Dopo la conversione in legge del Decreto Sviluppo-bis, che puntava soprattutto alla digitalizzazione del Paese, non è seguito alcun decreto attuativo. Tutto fermo.
Nel dibattito politico che contraddistingue questa fase della vita del Paese brilla per assenza ogni riferimento alla digitalizzazione italiana.
Il percorso tracciato un anno fa grazie alla spinta innovativa di Confindustria Digitale e avviato dal Governo Monti con la creazione di una cabina di regia interministeriale prima, e la conversione in legge del Decreto Sviluppo-bis poi, si è ormai fermato a metà strada, come in un grande gioco dell’oca.
Evidentemente le resistenze legate alla definizione delle oltre 50 norme attuative previste dall’Agenda Digitale italiana sono ancora troppo forti e la politica rischia di lasciare in eredità alla generazione dei nativi digitali un “debito di innovazione” forse ancora più pesante del debito pubblico accumulato negli anni ’80.
Prendiamo il tema dello switch off al digitale della Pubblica Amministrazione. La legge 17 dicembre 2012 n.221 (il decreto “Sviluppo-bis” o “Crescita 2.0” come è stato erroneamente ribattezzato) ha identificato alcune prime iniziative strategiche: il nuovo documento digitale unificato (art. 1, comma 2); l’anagrafe nazionale popolazione residente (art. 2); l’archivio nazionale dei numeri civici delle strade urbane (art. 3). Nonostante i tempi previsti per l’emanazione dei decreti attuativi siano abbondantemente scaduti, dal Ministero dell’Interno, delegato a scriverli, tutto tace. L’unica notizia positiva di questo primo trimestre del 2013 è venuta dall’approvazione dello Statuto dell’Agenzia per l’Italia Digitale, incaricata di promuovere la digitalizzazione del settore pubblico, che è tuttora priva però del Comitato di Indirizzo (di nomina politica). L’ingegner Ragosa, direttore della neonata agenzia, sta lavorando sodo per dare il via all’aggiornamento dei datacenter, alla revisione dell’architettura delle informazioni, alla piena interoperabilità tra le migliaia di banche dati delle pubbliche amministrazioni per evitare duplicazioni e ridondanze. Se son rose fioriranno…
Anche sulle infrastrutture di nuova generazione i risultati tardano ad arrivare. L’art. 14 comma 3 prevede l’emanazione di un “Regolamento per favorire gli scavi per le infrastrutture a banda larga e ultralarga nell’intero territorio nazionale”, la cui bozza si è arenata al Ministero dei Trasporti sembra per l’opposizione dell’Anas. Eppure un quadro autorizzativo semplice e omogeneo darebbe il via alle aziende di telecomunicazione per investire oltre 4 miliardi di euro annui da qui al 2015 per l’annullamento del digital divide e lo sviluppo delle reti di Nuova Generazione a Banda Ultra Larga in vaste aree del Paese.
Il Ministero dello Sviluppo Economico sta lavorando molto sull’argomento principe del decreto sviluppo-bis: la promozione delle start-up innovative. Tuttavia il decreto attuativo più importante, quello previsto all’art. 29 recante le “Modalità di attuazione degli incentivi alle startup”, è fermo per “concerto” nei cassetti dei funzionari del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Certo, senza un Governo forte sarà difficile proseguire sulla linea tracciata dal Decreto Sviluppo-bis (non sono ancora state previste ad esempio le agevolazioni fiscali per l’e-commerce delle PMI o i finanziamenti per la formazione al digitale dei lavoratori), ma perché questo accada bisogna correggere qualche anomalia strutturale che rende difficile qualsiasi operatività.
La prima è che l’Agenda Digitale risponda direttamente alla responsabilità politica del Presidente del Consiglio (abbiamo già toccato con mano in passato i limiti del modello di un “ministro per Internet” o del modello di un “condominio di ministri”).
La seconda è che si possa contare su finanziamenti certi e su un budget definito.
Un terzo punto è che l’Agenda Digitale impari dai territori: alcune delle cose che sono nel suo disegno sono già state realizzate nelle Regioni più avanzate (il Fascicolo sanitario elettronico ad esempio). La sfida della nuova Agenzia per l’Italia Digitale sarà quella di coordinare le eccellenze digitali del Paese, mettendo a fattor comune lo sviluppo delle smart cities.