Un’importante, seppur tardiva, modifica per un titolo che – in controtendenza con quanto accade in Europa – mostra poco appeal nel nostro Paese
Il dottorato di ricerca in Italia viene introdotto nel 1980 con la riforma dell’Università, ma il titolo nasce con una sorta di peccato originale: «É istituito il dottorato di ricerca quale titolo accademico valutabile unicamente nell’ambito della ricerca scientifica». Dopo appena 30 anni si prende atto di questo limite (DM 45/2013): «Il dottorato di ricerca fornisce le competenze necessarie per esercitare attività di ricerca di alta qualificazione presso soggetti pubblici e privati, nonché qualificanti anche nell’esercizio delle libere professioni». Il DM prescrive che i dottorati siano soggetti a valutazione ANVUR per la loro certificazione.
La nuova regolamentazione crea nuove opportunità per le aziende? Questo il tema del Workshop che ho organizzato con Federchimica, Confindustria Salerno e AIDIC durante il recente evento Borsa della ricerca ForSUD. Con particolare riferimento ai settori chimico, farmaceutico, biotecnologico, il dibattito ha messo a confronto Università, aziende (grandi, piccole, start-up), ANVUR, strumenti finanziari europei, società di consulenza, gli attori che potranno rendere concrete le nuove opportunità.
«Corsi di dottorato possono essere istituiti in collaborazione con imprese che svolgono attività di ricerca e sviluppo». L’ANVUR verificherà i requisiti (possesso di brevetti, partecipazione a progetti di ricerca, eventuale presenza di una sezione aziendale specifica per attività di ricerca).
Il dottorato deve prevedere il finanziamento di almeno 4 borse. Questi aspetti richiedono una seria riflessione nel caso delle PMI.
«Le università possono altresì attivare corsi di dottorato industriale con la possibilità di destinare una quota dei posti disponibili…ai dipendenti di imprese impegnati in attività di elevata qualificazione, …ammessi al dottorato a seguito del superamento della relativa selezione». Sarà possibile concordare lo svolgimento della ricerca presso l’impresa, l’impegno complessivo per i dottorandi/dipendenti, la durata del corso di dottorato. L’attivazione di contratti di apprendistato di alta formazione e di ricerca (equivalenti ad una borsa di studio di dottorato) potrebbe essere un interessante strumento.
L’Università di Padova ha stipulato un accordo con le aziende di Confindustria Veneto che assumano un dottorando con tali contratti per il conseguimento del titolo di Dottore di Ricerca e che concordino con l’Università un progetto formativo e di ricerca di proprio interesse.
Il workshop si è concluso con l’impegno comune dell’Università, di Federchimica, di Confindustria a progettare proposte di dottorato che realizzino le nuove opportunità, per contribuire così allo sviluppo del territorio e di un Paese che sembra non credere nel dottorato: terz’ultimi tra i Paesi europei per numero di dottorandi/1000 abitanti, riduzione del numero di borse di dottorato dal 2008, specie nel Sud, scarsa richiesta di dottori di ricerca dalle aziende, in una Europa che punta verso una società della conoscenza.