I dati di una ricerca condotta di recente da SRM, in collaborazione con Farmindustria, evidenziano un Sud che vanta una posizione di rilievo in ambito nazionale con un fatturato delle imprese pari a oltre 1 miliardo di euro e un valore aggiunto di 600 milioni di euro (il 6% del dato nazionale) e 2,3 miliardi di export (il 10% del dato nazionale)
L’industria farmaceutica in Italia, e più in generale il settore delle tecnologie per le scienze della vita, si caratterizza per un ampio numero di imprese e una solida base produttiva, risorse umane molto qualificate, moderne relazioni industriali, un indotto di eccellenza e un’intensa attività innovativa.
É un settore che SRM ha analizzato nell’ambito di una ricerca rientrante nel filone di studi su quelle filiere produttive che meglio esprimono l’idea di un Sud in grado di innovare e produrre. Lavoro cui ha collaborato anche Farmindustria e che è stato presentato nel mese di luglio scorso presso il Banco di Napoli.
I diversi approfondimenti contenuti nello studio hanno consentito di ottenere una serie di conferme della sua valenza.
É un settore in cui produttività, retribuzioni, export e investimenti per addetti sono notevolmente superiori alla media; effetti tangibili delle opportunità che questo comparto può offrire all’Italia nell’ambito della competizione internazionale.
Il nostro Paese è, infatti, il secondo hub produttivo in Europa dopo la Germania, grazie al contributo di aziende a capitale italiano e di realtà industriali a capitale estero. La farmaceutica è l’unico settore ad aver aumentato la propria capacità produttiva nel periodo della crisi, con una produzione che è cresciuta tra il 2014 e il 2015 del 5% fino a 30 miliardi di euro. Da circa un biennio le imprese del farmaco si sono impegnate a mettere in atto un piano di sviluppo con investimenti pari a 1,5 miliardi e 2.000 addetti in più in tre anni. Le proiezioni 2016 indicano che, rispetto a quegli impegni, i valori saranno anche superiori (+1,6 miliardi di investimenti e +3mila addetti). La filiera farmaceutica inoltre è particolarmente attiva nell’ambito della Ricerca e Innovazione, con 1,4 miliardi di investimenti nel 2015 (+15% rispetto a due anni fa) la farmaceutica vale quasi il 7% del totale della Ricerca in Italia, investendo il 15% del suo valore aggiunto e trainando il Paese verso l’obiettivo di Europa 2020. In questo contesto il Sud fa la sua parte. I dati evidenziano un Mezzogiorno che vanta una posizione di rilievo in ambito nazionale con un fatturato delle imprese pari a oltre 1 miliardo di euro e un valore aggiunto di 600 milioni di euro (il 6% del dato nazionale) e 2,3 miliardi di export (il 10% del dato nazionale).
Sono localizzati al Sud il 6% circa di tutti gli addetti diretti e il 15% degli indiretti di tutta la filiera nazionale. Le regioni trainanti per il comparto sono divenute Abruzzo, Puglia, Campania e Sicilia, ma anche altri territori vantano ormai qualificate presenze scientifiche e aziendali, come esempio la Sardegna, che nel campo delle biotecnologie, della genetica e della genomica può considerarsi un’area con cluster e competenze, studi e produzioni di eccellenza anche a livello internazionale.
Sono presenti vasti stabilimenti facenti capo a 14 player italiani ed esteri di medie e grandi dimensioni. I loro impianti – ritenuti di rilievo strategico dai Gruppi di appartenenza – in molti casi dispongono di centri di ricerca e in gran parte producono farmaci per il consumo finale, destinati in percentuali rilevanti anche a mercati internazionali. Rimarchevoli sono stati gli investimenti attuati negli ultimi anni in diversi stabilimenti, soprattutto di multinazionali, per innovazioni di processi e prodotti.
In Abruzzo, Puglia, Campania, Sicilia e Sardegna i siti maggiori delle multinazionali, e molti impianti minori guidati da operatori meridionali, sono ormai inseriti da anni in organismi distrettuali di ricerca con la partecipazione di Università, loro Dipartimenti e altri centri come ad esempio il CNR. La presenza del comparto farmaceutico in quei contesti territoriali ha contribuito a radicarvi o a incrementarvi attività di ricerca applicata, pubbliche e private, favorendo nascita e sviluppo di dipartimenti universitari in farmacologia, chimica e tecnologie farmaceutiche e scienze biotecnologiche, e ad avviarvi prime supply chain per le industrie trainanti. Sono nati così Distretti biotecnologici e di life sciences costituiti da imprese di più settori fra loro interattive e da varie Istituzioni pubbliche.
I dati sottolineano anche l’interdipendenza esistente e il contributo dato ai successi di tutta la filiera farmaceutica italiana: 100 euro di produzione farmaceutica nel Mezzogiorno attivano infatti ulteriori 440 euro nel resto del Paese.
Il settore dell’industria farmaceutica è dunque presente nell’Italia meridionale, sia pure con varia densità numerica di aziende e produzioni nelle singole regioni. É un comparto che nel Mezzogiorno ancora non offre numeri importanti, ma la cui significatività è senz’altro crescente.
Le difficoltà certamente non mancano soprattutto per le trasformazioni del mercato, ma le imprese di questa filiera stanno dimostrando di aver ben compreso che occorre coniugare la qualità organizzativa e la capacità produttiva con innovazione, tecnologie e sperimentazione. Innovazione, processi di internazionalizzazione, investimenti in logistica e organizzazione dei processi sono solo alcuni dei principali driver su cui agire per far crescere l’intera filiera da sempre progettata e strutturata per “far star bene e in salute il mondo”.
C’è ancora molto da fare per poter portare la struttura produttiva e di ricerca del Mezzogiorno ai livelli di quella nazionale. Non esiste ancora una sufficiente capacità di fare sistema, che riesca a trasformare il sistema produttivo dell’area da un insieme di presenze spesso puntiformi e isolate (anche se singolarmente rilevanti) a sistemi integrati di produzione e di ricerca in grado di dare una forte impronta sulla sua struttura produttiva e sulle sue direzioni di ricerca e innovazione tecnologica. Ci sono però le capacità, gli skill professionali e le potenzialità di investimento per percorrere la strada della crescita e della competitività, anche in questa filiera così rilevante per il suo impatto innovativo e tecnologico sul territorio.