I NODI DELL’ECONOMIA ITALIANA

Carlo Cottarelli, direttore Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani

A Carlo Cottarelli, direttore Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani, abbiamo chiesto la sua su salario minimo, reddito di cittadinanza, semplificazione e inflazione 

 

Salario minimo: Confindustria sostiene che i CCNL firmati per tutte le qualifiche siano più alti delle proposte di salario minimo. La Contrattazione resta il modello da seguire. Ma il salario minimo sarebbe una misura adeguata al nostro Paese? Di cosa bisogna tener conto per evitare distorsioni?

La questione non è peregrina tenuto conto che quasi tutti i Paesi europei hanno una legislazione sul salario minimo. Il punto però è quale livello considerare.

Se da un lato è necessario che il livello non sia troppo basso – altrimenti il cosiddetto salario minimo non sarebbe utile ad assolvere la funzione di sostenere il reddito delle persone – dall’altro sarebbe opportuno evitare un livello troppo alto perché potrebbe penalizzare i redditi a più bassa produttività e determinare una riduzione della occupazione regolare da parte delle imprese e un aumento del lavoro nero. Non è pertanto una questione semplice, né di facile soluzione.

Una strada potrebbe essere quella di gestirlo a livello regionale o locale, consentendo quindi di aumentarlo rispetto al quid nazionale laddove la produttività è effettivamente più bassa come al Sud Italia, ma anche rispetto a questo orientamento ci sarebbero rilievi politici, con alcuni pronti a insorgere e a parlare di gabbie salariali. In linea di principio comunque il dibattito sul tema non dovrebbe destare tanto scalpore, come invece succede nel nostro Paese.

E il Reddito di Cittadinanza: secondo lei come andrebbe rivisto?

Nei fatti, così come è stato concepito, il reddito di cittadinanza è poco generoso per le famiglie con figli e più sostanzioso per i single. Anche in questo caso, sarebbe importante fosse contemplata una differenziazione a livello regionale, in linea con quanto l’Istat certifica, ovvero che il costo della vita è diverso da città a città, anche in funzione delle possibili, diverse dimensioni del luogo in cui si vive. In altri Paesi europei il reddito minimo garantito è gestito infatti a livello locale proprio per tenere contro di queste differenze.

Il taglio del cuneo fiscale andrebbe fatto, si farà? Se sì, come?

In parte è già stato ridotto, dapprima con gli ottanta – poi diventati cento – euro stanziati da Renzi, cui sono andati ad aggiungersi i 6/8 miliardi del taglio delle tasse sui redditi medio bassi. Qualcosa, insomma, è stato fatto. Si potrebbe certamente fare di più, ma il nodo restano le fonti di finanziamento.

Tra le sue battaglie flagship ci sono il contrasto all’evasione e la semplificazione. A che punto siamo su entrambi i versanti?

Lievi miglioramenti ci sono stati sul versante evasione, specie per l’Iva, grazie alla fatturazione elettronica. Il tax gap è calato in misura marcata nel 2018, raggiungendo la cifra di circa 102,8 miliardi di euro, dagli iniziali 110.

Certo, il livello di evasione complessivo resta di dimensioni esorbitanti. Rispetto, invece, alla semplificazione resta moltissimo da fare. Qualcosa è stato fatto solo rispetto alla velocità degli investimenti legati al PNRR e anche alle rinnovabili.

La guerra in Ucraina imperversa e non pare vicina la fine del conflitto. L’inflazione intanto accelera. Quali saranno le ripercussioni sulla nostra economia nel medio-lungo periodo?

Dipenderà da quanto durerà il conflitto. Di sicuro cambieranno i rapporti geopolitici e ci sarà un ripensamento della globalizzazione, senza che questo significhi tornare indietro. Decisive saranno le scelte delle banche centrali per ridurre l’inflazione nell’area euro senza causare fenomeni recessivi. Lo scorso anno, nel tentativo di reflazionare le economie, le banche centrali hanno a conti fatti esagerato troppo nelle politiche espansive, con effetti deleteri anche sul costo delle materie prime.