Prima di porre in essere dei prestiti alla società, è indispensabile che i soci scelgano con attenzione il “come”, tenendo conto sia dell’oggetto da finanziarie che dei tempi di recupero del denaro
Sempre più frequentemente la Giurisprudenza sta analizzando l’ambito di operatività delle disposizioni che regolano, o più propriamente postergano, il rimborso dei finanziamenti erogati dai soci, dandone, in linea di principio, una applicazione abbastanza estesa.
Quest’approccio penalizzante (condivisibile o meno) sta assumendo ormai natura consolidata e apre pertanto ad una riflessione generale sul tema.
Ciò in quanto gli apporti dei soci sono considerati dalle imprese uno strumento di finanziamento temporaneo molto flessibile ma, ovviamente, nel presupposto della loro restituibilità: se tale presupposto cambia e questi devono essere considerati alla stregua dell’equity, allora tanto vale mettere capitale oppure valutare percorsi alternativi.
Partendo dal dettato normativo, cerchiamo di identificare i punti più delicati da tener presente, sulla base dei citati orientamenti giurisprudenziali, per scongiurare, ove possibile, la postergazione.
In base alle disposizioni dell’art. 2467 cc, il rimborso dei finanziamenti dei soci, effettuati in qualunque forma, a favore della società a responsabilità limitata è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori (e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito), qualora questi sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, c’è uno squilibrio eccessivo tra indebitamento e patrimonio netto oppure quando la situazione finanziaria della società avrebbe invece suggerito un conferimento.
I punti essenziali di applicabilità sono i seguenti:
1. un socio ha effettuato un finanziamento alla società;
2. la società ha una sua posizione debitoria, anche presumibile;
3. alla data del finanziamento:
a) la società finanziata ha uno squilibrio eccessivo tra debito e mezzi propri;
b) ovvero, ha una situazione finanziaria dove è più ragionevole un apporto di capitale che un prestito.
Sul primo punto, il finanziamento deve essere effettuato da un soggetto che, al momento della erogazione, rivesta la qualifica di socio.
Recente Giurisprudenza (in particolare, Tribunale di Milano 1658/15 ed altre stesso Foro) ha tuttavia precisato che, per ragioni di tutela del ceto creditorio, qualora, dopo l’erogazione, venga meno la qualifica di socio da parte del finanziatore, l’obbligo di postergazione permane comunque (in tal caso, nei confronti di un “non socio”).
Secondo la dottrina prevalente, i crediti del socio soggetti a postergazione devono derivare da rapporti di natura finanziaria, con esclusione quindi dei rapporti di credito derivanti dalle prestazioni intercompany o di fornitura di beni e servizi. Non è tuttavia di questo avviso l’orientamento giurisprudenziale corrente (tra gli altri, Tribunale di Reggio Emilia 10.6.15, Tribunale di Milano 4.6.13 e Tribunale di Udine 21.2.09), che ravvede nei crediti soggetti a postergazione qualunque ragione creditoria del socio, che, al di là della sua origine (da prestazioni di opere e servizi), nel concreto assuma o abbia assunto la natura di assistenza finanziaria.
Sul secondo punto, la giurisprudenza ha già superato la interpretazione più letterale, stabilendo che la postergazione dei crediti vale non solo rispetto ai debiti esistenti, ma anche rispetto ai debiti che ragionevolmente si ritiene che sorgeranno successivamente alla erogazione.
Vale la pena rimarcare che la insufficienza finanziaria, che rende postergato un credito, può anche essere prospettica, in funzione dei programmi di investimento. In buona sostanza, la postergazione non si presenta come una condizione istantanea, ma evolutiva nel tempo, ed il suo verificarsi è essenzialmente rimesso al giudizio dell’organo amministrativo.
Sul terzo punto, sia la giurisprudenza che la dottrina sono concordi nel ritenere che l’analisi del verificarsi delle condizioni di squilibrio finanziario vada condotta caso per caso, tenendo conto anche degli standard di mercato, che di solito misurano il grado di solidità della struttura finanziaria del debitore, partendo però dal presupposto che lo stato di insolvenza ovvero il ricorso a taluna delle procedura disciplinate dalla legge fallimentare, rappresentino solo i casi più evidenti (casi di scuola) di tale squilibrio e di conseguente postergazione di crediti.
In caso, poi, di procedure concorsuali, la Giurisprudenza considera sempre postergati i crediti della capogruppo verso le società in procedura. Ciò porta a ritenere però che, anche al di fuori degli scenari concorsuali, gli eventuali benefici compensativi o di gruppo (tipici del mondo intercompany) non siano tali da sottrarre i finanziamenti intercompany dalla postergazione, laddove ovviamente si determinino le condizioni di legge.
I rimedi per evitare le tagliole della postergazione risiedono innanzitutto in una adeguata pianificazione finanziaria, onde verificare se esistono flussi di cassa attesi per la durata del finanziamento, tali da rendere irragionevole un ricorso a forme di finanziamento non restituibili (ad esempio, capitale sociale).
Se tale processo di analisi prospettica dovesse avere esito negativo, un’alternativa all’apporto di equity – nel presupposto ovviamente della liceità dell’operazione – potrebbe essere il ricorso all’obbligazione (convertibile o meno), che assumendo la natura di titolo di credito nominato, non è soggetto alle regole della postergazione (almeno in un ambito in bonis), ovvero a sue declinazioni (strumenti finanziari ecc.).
Valutando i relativi costi e benefici e le specifiche fattispecie da finanziare, talvolta può farsi ricorso anche ad istituti un po’ più articolati, quali l’associazione in partecipazione di solo capitale, la costituzione di patrimoni o la erogazione di finanziamenti destinati ad uno specifico affare, ex art. 2447bis e 2447decies cc..
Insomma, prima di porre in essere dei prestiti alla società, il cui rimborso sta divenendo una missione impossibile, è indispensabile che i soci facciano qualche analisi sullo strumento più adatto, tenendo conto sia dell’oggetto da finanziarie, sia dei tempi di recupero del denaro.