Il Bilancio, da adempimento necessario a strumento di marketing

Fabio SalzanoQuando si ragiona di Bilancio generalmente si pensa ad un adempimento necessario e poco gradito; è visto perlopiù come uno strumento, anche un po’ obsoleto, funzionale al calcolo del risultato “fiscale” d’esercizio. Per la maggior parte degli imprenditori il Bilancio è, insomma, un adempimento burocratico necessario al calcolo delle imposte in un paese dove, ed è un fatto, la burocrazia e il fisco stritolano le imprese limitandone fortemente la capacità competitiva.

Per rafforzare la già scarsa fama del documento, il legislatore ha posto poi una serie di obblighi normativi riguardanti la redazione del bilancio che spesso risultano inutili e talvolta contraddittori.Ricordiamo infatti che in Italia del Bilancio non si occupano solo i contabili ma anche la Legge che gli dedica una intera sezione del codice civile (dall’art. 2423 all’art. 2435 bis).

Uno spazio notevole per una materia tecnico/contabile; per quanto si cerchi nel codice civile non si trova altrettanta attenzione su altri aspetti tecnici ugualmente importanti, come ad esempio le formule usate dagli ingegneri per la progettazione dei fabbricati o i protocolli di intervento dei medici chirurghi.

 

In altri Paesi, anche molto più severi del nostro in tema di falso in bilancio, le modalità di redazione sono materia da “contabili” e non da “giuristi” e i principi contabili non sono riportati nei Codici ma solo nei testi di dottrina. Anche a causa di questa attenzione un po’ morbosa (riservata in Italia alle grandezze misurabili con il simbolo: €) il Bilancio ha acquisito la fama di adempimento scomodo, che contrasta anche con la eccessiva attenzione alla “riservatezza” caratterizzante il nostro sistema imprenditoriale famigliare.

 

Fuori da tali distorsioni, il Bilancio è invece un importantissimo strumento di marketing. Rappresenta infatti, il mezzo principale che utilizza l’azienda per farsi conoscere dai terzi e tra questi c.d. stakeholders vanno inserite soprattutto le Banche.
Negli ultimi anni il fenomeno del credit crunch ha notevolmente penalizzato l’accompagnamento finanziario degli Istituti di credito alle PMI. Le motivazioni sono molteplici: la generalizzata crisi economica, la scarsa trasparenza, talvolta, dei bilanci aziendali, le sofferenze relative ai crediti in contenzioso che assorbono in modo considerevole il patrimonio disponibile delle banche e, ultimo ma non ultimo, il vincolo costituito dalle normative di Basilea I – II e, prossimamente di Basilea III.
Tali direttive hanno imposto, in modo sempre più stringente, l’applicazione di regole nella valutazione del merito creditizio delle aziende. Con Basilea I, il vincolo stabiliva che le banche dovessero accantonare una quota fissa dell’8% del proprio patrimonio a fronte dei prestiti che concedevano alle imprese, prescindendo dalla tipologia degli stessi.

Tale concetto fu ampliato successivamente con Basilea II che stabiliva percentuali diverse di accantonamento di patrimonio da parte delle banche in base ad una ponderazione dei rischi di credito.

Senza dilungarsi ulteriormente sulle regole per l’accesso al credito, dobbiamo però ricordare che le valutazioni di cui abbiamo accennato sono basate essenzialmente sull’analisi dei bilanci forniti dalle aziende alle banche finanziatrici. Ecco che assumono un’importanza vitale elaborazioni che siano rappresentative della realtà aziendale anche mediante: la stesura di una nota integrativa puntuale sulla natura delle singole voci dello stato patrimoniale, una relazione degli amministratori che, oltre ad illustrare le attività svolte nell’esercizio, rappresenti ai terzi le strategie in termini di mercato piuttosto che di investimenti; tutto ciò a prescindere dagli obblighi normativi.

A ciò sarebbe opportuno aggiungere elaborazioni che forniscano una visione immediata dello stato di salute di un’azienda, vale a dire una riclassificazione dello stato patrimoniale in un “Fonti e Impieghi” che consenta all’analista di verificare la capacità aziendale di garantire la copertura degli impegni aziendali (fonti a breve verso impegni a breve, idem per quelli a lungo); elaborazione di un rendiconto finanziario aziendale che fornisca un’informazione precisa sulla cassa generata dalla gestione e, infine, di una riclassificazione del conto economico elaborato in funzione del settore dell’attività aziendale (le imprese commerciali hanno modalità di generazione del valore diverse rispetto alle aziende industriali).

Appare ovvio che tali elaborazioni richiedano una professionalità e una tecnica che non sempre sono appannaggio delle PMI, ma la strada intrapresa, ormai da anni dal sistema bancario, che vincola la concessione del credito alle sole aziende che godono di un “rating” che dia garanzia di affidabilità, obbliga le stesse ad adeguarsi a tale imperativo e quindi ad acquisire risorse professionali, interne o esterne, che consentano loro di stare al passo con i tempi.