INCOGNITE D’AUTUNNO

Entro fine ottobre l’Italia dovrà presentare a Bruxelles una bozza di Legge di Bilancio che dovrà tener conto di un’inflazione ancora elevata, di uno scenario internazionale segnato da alti tassi di interesse e di risorse disponibili assai risicate per la competitività

Autunno più difficile del previsto per il nostro Paese. I dati Istat sul PIL, relativi al secondo trimestre 2023, segnalano un rallentamento. Le previsioni raccontano, infatti, di una contrazione dello 0,4% su cui incidono – tra gli altri – il protrarsi dell’inflazione, le difficoltà per il manifatturiero e l’impennata incessante dei tassi di interesse. È in affanno anche la proverbiale produttività tedesca, ma non è una buona notizia. La Germania è in recessione tecnica a causa della crisi dell’automotive, della frenata della crescita economica in Cina, Paese molto importante per le esportazioni tedesche e anche per i costi energetici che continuano a essere molto alti rispetto al passato. E se la locomotiva di Europa si ferma, al palo resta anche il nostro Paese, primo partner sia per le esportazioni, sia per le importazioni.

In questo scenario di crescita al lumicino, c’è una bozza di Legge di Bilancio da presentare entro fine ottobre a Bruxelles. Le principali misure economiche per il prossimo anno devono tenere conto di più di una incognita e di risorse che appaiono assai risicate. La Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (Nadef) trasmessa al Parlamento, oltre al rallentamento del Pil dall’1% al +0,8%, stima il deficit programmatico al rialzo, dal 4,3% al 5,3% nel 2023, ancora una volta ben oltre il tetto del 3% del Patto di Stabilità. Questa operazione di aumento del disavanzo sarebbe necessaria per liberare risorse, utili però per finanziare solo in parte la prossima manovra, andando a coprire poco più del taglio del cuneo fiscale pari a 10 miliardi. Inevitabili, pertanto, i timori per la maggiore spesa da finanziare sui mercati con i titoli di Stato, con lo spread che potrebbe nuovamente salire oltre la soglia di guardia.

Da sottolineare la mancata, sensibile, riduzione del rapporto debito pubblico/Pil. Le previsioni dicono, infatti, che tra il 2023 e il 2024 il debito pubblico italiano scenderà solo dello 0,1%, e poi di 0,6 punti fino al 2026. Il nostro Paese potrebbe quindi trovarsi nuovamente sotto la pressione dei mercati e a rischio sanzioni, se il calo del debito pubblico non tornerà a essere un impegno da mantenere. Mancano le risorse per sostenere politiche di sviluppo e per diminuire la pressione fiscale su imprese e cittadini, due scelte che libererebbero ulteriori disponibilità per investimenti e consumi.

Per reperirle occorrerebbe una lotta decisa all’evasione che vale un buco di 87 miliardi, secondo le ultime stime della Relazione allegata alla Nadef. Necessario anche riqualificare la spesa pubblica, ogni anno si spendono 1.100 miliardi. È certamente possibile un’operazione di “spending review” che consenti di avere ulteriori risorse da destinare allo sviluppo economico del Paese. Quanto alla carenza di manodopera specializzata, altro problema endemico del Paese, l’annunciata riforma degli istituti tecnici va nella giusta direzione. La riduzione a quattro anni del percorso di studio favorirà il proseguimento al biennio ITS e consentirà un miglior collegamento tra scuola e mondo del lavoro.  Bisognerà anche attuare incisive riforme delle politiche attive e della formazione per favorire un inserimento nel mondo del lavoro di persone oggi disoccupate e/o precarie. Inoltre, è inutile ripetere che diventa sempre più urgente un’opera di sburocratizzazione che possa rendere più agevole la vita delle imprese e dei cittadini. Sullo sfondo, restano aperte le partite del Pnrr e del Next Generation Ue, rispetto alle quali l’orologio corre velocemente, con l’Italia, come sottolineato dalla Commissione Ue, «a rischio di ritardi». Ritardi che non possiamo sostenere; la strada tracciata da Agenda 2030 verso un modello di sviluppo sostenibile non può e non deve interrompersi. Il Paese, le imprese, i giovani hanno necessità di investimenti in infrastrutture digitali, istruzione e innovazione, di riforme e politiche coordinate, che accelerino il cambiamento e che potenzino la competitività industriale, vera sfida italiana ed europea di oggi e dei prossimi anni.