Il piano straordinario di Confindustria per contrastare il rallentamento dell’economia

Un piano straordinario, snodato in sei assi, per contrastare il rallentamento dell’economia a causa dell’emergenza Coronavirus. È quello che Confindustria ha chiesto al Governo durante l’incontro del premier Conte con le parti sociali.

Questi i contenuti del documento consegnato al Governo. 

L’estensione del contagio del Coronavirus dalla Cina all’Italia e agli altri paesi europei e le misure restrittive e di contenimento sanitario adottate negli ultimi tempi mettono a serio rischio le prospettive di crescita a medio termine dell’Italia e dell’Europa intera.
L’impatto sull’economia sarà rilevante, se tale situazione non sarà fronteggiata in tempi rapidi e con misure e strumenti non convenzionali.
L’auspicio è che il lavoro comune che Governo e parti sociali stanno avviando possa portare a una normalizzazione dell’emergenza sanitaria, potenziando i reparti di terapia intensiva e circoscrivendo al massimo gli effetti, evitando però allarmismi infondati e percezioni errate anche sul piano della comunicazione.

La crisi finanziaria del 2008, e quella economica che ne è seguita, sono state prevalentemente gestite attraverso le misure straordinarie messe in campo dalle banche centrali, oltre che con pacchetti di stimolo fiscale che solo i paesi più lungimiranti, in particolare gli USA, hanno saputo implementare.
La politica monetaria, che pure ha svolto un ruolo decisivo in Europa dopo il 2011, oggi deve essere affiancata da un set più ampio e articolato di strumenti e nuovi approcci di politica economica. Ai banchieri centrali devono affiancarsi i governi nazionali e l’UE, con misure forti che sostengano l’economia e permettano di cogliere l’occasione per accelerare la transizione del nostro modello economico e sociale verso gli obiettivi fissati dalla stessa Commissione europea.

Questa crisi può diventare l’occasione per fare quello che in situazioni ordinarie i governi non riescono – o non vogliono – fare. Se questa occasione non verrà colta, si correrà il rischio che le traiettorie economiche e sociali dei Paesi UE divergano in misura insostenibile.
Questo deve essere il momento dell’ambizione e del coraggio, per reagire, rilanciare e trasformare l’Italia e l’Europa in chiave moderna, mantenendo il primato di area più ricca del mondo, che garantisca benessere diffuso ai propri cittadini, li protegga dalle minacce esterne e continui ad assicurare una pace duratura.
Serve per questo un grande piano massivo di investimenti che punti a realizzare infrastrutture materiali, sociali e immateriali all’avanguardia. Servono investimenti pubblici, serve riattivare rapidamente tutti i cantieri e non solo quelli delle opere considerate prioritarie: la domanda pubblica deve compensare l’arretramento di quella privata.

Questo richiede risorse congrue e strumenti incisivi

Oltre a interventi urgenti che rimuovano le situazioni di blocco operativo e produttivo delle imprese, che sono state generate e – per alcuni aspetti – persino alimentate e ampliate dai provvedimenti restrittivi adottati per fronteggiare l’emergenza sanitaria, bisogna immaginare un piano massivo e straordinario che si snodi su sei grandi assi, di cui i primi tre assumono carattere di urgenza e immediatezza:

1) Rilancio degli investimenti pubblici e delle infrastrutture, come primo motore della crescita economica. Al contrario, in Italia l’elevato stock di debito delle amministrazioni pubbliche continua a gravare sugli investimenti pubblici; permangono disparità regionali, in particolare per quanto riguarda gli investimenti innovativi, nonché difficoltà nella capacità amministrativa di selezionare, pianificare e attuare i progetti di investimento in tempi ragionevoli.
È dunque necessario dotarsi di un piano straordinario triennale, che parta dall’avvio di tutti i cantieri e punti a realizzare tutte le opere programmate, anche attraverso l’introduzione di apposite misure di carattere organizzativo, tra cui la nomina di commissari straordinari e la costituzione di task force multidisciplinari di esperti (che nel Mezzogiorno, area a più bassa efficienza amministrativa, possono trovare il sostegno dei fondi europei e nazionali per la politica di Coesione), che supportino “in loco” le amministrazioni nell’accelerazione delle procedure.
Più in dettaglio, vanno introdotte misure di sblocco dei procedimenti più complessi, attraverso strumenti adeguati all’entità e alla specificità delle opere da realizzare. La figura del commissario straordinario – utilizzata in modo proficuo anche nella ricostruzione del Ponte Morandi – andrebbe attivata per le infrastrutture strategiche e secondo un criterio di modulazione coerente con le esigenze di sblocco; mentre, per accompagnare le amministrazioni nella realizzazione delle altre opere – pur essenziali per la vita socio-economica dei territori – andrebbero costituite delle task force specializzate per fluidificare i rapporti tra amministrazioni, spesso rallentati dall’eccessiva frammentazione delle competenze e dallo scarso coordinamento. L’istituzione delle task force, nell’ambito di ciascuna amministrazione o tra amministrazioni diverse, faciliterebbe l’integrazione delle competenze e accelererebbe i tempi dei procedimenti, ferma restando la possibilità, in caso di inerzia, di procedere anche in questi casi a commissariamenti, ponendosi l’obiettivo di attivare tutti i cantieri nel giro dei prossimi mesi con una chiara attribuzione di responsabilità e obiettivi sui tempi di attivazione dei cantieri e di realizzazione delle opere.

2) Il piano triennale sopra descritto deve inserirsi in un altrettanto ambizioso piano di rilancio a livello europeo, con una connotazione transnazionale delle opere da realizzare e una massiccia dote finanziaria (a partire da 3mila miliardi di euro), resa possibile dall’emissione di Eurobond a 30 anni garantiti anche dalle infrastrutture oggetto del piano. Considerato il deterioramento delle prospettive macroeconomiche a livello europeo, l’istituzione e l’emissione di Eurobond rappresenta ormai una priorità non rinviabile e, pertanto, dovrebbe essere oggetto di un Consiglio europeo straordinario, chiamato a farne il perno intorno a cui costruire una policy complessiva di sostegno e rilancio dell’economia europea.

3) Misure volte a garantire liquidità alle imprese, precondizione essenziale per aiutare le imprese in questa fase di transizione e criticità economica. Come noto, il credito bancario in Italia rimane selettivo se non modesto, in particolare per le PMI, e il mercato dei capitali è ancora troppo poco sviluppato.
Servono dunque azioni mirate, che dovrebbero svilupparsi in almeno tre direzioni: 
– potenziamento delle attività del Fondo di garanzia per le PMI, per il quale occorre in via prioritaria innalzare l’importo massimo garantito a 5 milioni per tutte le tipologie di operazioni e, in ogni caso, potenziarne il raggio d’azione, anche in considerazione della sua importante funzione di sostegno per l’accesso al credito delle imprese; inoltre una maggiore semplificazione per le piccole imprese che subiranno l’effetto della contrazione del credito dato il calo di fatturato conseguente alle criticità del rallentamento dell’economia.
– possibilità per le imprese – che si trovino in condizioni di comprovata e temporanea difficoltà, con cali di fatturato a due cifre e con l’obiettivo di tutelare le prospettive di continuità aziendale – di richiedere una procedura speciale che consenta loro di dilazionare, in un maggior lasso temporale (10 anni) rispetto a quello vigente, il pagamento dei debiti tributari, prima dell’avvio di azioni accertative o esecutive, senza applicazione di sanzioni. Merita sottolineare, infatti, che gli attuali termini di dilazione appaiono troppo ridotti, con la conseguenza che i contribuenti in difficoltà non riescono ad adempiere al versamento delle rate e incorrono nella riscossione coattiva, con il connesso aggravio di sanzioni, interessi e oneri della riscossione.
– possibilità per le imprese di surrogare gli attuali mutui o contratti di leasing con nuove linee di credito garantite da immobili aziendali e con una prospettiva di rientro trentennale, anche in tal caso supportate dalla garanzia del Fondo di garanzia per le PMI.
iniziative volte a favorire l’investimento dei fondi pensione in capitale e debito di PMI e mid cap e in infrastrutture. Tali iniziative, che potranno prevedere anche la creazione di consorzi di investimento, dovranno essere realizzate nel rispetto degli interessi e delle esigenze dei lavoratori e secondo criteri e modalità in linea con le migliori pratiche internazionali e con la normativa di settore.

4) L’avvio di un nuovo e vasto programma di semplificazioni, su base triennale, per liberare, attrarre e fidelizzare investimenti. In questa sede si indicano due linee prioritarie per le imprese: fisco e ambiente/energia. A titolo esemplificativo, andrebbero eliminate alcune criticità particolarmente evidenti nell’operatività dei sostituti di imposta e nel settore IVA, nell’ottica di un miglior rapporto tra Fisco e contribuenti e anche mediante un ripensamento di alcuni istituti in ambito sanzionatorio e contenzioso. Al contempo, andrebbe adottato un pacchetto di semplificazioni per liberare il potenziale di investimento necessario alla transizione energetica, alla decarbonizzazione e all’economia circolare, in linea con gli obiettivi del green deal e del Piano integrato per l’energia e il clima. Tra queste: i) velocizzare i tempi delle procedure ambientali per le infrastrutture energetiche; ii) semplificare gli iter per gli ammodernamenti tecnologici di impianti industriali e infrastrutture; iii) semplificare le procedure per favorire l’utilizzo di tecnologie più avanzate negli impianti da fonti rinnovabili esistenti e velocizzare le procedure per il phase out dal carbone; iv) favorire le attività di ricerca e sperimentazione per progetti e impianti riguardanti l’economia circolare; v) velocizzare gli investimenti per le bonifiche e le reindustrializzazioni; vi) favorire gli investimenti per le smart cities nella direzione della sostenibilità (es. liberalizzare punti di ricarica veicoli elettrici, sburocratizzare la gestione dei micro cantieri, favorire la rigenerazione urbana). Infine, anche per venire incontro alle esigenze delle imprese edili che operano nelle aree colpite dall’emergenza Coronavirus, andrebbe prevista la sospensione, su iniziativa dei privati e per un periodo determinato (3/6 mesi), dei procedimenti relativi ai titoli abilitativi edilizi.

5) Il disegno di incentivi all’occupazione giovanile che rafforzino, rispetto a quelli attualmente previsti, la probabilità per i giovani di “imparare lavorando” e poi stabilizzarsi in azienda. Lo strumento fondamentale per realizzare questo obiettivo è l’apprendistato, che da un lato andrebbe meglio articolato rispetto sia alle esigenze reali delle imprese sia ai fabbisogni formativi dei giovani, e dall’altro andrebbe ulteriormente incentivato. In particolare, si potrebbe introdurre una particolare tipologia di apprendistato che favorisca l’inserimento al lavoro di giovani degli Istituti Tecnici e degli Istituti Tecnici Superiori e che conceda, alle imprese che assumono, uno sgravio totale dei contributi per cinque anni, a condizione che l’impresa medesima partecipi al sostegno economico della Fondazione ITS o concorra alle spese per la dotazione laboratoriale degli ITIS.

6) Un piano di azioni volte ad attrarre, stimolare e rilanciare gli investimenti privati, italiani ed esteri (InvestItalia), che includa misure di carattere fiscale, societario e finanziario. L’idea è, anzitutto, di dare continuità e sistematicità all’impianto agevolativo vigente, attraverso un accurato potenziamento degli incentivi fiscali. In particolare, è necessario riconoscere un effetto moltiplicatore all’intensità delle misure di sostegno, qualora l’impresa effettui investimenti rilevanti ai fini di diverse agevolazioni. In ogni caso, è auspicabile un incremento delle aliquote dei crediti di imposta già previsti per gli investimenti, a partire da quelli previsti nel Piano Transizione 4.0. L’intervento dovrebbe avere un orizzonte temporale non inferiore a 3 anni e privilegiare obiettivi strategici, in primis sostenibilità e innovazione tecnologica, nonché di riconversione, riqualificazione e riuso di strutture produttive dismesse, anche in un’ottica di risparmio del consumo di suolo.
Questa azione di rilancio degli investimenti non può poi prescindere da alcune misure dedicate specificamente al Mezzogiorno, a maggior ragione dopo la recente presentazione del Piano Sud 2030. In questa prospettiva, occorre rafforzare il credito d’imposta per gli investimenti nel Sud (orizzonte triennale e aumento fino a 20 milioni di euro del valore degli investimenti agevolabili) e agire secondo due linee di intervento: l’una riguardante l’attuazione di alcune misure già previste (es. avvio del fondo Cresci al Sud con dotazione di 250 milioni previsti dalla Legge di Bilancio 2020); l’altra la declinazione in concreto delle misure del Piano Sud 2030, prevalentemente orientate sul periodo 2021-2027. A entrambe va data certezza istitutiva, temporale e finanziaria, anche in termini di anticipazione rispetto alle misure contenute nel Piano Sud per gli investimenti pubblici e privati e per l’occupazione, in gran parte finanziabili con risorse dei Fondi europei e del Fondo sviluppo e coesione (FSC).

In conclusione, Confindustria ritiene che sia giunto il momento per l’economia italiana ed europea di un “whatever it takes” della politica economica, che abbia però un chiaro indirizzo nell’allocazione delle risorse e degli effetti da realizzare, come da noi auspicato negli assi illustrati, per contenere e compensare gli effetti dell’arretramento della domanda privata evidenti e conseguenti a quanto sta accadendo.
Per far questo, riteniamo indispensabile un’ampia convergenza nazionale sugli obiettivi e le proposte sopra descritte tra forze politiche, Governo, istituzioni territoriali e parti sociali.