Al momento il documento – da redigere in base a specifici EU sustainability reporting standards (ESRS) – è obbligatorio solo per le società quotate. Restano naturalmente escluse le microimprese
La tematica delle informazioni sulla sostenibilità economica, ambientale e sociale delle attività sta assumendo sempre più rilevanza, nell’ambito dei processi di analisi e valutazione delle imprese. È divenuto ormai principio infatti che un’azienda non sia valutata soltanto in base alla sua redditività o ai suoi flussi di cassa, ma anche in relazione alle politiche che adotta su questioni non finanziarie ritenute giustamente rilevanti, quali l’ambiente, il sociale e l’adeguatezza della governance (in acronimo i temi ESG).
Le ricadute di questo nuovo approccio sono molto significative per le aziende, in virtù della circostanza che nei fatti, a parità di condizioni, l’azienda “sostenibile” oggi (e ancor più nel futuro) vale di più di un’azienda old style. Non solo e non tanto in termini di valore monetario, ma soprattutto di affidabilità gestionale, organizzativa e finanziaria, di correttezza nei comportamenti e di attenzione alla qualità e alla sicurezza (intese in senso lato), divenuti elementi attrattivi nelle relazioni con qualunque stakeholder.
Queste dichiarazioni di natura non finanziaria (DNF) sullo stato delle imprese sono già state oggetto di specifica normativa europea, entrata in vigore in Italia con il DLGS 254/2016, ma nel 2021 la Commissione Europea ha pubblicato la proposta di modifica, denominata Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD).
L’obiettivo di questa proposta è la predisposizione di un aggiornato set sistematico di informazioni sulla sostenibilità, che le imprese devono fornire rispettando standard europei ben precisi e che saranno a disposizione di tutti gli stakeholder (analisti – SGR – compagnie di assicurazione – banche – agenzie di rating – investitori) intenzionati a conoscere più approfonditamente le imprese e a valutarne il tasso di responsabilizzazione (accountability).
In sintesi, la proposta prevede che il Report debba essere redatto in base a specifici EU sustainability reporting standards (ESRS) e sotto il profilo soggettivo questi principi dovranno applicarsi obbligatoriamente alle società quotate.
Tuttavia, per le PMI quotate viene prevista la possibilità di applicare standard semplificati, mentre per le PMI non quotate il report è su base volontaria. Restano naturalmente escluse le microimprese.
La limitata adozione obbligatoria del report alle sole imprese quotate non deve fuorviante, in quanto, anche per le ragioni sopra accennate, ben presto questi presidi informativi di natura non finanziaria verranno richiesti a prescindere, innanzitutto dai vari stakeholder (primi fra tutti le banche o i cc.dd. “Big Suppliers” – “Big Clients” di tante PMI non quotate) e poi dalle stesse imprese non quotate.
In questo senso, infatti, i rispettivi interessi sembrano del tutto coincidenti e si sostanziano nel tenere sempre alto il livello di qualità delle loro relazioni e duraturo il rapporto. Ma medesimo interesse sussiste anche – o forse a maggior ragione – per il Pubblico, nella sua frequente posizione di contraente in tanti rapporti con il Privato.
Insomma, può concludersi che la crescita di consapevolezza, da un lato, dell’importanza di tematiche come ambiente, sociale, governo delle decisioni e dall’altro, della necessaria responsabilizzazione degli attori del mondo dell’impresa, ha determinato che: (i) l’informazione non finanziaria assuma la stessa rilevanza dell’informativa di bilancio in senso proprio; (ii) la platea dei soggetti potenzialmente interessati a ricevere queste informazioni, ai fini delle loro scelte, sia praticamente illimitata.
L’obbligo di rendicontazione entrerà in vigore con riferimento ai bilanci dell’esercizio 2023 e dell’esercizio 2026 per le PMI, anche se –ricollegandosi alle considerazioni precedenti – è molto probabile che tali imprese anticipino di molto l’adozione su base volontaria.
Venendo al processo di adozione dei nuovi parametri, la proposta della Commissione è stata soggetta ai commenti dell’EFRAG, che ad aprile 2022 ha mandato in consultazione le bozze degli standard europei per il reporting di sostenibilità (ESRS).
Le bozze (Exposure draft) in estrema sintesi prevedono:
a) 2 Principi standard generali – “cross-cutting standards”: il primo riguarda i principi generali e le aree di rendicontazione (ESRS 1 General principles); il secondo riguarda la rendicontazione sulle caratteristiche generali dell’azienda, il contesto di riferimento, strategia, business model e governance (ESRS 2 General, strategy, governance and materiality assessment disclosure requirements).
b) 11 Principi standard specifici – “standard sector-agnostic”, raggruppati in 3 gruppi che possono così riassumersi:
• Standard ambientali (environment): E.1: clima; E.2: inquinamento; E.3: acqua e risorse marine; E.4: biodiversità ed ecosistema; E.5: economia circolare.
• Standard sociali: S.1: lavoro dipendente; S.2: fornitori e forza lavoro nella catena del valore; S.3: territorio e comunità interessate; S.4: utilizzatori e consumatori finali.
• Standard di governance: G.1: governance, controllo dei rischi e controllo interno; G.2: gestione degli affari.
I principi sono numerosi e coprono praticamente ogni ambito o settore dell’impresa, ma ciò non appaia eccessivo, in quanto l’obiettivo che essi intendono raggiungere è proprio quello di fornire un quadro dell’impresa complementare e – per certi versi – alternativo, ai dati classici riportati nel package di bilancio, che consenta appunto agli stakeholder di cogliere elementi di analisi che il dato numerico da solo non riesce a dare.
Con il risultato, auspicabile almeno nelle intenzioni del legislatore, di arrivare ad avere una visione completa sull’impresa, le sue attività, le sue prospettive, sia in termini numerici, sia di sostenibilità.
La rappresentazione di queste informazioni non finanziarie dovrà avvenire nella Relazione sulla Gestione, che quindi si arricchirà di nuovi paragrafi, prospetti e dettagli, ulteriori a quelli, già significativi previsti nella sua attuale configurazione.
L’importanza che questi temi andranno ad assumere nel futuro per i vantaggi (o svantaggi) competitivi che potranno determinare, unita alla oggettiva complessità delle informazioni da raccogliere e dei presidi da predisporre, non può che portare le imprese a muoversi per tempo per le necessarie implementazioni organizzative.
Ma si sa, per le imprese la tempestività è sempre un presupposto indispensabile.