L’Ateneo di Salerno, un volano di crescita culturale per il territorio

tommasetti web copyPer il Rettore, Aurelio Tommasetti, «l’Università deve formare laureati intellettualmente e professionalmente preparati, trasferire alle imprese scienza e tecnologia, ma soprattutto fornire alla società nuovi percorsi di progresso». In che modo? «Sviluppando sempre più un’intensa vita culturale, all’interno e all’esterno del Campus»

 

Professor Tommasetti, a lei da qualche mese l’arduo compito di guidare l’Università degli Studi di Salerno in un momento storico particolarmente complesso. Le sfide ardue, però, hanno una loro bellezza. Qual è il suo progetto e su quali pilastri valoriali, e non, si fonda?
Essere stato eletto Rettore dell’Università di Salerno è prima di tutto un grande onore, con annesse, ovviamente, le grandi responsabilità che derivano dal governo di un Ateneo così importante.
Proprio per questo, il nostro progetto di Università ha sempre messo al centro della crescita e dello sviluppo dell’Ateneo la partecipazione di tutte le componenti (studenti, docenti, personale tecnico-amministrativo), le risorse più importanti alle quali ricorrere per costruire un futuro sereno, collaborativo e produttivo.

Il nuovo anno accademico è alle porte. È possibile già tracciare un bilancio delle immatricolazioni e dare un primo feedback sui trend di scelta degli studenti? Salerno resta in prevalenza un’accademia umanistica o è cresciuto l’interesse per le facoltà scientifiche?
C’è una tenuta sostanziale di tutte le facoltà anche se i giovani, a Salerno come in atre città universitarie, tendono sempre di più ad indirizzarsi su corsi che diano una opportunità lavorativa in tempi brevi.
Io sono preoccupato, invece, per il loro futuro occupazionale; non è un caso, infatti, se, secondo stime Istat ed Eurispes, quattro milioni di giovani su un totale di 12.800.000 dai 18 ai 35 anni, quindi un terzo, intendono lasciare l’Italia (due milioni l’hanno già fatto negli ultimi anni).
Bisogna invertire la tendenza che segna una chiara sconfitta per il nostro Paese. Non è più tollerabile che, dopo aver formato un dottore di ricerca, con onerosi esborsi per le famiglie e i contribuenti, siano altri Paesi a beneficiare di tali sforzi. 

In tema di ricerca scientifica come si classifica il nostro Ateneo?
Il lungo cammino delle azioni di internazionalizzazione in cui è impegnata attivamente la nostra Università procede con decisione. L’ulteriore rafforzamento della partecipazione al Programma europeo Erasmus, l’estensione del network di partenariati con università ed enti e la forte crescita del tasso di collaborazione di ricerca internazionale, il miglioramento della mobilità degli studenti, gli eccellenti risultati ottenuti nell’ambito dei progetti finanziati: sono tutte tendenze assai positive che contribuiscono a collocare il nostro Ateneo al primo posto tra i grandi atenei meridionali. La capacità di attrarre studenti stranieri di qualità, nella convinzione che sia importante non solo contrastare la fuga indiscriminata di cervelli, ma anche saper attrarre in casa nostra intelligenze qualificate, è cruciale ed è condizione, insieme a quelle indicate precedentemente, fondamentale per far crescere il vantaggio competitivo, il posizionamento e la reputazione interna e internazionale del nostro Ateneo.

L’Ateneo e il Territorio sono due realtà inscindibili. Non fa di certo eccezione Salerno. Quale contributo può dare alla città – e alla provincia tutta – la sua Università?
I rapporti con il territorio costituiscono un pilastro essenziale del funzionamento di un’Università. Il nostro programma insiste molto su questo punto, che sarà un orizzonte fondamentale per l’Ateneo di Salerno che verrà. L’Università deve formare laureati intellettualmente e professionalmente preparati, deve trasferire alle imprese scienza e tecnologia, deve fornire alla società nuovi percorsi di progresso. Il legame con la Città di Salerno, con la Valle dell’Irno, con l’intero territorio provinciale, regionale e nazionale, è già forte e dovrà puntare a rafforzarsi sempre di più, lungo una strada ben precisa: sviluppare un’intensa vita culturale, all’interno e all’esterno dei nostri Campus.

Quali le strategie, invece, per rafforzare il dialogo fra università e mondo delle imprese, oltre a quelle già intraprese in passato?
Il trasferimento tecnologico è un concetto fondamentale nel rapporto Università-Impresa: il passaggio della nuova conoscenza prodotta dalla ricerca scientifica che si traduce in innovazione concretamente praticabile dalle imprese. Tuttavia, non basta soltanto fare buona ricerca (che è naturalmente un imperativo categorico per l’Università): dobbiamo reciprocamente aprirci di più e collaborare in maniera più intensa, dalle esperienze dei nostri studenti in azienda a un orientamento in uscita più mirato, cementando quotidianamente questi rapporti, nel cui alveo fare scorrere gli esiti della ricerca, di base e applicata, che a loro volta daranno a valle ulteriori frutti.

Che giudizio dà del recente DL scuola e delle modifiche che apporterà al mondo dell’istruzione?
Non entro nel merito delle decisioni tecniche, né tantomeno di quelle politiche che interessano il mondo dell’istruzione: abbiamo già tanto da fare con i profondi mutamenti che il mondo dell’Università sta vivendo negli ultimi anni! Un auspicio, questo sì, vorrei esprimerlo: la Scuola e l’Università sono profondamente connesse e non soltanto in termini cronologici, lungo il percorso temporale di qualificazione dello studente. Parlo di un legame più alto, più largo, più pieno: quello della crescita intellettuale, civica e sociale dei nostri studenti. In Italia abbiamo bisogno di una visione strategica che ponga la “cultura” (in senso ampio) al centro del nostro rilancio, che tutti concordano nell’affermare che deve cominciare o ricominciare dalla Scuola e dall’Università.
Facciamolo sul serio, ma una volta per tutte con determinazione, competenza e lungimiranza.