L’Italia è un paese di risparmiatori che preferisce investire nel mattone, un retaggio culturale evidente che si manifesta anche quando si parla di seconde case per le vacanze.
Al di là di essere la realizzazione del sogno di una vita, avere una casa in più oggi è considerato un investimento sicuro da sfruttare soprattutto nel settore turistico, a volte con conseguenze negative per i residenti della maggior parte dei centri urbani italiani.
In questo articolo si analizzeranno gli ultimi dati a disposizione riguardo le seconde case in Italia e si cercherà di capire quali sono le spese da affrontare per i proprietari.
Seconda casa: qual è la situazione in Italia?
Stando gli ultimi dati forniti dall’Agenzia delle Entrate, in Italia sono 5 milioni e 556 mila le unità immobiliari riconosciute come seconde case.
Nel 2022, le compravendite immobiliari hanno registrato una crescita del 41% rispetto al 2020 e ben il 15,2% degli italiani ha deciso di acquistare una seconda casa. Di questi il 34,2% ha optato per le località turistiche, sia per trascorrere le proprie vacanze che per reinvestire in affitti brevi. Il 39,5% ha scelto le città di medie dimensioni per lo stesso motivo, mentre solo l’11,8% ha scelto una metropoli.
In linea di massima, le provincie che hanno registrato il maggior numero di seconde case sono state, nell’ordine: Roma (215mila unità), Torino (177mila unità), Cosenza (126mila unità), Lecce (117mila unità), Napoli (112mila unità) e Cuneo (112mila unità).
Sempre dagli ultimi dati, sebbene il 19% degli italiani abbia acquistato una seconda casa per uso personale e familiare, la principale motivazione che ha spinto all’acquisto di seconde case è stata la possibilità di affittare l’abitazione utilizzandola come una fonte di reddito (81%).
Si stima, infatti, che il guadagno medio a notte che può derivare dall’affitto di seconde case può andare da € 220,00 per un appartamento in una città d’arte per quattro persone a € 600,00 per una villa con piscina per otto persone.
Investire in una seconda casa: quali sono i costi?
Prima di tutto, è doverosa una premessa. Il costo del mantenimento di una seconda casa varia molto a seconda di diversi fattori: la località, la tipologia (una villa o un appartamento), il numero dei servizi presenti e il costo delle utenze.
Quest’ultimo elemento è l’unico su cui si può avere un margine di autonomia e per questo bisogna porre particolare attenzione alla scelta dei fornitori, soprattutto se si ha intenzione di affittare in ambito turistico.
Per delle utenze fondamentali come luce e gas, vi sono diversi fornitori, come ad esempio Engie per citarne solo uno, adatti a tutte le necessità. Nella scelta, meglio puntare su un fornitore con un’ottima assistenza clienti, oltre che in grado di proporre offerte competitive: la casa sarà abitata da persone in vacanza e ogni disguido potrebbe costare in termini di recensioni e, quindi, guadagni per chi affitta.
Passando alle tasse di mantenimento, come la TARI e l’IRPEF, per la seconda casa generalmente sono più elevate proprio perché l’immobile non è considerato un bene essenziale per chi lo possiede. Specifica per le seconde case è l’IMU, imposta Municipale Unica, la tassa che in Italia si applica a tutte le abitazioni non principali di una persona.
Questa si paga annualmente e il suo ammontare deriva dalla rendita catastale dell’immobile: nel 2023 complessivamente sono stati versati circa 22,1 miliardi di euro di IMU, di cui 18,1 miliardi ai Comuni e il restante allo Stato.
In definitiva, se si sta cercando un investimento sicuro, impegnarsi a gestire una seconda casa per scopi turistici può essere un’ottima opportunità, soprattutto in questo periodo di rinascita per il turismo italiano.