In libreria dal 10 marzo il libro – a cura di Maurizio Guandalini e Victor Uckmar – che raccoglie una serie di saggi che vogliono essere soprattutto un incentivo, un piano di lavoro per il futuro dal quale le imprese italiane possono attingere. Non a caso il volume si lega a Expo Milano 2015 e a Expo Dubai 2020, due vetrine di incontro internazionale che vanno riempite di contenuti se effettivamente si vuole coglierne l’efficacia e l’utilità. Il treno delle opportunità è sotto gli occhi di tutti. Oggi è cruciale non farselo scappare
A differenza di altri paesi in Europa, di finanza islamica in Italia non si parla. In campo legislativo c’è il vuoto. La finanza islamica è sconosciuta: anzi, la parola «islamica» dopo finanza ai più fa paura, come se aprire alla finanza islamica volesse dire lasciare campo libero al terrorismo fondamentalista, attraverso circoli oscuri, loschi, sotterranei. È esattamente il contrario.
In tema di cooperazione tra Occidente e paesi del Golfo Mediterraneo, la finanza islamica può invece essere una risposta che aiuta a limitare gli integralismi, attraverso strumenti avanzati e trasparenti che permettono di fare chiarezza nei rapporti commerciali e finanziari, rendendo evidenti (e tracciabili) le parti, gli investimenti, le fonti di approvvigionamento. Un esempio di globalizzazione buona, una forza d’urto straordinaria per attrarre investimenti, un supporto alle imprese che vogliono entrare nei mercati dell’Area del Golfo e del Mediterraneo – Gulf&Med – e sicuramente un interlocutore affidabile come acquirente di quote di minoranza in aziende per lo sviluppo di mercati e il trasferimento di conoscenze.
Il progressivo ribasso del petrolio, altro dato dirompente degli ultimi tempi, riduce guadagni e finanze ai paesi produttori, i quali già da tempo si stanno muovendo verso la diversificazione. L’enorme flusso di capitali derivante dal settore petrolifero – pur nella decrescita, si calcola che nel periodo 2011-2035 ci saranno ricavi per 18 trilioni di dollari, due volte e mezzo i valori registrati nel periodo 1979-2010 – viene investito in beni, prodotti, servizi, tecnologie e quant’altro paesi come l’Italia potranno e sapranno fornire. E difatti da tempo si assiste al fenomeno diffuso della presenza dei paesi Gulf&Med nelle economie e nei capitali delle industrie occidentali.
Un’attualità che sta spingendo centinaia di imprese italiane – stando ai dati delle adesioni italiane alle principali fiere nei Paesi dell’Area Gulf&Med – a valutare la possibilità di sbocchi commerciali e industriali. Un risiko dal timing ristretto. Questo libro fa il punto della situazione, offrendo, per la prima volta nel panorama italiano, un parterre di esperienze, provenienti da istituzioni, imprese, professionisti, in prima linea nell’Area del Gulf&Med, dimostrando che facendo Sistema ce la si può fare, perché l’occasione è storica ed è tempo di cogliere le opportunità, a maggior ragione in questo momento di crisi che con la drammatica perdita di posti di lavoro e l’incertezza sul futuro ha messo in profonda discussione un modello di welfare ormai sorpassato.
L’Italia (delle imprese e delle istituzioni) può molto ma quando si parla di Islam negli affari sono ancora tanti i pregiudizi e le diffidenze che penalizzano non solo le imprese italiane ma l’intera economia. Eppure le potenzialità ci sono tutte, legate anche alla collocazione geografica nel Mediterraneo e alla tradizionale politica di apertura verso quell’ampio bacino di Paesi e di popoli. Un core business per un’Italia che guarda al futuro e che per non restare al palo di fronte a competitors internazionali agguerriti deve inserirsi senza timori nel circuito internazionale del commercio e dello sviluppo, con il duplice obiettivo di portare le aziende italiane all’estero e attirare investimenti, in particolare dal Golfo, nel nostro Paese.