Programmi come Horizon 2020 costituiscono un’importante opportunità di crescita per l’Italia, una strategia di innovazione necessaria per avvicinarsi e integrarsi sempre di più a mercati esteri, una modalità per ottenere dei vantaggi competitivi e per disporre di tecnologie abilitanti, che aiutino ad abbattere il gap di concorrenza tra il mercato italiano e quello internazionale
Le recenti evoluzioni di mercato a livello globale hanno completamente trasformato l’approccio che le imprese devono adottare per poter mantenere il proprio vantaggio competitivo. Infatti, se all’interno di un mercato stabile è più semplice poter prevedere anche a lungo termine il percorso di crescita, in un mercato instabile, come quello attuale, diventa sempre più complesso poter pianificare una strategia e mantenerla nel tempo. I cambiamenti sono sempre più repentini e le aziende devono essere in grado di reagire, adattarsi ed eventualmente cambiare rotta, per conservare o migliorare la propria leadership di mercato.
In questo contesto l’innovazione può ricoprire un ruolo chiave, proprio come leva di sviluppo della competitività aziendale.
A questo proposito lo scorso anno la Commissione Europea ha lanciato Horizon 2020, l’ottavo Programma Quadro europeo per la Ricerca e l’Innovazione (2014–2020). Un sistema di finanziamento integrato il cui obiettivo è appunto quello di aumentare il vantaggio competitivo dell’Europa rispetto ad altri mercati come quello americano e asiatico. L’Europa grazie a questo programma dovrebbe sia incentivare la crescita, sia aumentare la competitività delle aziende, incoraggiando l’innovazione.
Ma come si sta comportando l’Italia in tema di innovazione? Secondo l’Innovation Union Scoreboard 2014, lo screening annuale sull’innovazione realizzato dalla Commissione Europea, l’Italia resta ancora indietro e si classifica tra i Paesi con una media di innovazione piuttosto bassa, i cosiddetti “innovatori moderati”.
Un risultato che sorprende se si considera che in Italia possiamo vantare parecchie aree di eccellenza e che nei settori ad alta creatività ci posizioniamo tra i primi esportatori a livello mondiale. La difficoltà del nostro Paese nello sviluppo di processi di innovazione sembra riconducibile principalmente all’inefficacia del sistema legislativo, al carico fiscale, alla scarsa attenzione da parte delle istituzioni verso una chiara e condivisa politica di innovazione e sviluppo industriale e alla poca conoscenza, o errata informazione, di cui le aziende dispongono in merito ai programmi di ricerca e sviluppo e alle corrette modalità per parteciparvi. Non vogliamo ovviamente in questo articolo soffermarci su quanto si potrebbe fare per migliorare il sistema Paese, vogliamo invece porre l’attenzione sulle aziende e sul loro approccio per quanto riguarda la possibilità di utilizzare fondi europei, come nel caso di Horizon 2020, per finanziare progetti di ricerca, sviluppo e innovazione.
Come detto prima, in Italia ci sono ancora molte aziende poco o male informate sui progetti di finanziamento a livello comunitario. Anzi molto spesso queste realtà mostrano una certa reticenza nel partecipare ai bandi, con l’idea che alla fine i fondi richiesti non arrivino mai, oppure al contrario considerano i fondi uno strumento per risolvere problemi relativi al proprio business. Niente di più sbagliato.
Le aziende devono imparare a modificare questo approccio e iniziare a concepire i fondi come uno strumento che può dare nuovo impulso alla propria attività. Programmi come Horizon 2020 costituiscono un’importante opportunità di crescita per l’Italia, una strategia di innovazione necessaria per avvicinarsi e integrarsi sempre di più a mercati esteri, una modalità per ottenere dei vantaggi competitivi e per disporre di tecnologie abilitanti, che aiutino ad abbattere il gap differenziale di concorrenza tra il mercato italiano e quello internazionale.
Oggi le imprese italiane grazie ai programmi di finanziamento possono avere a disposizione tutti gli strumenti per evolvere velocemente, basta saper cogliere le opportunità.
A programmi come Horizon 2020, e in generale ai fondi della Comunità Europea, possono aderire tutte le aziende italiane, di qualsiasi dimensione.
Ovviamente dipende dalla capacità di innovare e dalle caratteristiche proprie dell’azienda. Ad esempio, al bando Horizon 2020 hanno partecipato molte piccole medie-imprese, rappresentate per il 94% da aziende singole, non in cordata, e molte di esse sono aziende italiane e spagnole.
Nonostante questo, il tasso di successo e accettazione dei progetti presentati è stato molto basso, perché molte imprese hanno partecipato al bando con proposte non in linea con i topic del programma oppure non avendo il tasso di innovazione richiesto. Infatti la Comunità Europea ha introdotto il concetto del TRL (Technology Readiness Level), una scala che identifica, in 9 livelli, lo stato di maturità tecnologica delle aziende relativamente ai singoli progetti. Nei bandi viene infatti segnalato il TRL di partenza e quello di arrivo, quello cioè che si deve dimostrare di poter raggiungere attraverso l’ottenimento del fondo.
Le aziende dovrebbero attenersi al TRL per essere in grado a priori di comprendere se il proprio progetto ha tutte le caratteristiche di innovazione necessarie per richiedere il finanziamento. È evidente quindi che molto spesso non vi è da parte delle organizzazioni il corretto approccio metodologico per accedere ai bandi. Come può allora un’impresa partecipare a un programma di finanziamento con tranquillità e soprattutto con buone chance di ottenere i fondi richiesti? Un’azienda potrebbe anche affrontare da sola questo percorso, ma dovrebbe allocare almeno una persona a tempo pieno in grado di muoversi nei corridoi di Bruxelles, per superare le complessità e le procedure che richiedono specifico know-how ed expertise.
La strada corretta e più sicura è quella di affidarsi a un consulente esterno, che abbia alle spalle una struttura organizzata e possibilmente presente in tutta Europa e che possa aiutare l’azienda già nella fase di valutazione del progetto da presentare. In Italia però molto spesso la possibilità di appoggiarsi a un consulente viene ancora considerata come un costo, e non come un valore aggiunto.
Bisogna considerare invece che nei bandi a livello europeo, se il progetto viene accettato, le spese di consulenza sono finanziate all’interno del progetto stesso, quindi l’azienda non ha spese dirette, perché è previsto che il 25% delle spese del progetto vengano aggiunte al contributo. L’innovazione e i programmi per la ricerca e sviluppo sono e devono essere considerati dalle aziende come una forte leva per aumentare la propria competitività, perché all’interno di uno scenario dove tutto cambia, vince chi non si limita a reagire al cambiamento, ma lo anticipa e anzi lo sfrutta a proprio vantaggio, con una metodologia e una visione chiara.