Quando l’uomo si trova ad aver timore di un argomento, tende ad evitarlo e a sorvolare, facendo l’errore di seguire l’istinto e far soccombere la ragione
Ed è così che dietro parole come “cancro”, o espressioni come “malattia incurabile”, si crea disinformazione. Questa può essere molto più pericolosa rispetto alla semplice ignoranza, perché è fonte di convinzioni errate che possono portare gli individui ad adottare uno stile di vita negativo per la propria salute, come affidarsi totalmente all’omeopatia evitando la medicina scientifica.
I ciarlatani sono in grado di manipolare l’opinione della gente comune, sostenendo di avere soluzioni al problema; un articolo che tratta di materie scientifiche deve essere innanzitutto privo di opinioni personali e ricco di fatti scientifici e di fonti che richiamano le pubblicazioni di ricerca. Difatti, l’opinione personale non trova alcuno spazio all’interno della pura evidenza oggettiva, come ricorda il detto “la matematica non è un’opinione”, che vale anche per tutte le altre scienze esatte.
Finora ho invitato il lettore a non dare per scontato tutto ciò che legge come vero, e quindi ad utilizzare la propria coscienza critica. Questo vale, naturalmente, anche per questo articolo.
La notizia che da poco ha fatto il giro del mondo riguarda l’inserimento delle carni trasformate nella lista degli elementi cancerogeni, e delle carni rosse nei potenziali cancerogeni da parte dell’IARC, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro.
Facciamo un po’ di chiarezza.
Per “carni trasformate” si intende ogni tipo di insaccato o salume, come le salsicce, salami, würstel, indipendentemente dall’origine, casereccia o industriale che sia. Per “carni rosse” si intendono le carni di mammiferi, come manzo, agnello, maiale, eccetera.
Già solo da questa prima precisazione constatiamo che è errato dichiarare che “la carne fa venire il cancro”.
In primo luogo, “cancerogeno” non è tutto ciò che causa il cancro (nel nostro caso, il cancro del colon-retto), bensì ciò che, consumato per un certo periodo e in una certa quantità, aumenta la probabilità di contrarre uno o più tipi di cancro a seconda della sostanza. Infatti, non è detto che fumando si contrarrà certamente il cancro al polmone: si aumenta il rischio. E soprattutto, non è detto che non fumando, non lo si contrarrà. Si avranno però delle probabilità sensibilmente diverse.
Inoltre, la frase è errata anche perché si sta parlando esclusivamente della carne rossa; il consumo di carne bianca come la carne di pollo non sembra essere correlato in alcun modo allo sviluppo di nessun tipo di cancro.
L’IARC si serve di diversi gruppi per classificare i tipi di cancerogeni. Importantissimo è notare che non sono affatto classificati per pericolosità, ma in base alla certezza di cancerogenicità: o meglio, a quanto l’IARC sia certa che alcune sostanze siano o meno cancerogene, assegnando a ciascuna la sua probabilità di esserlo o meno. Dunque, due sostanze nello stesso gruppo potrebbero essere di diversissima pericolosità.
Gli esperti hanno infatti stabilito che il 18-21% dei tumori al colon è probabilmente legato al consumo di carni rosse e insaccati, e così il 3% di tutti i tumori. Il fumo di sigaretta, tanto per dare un parametro di confronto, è responsabile dell’86% dei tumori al polmone e del 19% di tutti i tumori, secondo i dati di Cancer Research UK.
Il gruppo 1, quello dei sicuramente cancerogeni (ossia che fanno sicuramente aumentare le percentuali di rischio, come specificato in precedenza), contiene gli insaccati e ogni tipo di carne trasformata. Contiene anche il fumo, i raggi solari e l’alcool.
Il gruppo 2A, quello dei probabilmente cancerogeni, contiene la carne rossa, esposizione a fumi di insetticidi e fumi di frittura.
Il gruppo 2B è quello dei possibili cancerogeni, per cui esistono prove estremamente limitate, come per le onde radio dei cellulari.
Le sostanze o sono cancerogene o non lo sono: questo significa che tutto ciò che per il momento si trova nelle classi 2A e 2B verrà, in futuro, o rimosso o trasferito nella classe 1.
Per fare luce sulla effettiva pericolosità del consumare insaccati, un consumo di 50 grammi al giorno per tutta la vita aumenta del 17% il rischio individuale di ammalarsi di cancro del colon. Ma questo è un aumento del rischio relativo, percentuale. Il 17% di un numero di base piccolo è un numero piccolissimo, per cui si costituirà un numero solo leggermente più grande. Questo “numero di base” è il cosiddetto rischio assoluto, che dipende da fattori come predisposizioni e malattie preesistenti. In media, il singolo individuo ha una probabilità del circa 6% “di base” di contrarre il cancro al colon lungo tutta la vita. Se questo individuo consumasse giornalmente 50 grammi di insaccati, questa probabilità salirebbe del 17%, e diventerebbe dunque 7%, non spostandosi di molto dal rischio naturale.
L’IARC ha concluso, infine, che il consumo al di sotto dei 500 grammi la settimana non costituisce un pericolo per la salute.
Queste informazioni potrebbero avervi tranquillizzato così come potrebbero avervi allarmato. L’importante è che ognuno sia informato a dovere con fatti scientifici reali, e avere la giusta percezione dei rischi esistenti. Adesso, sta a voi fare tesoro di queste informazioni.
Ricordate: è necessario che ogni persona si documenti e ragioni con la propria testa per evitare scelte negative per se stessi e chi ci sta intorno.
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