Da parte di chi è destinatario dell’invito, il limite massimo per fare e rifare domande sull’indirizzo è tre ore prima dell’appuntamento, un giorno prima per eventuali ripensamenti e per chiedere di arrivare con qualcuno senza mettere in imbarazzo chi riceve
Vogliamo parlare di quelli che inviti a cena per la prima volta a casa tua con dieci giorni di anticipo, fornendo loro nel minimo dettaglio le indicazioni, e che a due minuti dall’orario previsto ti stalkerizzano su whatsapp per sapere indirizzo, citofono, posizione, scala, ascensore, interno? Bene, sparliamone.
Mi è capitato personalmente qualche giorno fa: inauguro la casa dopo mesi di lavori e decido di invitare tutti gli amici che spesso mi accusano di latitanza perché una volta sono a cena fuori per lavoro, una volta sono a New York per vacanza, l’altra sono a Roma per la tv, spesso e volentieri sono irraggiungibile per sopraggiunti limiti di batteria telefonica. Insomma, tutti quelli che, per un motivo e per l’altro, vedo con piacere ma che di fatto non vedo e che meritano, quantomeno, un buon piatto di pasta fatto con le mie mani.
Totale numero invitati: 30. L’invito lo faccio come da galateo 3.0: via whatsapp. Così capisco dalla spunta blu se qualcuno fa lo gnorri o se legge e risponde prontamente (come pretende da me anche quando sono in mezzo a una registrazione in tv e il telefono è comodamente in camerino). Rispondono tutti, tranne un paio, sacrificabili, che aspetto al varco alla prossima lamentela.
Come si usa fare in questi casi comunico l’occasione, il giorno, l’ora, l’indirizzo preciso, il numero sul campanello (i cognomi a Milano non si mettono più) la scala e il piano: 9!
Mi si replica in modo laconico: pollici all’insù, ringraziamenti, cuoricini, faccine con sorriso. L’invito è dalle 21, che significa che non ci sono posti assegnati, che il menù è tale da consentire di non sedersi a tavola a un orario preciso, basta non arrivare prima e il gioco è fatto. La preparazione è di quelle salva equilibrio mentale: rustici, una buona insalata di pasta, due di verdure miste per gli amici vegani e una di pollo scondito per il solito ipermegasportivo che non mangia altro. Domanda ricorrente: «Cosa porto?». Una volta o l’altra risponderò di portare una cambiale. «Vieni col sorriso» è la risposta da dare: poi a discrezione loro scegliere un vermentino o dei cioccolatini, uno spumante italiano o una scatola di confetti aromatizzati. Sta di fatto che la domanda è la più imbarazzante anche per me. Sempre.
Ma se all’imbarazzo ho sempre una formula di replica, all’impertinenza di chi alle 21 e 01 inizia a scrivermi mentre rispondo ai citofoni, mentre prendo le giacche, mentre servo prosecco per chiedermi di nuovo conferma dell’indirizzo, ecco lì non so cosa, se non una dose massiccia di rescue remedy (il fiore di bach studiato per placare le ire immediatamente), può esimermi dal non dare un indirizzo meno elegante che tutti abbiamo capito. Da qui in pillole i consigli per padroni di casa e ospiti: siate sempre chiarissimi nel fornire indirizzo e dettagli. Se la casa è vicina a un mezzo pubblico (fermata delle metropolitana o del bus o del tram) agevolate l’ospite facendolo presente, se le scale sono due spiegatelo, se sul campanello usate pseudonimi comunicatelo e, possibilmente, date un orario di arrivo tale da non farvi trovare a spadellare all’ultimo minuto, perché l’operazione <<ti ridico 4 minuti dopo l’ora prevista dove vivo>> richiede tempo e nervi saldi. Da parte di chi riceve l’invito il limite massimo per fare e rifare domande è tre ore prima dell’appuntamento, un giorno prima per eventuali ripensamenti, per chiedere di arrivare con qualcuno senza mettere in imbarazzo chi deve moltiplicare pani e pesci e quel qualcuno deve avere un senso.
Per vostra informazione la cena è andata benissimo e si ripeterà presto. Certo, che fatica: l’arte del ricevere è anche arte del dare. Soprattutto.