La società salernitana ha coinvolto numerose aziende nella realizzazione di RedinLAB, un laboratorio che vuole colmare il gap di competenze digitali e tipiche di Industry 4.0 per portare i giovani studenti ad essere “ready” per il confronto con il mondo del lavoro
Nello Zen tra maestro e allievo esiste un legame profondo che orienta l’apprendimento. È lo shin den shin, che significa da mente a mente, da cuore a cuore. Le lezioni si svolgono lungo questa traccia, senz’altro più complessa del semplice passaggio di informazioni.
Ed è a questa particolare filosofia di insegnamento che guarda la Jobiz Formazione, società specializzata nella consulenza alle imprese, agli organismi pubblici e istituzionali nonché ai privati, in materia di orientamento e formazione.
Fulcro di molti riusciti progetti è la Scuola Secondaria di Primo Grado, quella determinante nell’accompagnare il ragazzo non solo alla scoperta di sé ma del mondo, costruendo i primi passi che via via lo faranno “grande”.
Marco Baione, fondatore e anima della Jobiz, con le scuole – istituti tecnici e licei – ci lavora dal 2004, proponendo percorsi fatti di un’alchimia interessante tra teoria e pratica, per una formazione che vada ben oltre quella convenzionale. Il primo fu il progetto “Icaro, la scuola vola in internet” con le sue 5 edizioni annuali fino al 2008. Un ampio partenariato, che annoverò già allora la presenza di Confindustria Salerno, con il Gruppo Giovani Imprenditori, e che coinvolse ben sessantasei istituti superiori della provincia di Salerno.
Erano i primi anni di grande diffusione di Internet e Jobiz aveva intuito che la scuola andava coadiuvata nel fornire nozioni anche esperienziali agli studenti sul web, per non fargli compiere un salto del tutto nel vuoto a fine ciclo scolastico. Già allora Marco aveva chiaro che l’obiettivo doveva essere quello di creare un raccordo vero tra istruzione e mondo del lavoro, due realtà purtroppo ancora lontane che anche quando si “parlano”, raramente avanzano nella stessa direzione e con la stessa intensità di marcia. Nel 2015, poi, la riforma della Buona Scuola – che ha reso obbligatoria l’alternanza scuola lavoro a tutti gli studenti dell’ultimo triennio delle superiori – anziché ridurre questa distanza, ha reso spesso ancor più complessa la relazione ma non ha fermato la Jobiz e la sua voglia di essere moltiplicatore di buoni progetti.
Da un lato la scuola, talvolta più coinvolta nel rispondere all’adempimento che a badare alla qualità della proposta formativa; dall’altro le aziende che, trasformate dai nuovi sviluppi organizzativi e tecnologici, cercano profili sempre più specifici. Jobiz sa, ancor prima dell’obbligatorietà, che non basta portare a termine un programma formativo per dire che è stato un successo. Occorre progettare con cura una formazione che abbia impatti positivi e reali, che abbia una capacità propulsiva.
«Nonostante le difficoltà – afferma Marco Baione – non riesco a distogliermi dall’obiettivo perché in quella intermediazione del diplomato che diventa tecnico si gioca il futuro non solo dello studente. L’interesse primario deve essere quello di far crescere i ragazzi come uomini e come lavoratori, che Jobiz, grazie all’esperienza maturata negli ultimi quindici anni di formazione continua in azienda, conosce molto bene».
Per meglio caratterizzare la “sua” alternanza, Jobiz ha sensibilizzato e coinvolto numerose aziende nella realizzazione di un modello di laboratorio condiviso e territoriale, il RedinLAB. Un laboratorio che vuole colmare il gap di competenze digitali e tipiche di Industry 4.0 per portare i giovani studenti ad essere “ready” per il confronto con il mondo del lavoro. Grazie al contributo delle risorse tecniche presenti nelle aziende coinvolte, i giovani studenti hanno così la possibilità di acquisire, nei laboratori di Jobiz, le competenze in automazione, manutenzione, meccatronica e robotica, ampiamente carenti tra i diplomati. Le aziende hanno così nove mesi all’anno per tre anni per insegnare, valutare e testare in un ambiente “protetto” gli studenti. Alla fine del percorso l’azienda potrà scegliere con consapevolezza se investire o meno in un giovane studente, così come i ragazzi potranno cogliere la propria opportunità lavorativa con maturità avendo avuto tempo e modo per trasformare le attitudini in competenze. Competenze, tra l’altro, certificate e ad alto valore strategico.
«Il laboratorio serve ad appassionare i giovani – prosegue Baione – a far scoprire loro abilità e propensioni, avvicinandone il curriculum alle esigenze delle imprese, spesso del tutto inascoltate. Nella provincia di Salerno ad esempio dobbiamo fare i conti con un settore industriale specializzato nella grafica e packaging, ma non c’è alcun istituto che formi litografi. Oppure, in prospettiva nazionale, per la rete di fibra ottica servono giuntisti per le telecomunicazioni e i nostri diplomati imparano scuola ancora a lavorare con il cavo di rame».
Il percorso è lungo, ma la motivazione a seguirlo non manca. Sarà la via meno comoda quella battuta, ma alla fine, come la tartaruga, la Jobiz riuscirà a battere Achille perché conosce la strada e, guidata dalla consapevolezza darwiniana che «Non sia la specie più forte a sopravvivere ma quella che risponde meglio al cambiamento», sarà capace di fare di tutto per affrontare un periodo di profonde trasformazioni.