati conseguiti dai magistrati e dagli uffici più attivi>>.