La banca è un fattore di sviluppo economico grazie all’effetto moltiplicatore della moneta. Nell’accezione tradizionale, infatti, raccoglie il denaro dai risparmiatori e lo utilizza “prestandolo” alle attività economiche sotto forma di mutui alle famiglie, di finanziamento alle imprese, di finanziamento delle grandi opere pubbliche, e così via.
Prima dell’ultima riforma del sistema creditizio, esistevano istituti specializzati nelle singole “missioni“: alcune si occupavano di credito a breve termine di natura commerciale, altre effettuavano operazioni a lungo termine per sostenere gli investimenti durevoli. Tale specializzazione aveva ingessato il sistema per la impossibilità di integrazione delle risorse disponibili.
La recente riforma del sistema del credito ha eliminato la separazione dell’oggetto dell’attività bancaria facendo sorgere le cosiddette banche universali.
Il denaro raccolto dagli istituti, cioè la provvista, non diviene di proprietà della banca (non viene comprato, non va in magazzino) ma rappresenta un debito verso i risparmiatori e viene contabilizzato fra le passività di bilancio; il denaro concesso sotto forma di finanziamento non viene venduto, ma rappresenta un credito verso il prenditore e viene contabilizzato fra le attività.
Oggi si sente tanto parlare della “qualità degli attivi“ delle banche, cioè della qualità dei debitori, imprese e famiglie, nella prospettiva della restituzione del denaro prestato. Alla luce dell’Accordo di Basilea 2, l’istituto bancario, sotto la sorveglianza della Banca d’Italia, deve mantenere/impegnare una porzione del proprio patrimonio a fronte del rischio di “perdita” sui crediti concessi alla clientela. Questa regola costituisce una forma di cautela del “ risparmio” poiché evita che le banche facciano “troppo (cattivo) credito” e che rischino il fallimento. A seguito di tale evento funesto la vittima sarebbe il risparmio. Fino ad alcuni anni orsono la quota di accantonamento era dell’otto per cento fisso del valore del prestito senza discriminazione in merito alla qualità del beneficiario (famiglia o impresa). In tal modo tutti i prenditori “valevano” 8% ai fini degli accantonamenti. Basilea 2 (e in futuro Basilea 3) ha introdotto il principio della selezione del rischio in base alle caratteristiche del prenditore disponendo accantonamenti diversi in proporzione al rischio da assumere: ogni azienda deve essere pertanto valutata e classificata, deve avere la propria “pagella”, il proprio merito creditizio. Da un lato l’accantonamento non è più fisso e uguale per tutti, dall’altro, la necessità della selezione accurata dovrebbe diminuire le perdite. Il sistema creditizio è salvaguardato e, di conseguenza, ripetiamo, viene salvaguardato il risparmio.
Il merito creditizio viene espresso con una valutazione “individuale”, il rating. A un cattivo rating fa riscontro un costo maggiore e quindi ogni impresa deve curare con la massima attenzione la gestione del proprio rating sia presso le banche con cui è in relazione sia anche per instaurare eventuali nuovi rapporti bancari.
La gestione del proprio merito creditizio (rating) deve partire dalla conoscenza dei fattori che lo determinano; gli elementi valutativi sono “scelti “ dalle singole banche sulla base dei criteri della politica creditizia adottata: oggi, per esempio, alcuni settori economici sono pesati e valutati “difficili” e da “evitare”. Altri fattori valutativi sono oggettivi e riguardano la struttura patrimoniale e finanziaria del cliente: il rapporto patrimonio/mezzi propri sull’attivo immobilizzato; una buona capacità finanziaria di generare flussi di cassa sufficienti al servizio del debito; la capacità di “creare valore“ e il rafforzamento del patrimonio, scegliendo ad esempio di mantenere gli utili in azienda.
Altri fattori, sempre comunque valutati dalle banche nel “processo del rating“, hanno carattere soggettivo, pensiamo alla presenza di programmi di sviluppo, la capacità di management, il passaggio generazionale, la qualità del portafoglio clienti, la fiducia goduta presso i fornitori, il peso della quota di mercato, l’assenza di pendenze giudiziarie, tributarie, eccetera.
Altro elemento valutativo è l’andamento del rapporto con la Banca.
Il rating è un complesso di informazioni, comportamenti, situazioni di fatto che consente l’analisi del cliente stando alla scrivania anche da parte di personale privo di esperienza e professionalità specifica.
Tale atteggiamento ha determinato l’allontanamento, sia fisico sia tecnico, della banca nei confronti del cliente e la spersonalizzazione della relazione. Il gestore bancario del rapporto, tradizionale sostenitore del cliente, ha perso ogni capacità di giudizio ed ogni potere deliberativo: il vero “dominus” è il rating.
Lo squilibrio contrattuale fra banca e cliente, già favorevole all’istituto, si è, quindi, ulteriormente ampliato e irrigidito.
In questo contesto il cliente dovrebbe operare in funzione del miglioramento del proprio rating. Dovrebbe essere “attore/partecipe” nelle procedure di determinazione del rating, conoscere i criteri, i fattori valutativi utilizzati dalle banche, le proprie criticità ed i propri punti di forza.
L’impresa perciò deve dedicare sempre maggiore attenzione alla gestione del proprio merito creditizio e, sia pure in maniera empirica, seguire alcuni criteri di miglioramento dell’andamento del rapporto. Non esiste una ricetta specifica ma possiamo elencare alcune “istruzioni per l’uso”:
1) Essere tempestivi nella consegna dei documenti necessari.
2) Evitare sempre gli sconfinamenti programmando il ciclo monetario non solo a fine mese.
3) Utilizzare al minimo gli assegni bancari: tale strumento di pagamento è di difficile gestione anche da parte della banca.
4) Evitare gli insoluti da parte della clientela e i richiami delle nostre RIBA, i richiami degli assegni versati, pagare le RIBA o le fatture a nostro carico.
5) In caso di necessità di gestione della liquidità, non versare assegni a traenza diretta da una banca all’altra, meglio giri conto ovvero assegni circolari-
6) Cercare contatti frequenti con il Gestore e chiedere notizie in merito al proprio rating; tenersi informati sulle scadenze delle linee di credito.
7) Mantenere gli impegni: alcuni nostri comportamenti che ci appaiono normali possono creare serio intralcio al lavoro della banca e creare “imbarazzo” del Gestore nei confronti degli Organi di controllo e delibera.
8) Non utilizzare più del 70% dei fidi: avere margini di utilizzo è un buon segnale.
9) Prestare attenzione allo scadenzario degli impegni con le banche a fronte degli accordati “a tempo”.
10) Informarsi sulle possibili “assenze di lunga durata” del Gestore: l’eventuale sostituto non dedica l’attenzione necessaria.
Le banche inoltre utilizzano ulteriori elementi di valutazione di insorgenza di “crisi”: dai documenti contabili, dall’andamento del rapporto, da fattori esterni dalla Centrale Rischi di Banca d’Italia.
I sintomi di crisi incidono pesantemente sul rating poiché “allarmano” la Banca.
Ne citiamo solo alcuni: un incremento di crediti in percentuale maggiore dell’incremento delle vendite; un aumento dei debiti in misura maggiore degli investimenti; la rivalutazione di cespiti non in presenza di disposizioni legislative; accantonamenti e ammortamenti in misura ridotta; un aumento ingiustificato del magazzino; la presenza di cassa sproporzionata rispetto all’attività e all’indebitamento; rilievi di Sindaci e Revisori; aumento ingiustificato di ratei attivi e risconti passivi.
Per quanto riguarda il conto corrente, oltre a quanto già detto, l’utilizzo “teso” ed “eccedente” (sempre al limite); immobilizzo del conto con utilizzo (si parla di rapporto inchiodato); eccesso di movimentazione rispetto al ciclo economico (cioè movimentazione fittizia); difficoltà a fronteggiare il ritorno di insoluti; eccessiva richiesta di foglietti di assegni; concentrazione di Riba a carico di pochi clienti; recesso della garanzia da parte dei fideiussori.
Tutti questi fatti possono essere giustificati adeguatamente ma, a causa della rigidità e “stupidità” del sistema di rating, comportano comunque difficoltà e attenzione da parte degli Organi di Controllo interno.
Ulteriore componente della procedura di assegnazione del rating è la Centrale Rischi di Banca d’Italia.
La Centrale dei Rischi nasceva quale strumento di valutazione interna al Sistema Creditizio con caratteristica di assoluta riservatezza. Le banche segnalavano con cadenza mensile all’archivio di Banca d’Italia le posizioni di ogni singolo cliente con accordato e utilizzo (flusso di andata); dopo alcune settimane le stesse banche ricevevano il flusso di ritorno cioè la stato aggregato di ogni singolo cliente con tutte le banche che lo avevano segnalato. La segnalazione di ritorno era fatta in maniera aggregata e non dettagliata.
Questa enorme mole di dati era riservata alle banche; paradossalmente le informazioni non erano disponibili per il soggetto segnalato (la persona fisica o l’impresa).
Da alcuni anni, finalmente, le segnalazioni sono state rese aperte e disponibili per i soggetti; tramite richiesta alla Banca d’Italia, sia presso gli Sportelli sia a mezzo PEC, è possibile ricevere i prospetti della propria situazione dettagliata di fidi, utilizzi, garanzie, collegamenti a Gruppi, eccetera.
Questo strumento consente un vero e proprio monitoraggio dello “stato di salute creditizio“ ed è pertanto assolutamente necessario che ogni singola impresa (ma anche le singole persone fisiche) si forniscano del documento CR.
Dalla Centrale Rischi possiamo conoscere quali sono le Banche che ci segnalano, con quali fidi, con quali scadenze e durata dei fidi (a breve termine, a revoca, a scadenza), gli utilizzi alla fine del mese, la natura delle operazioni, le eventuali anomalie, la garanzie date alle Banche (fidejussioni, pegni, ipoteche), l’eventuale collegamento con altri nominativi (gruppi, ATI ecc.).
Come si intuisce, si tratta di una massa di informazioni di estremo interesse e utilità per il monitoraggio ed il miglioramento del nostro merito creditizio: la CR ci dice come siamo letti dal sistema creditizio e quindi ci consente di prevenire eventuali discordanze.
I prospetti che rilascia la Banca d’Italia sono accompagnati anche da una guida alla interpretazione ma per i primi mesi è opportuno appoggiarsi a professionisti di gestione del credito, ovvero creare una struttura specifica interna.
Seminari “L’Ora del Credito” Il 31 ottobre scorso ha preso il via il ciclo di incontri “L’Ora del Credito” promosso dal Comitato Piccola Industria di Confindustria Salerno, finalizzato a migliorare le competenze finanziarie e creditizie delle imprese associate. Obiettivo del primo modulo, denominato “L’attività bancaria in pillole“, è stato offrire una prima informativa sugli aspetti “quotidiani” che regolano il rapporto Banca/Impresa. Gli argomenti affrontati sono stati: il ruolo della Banca; i rapporti operativi (conti, forme tecniche e durata dei finanziamenti); spese, commissioni, costi accessori; analisi della contrattualistica (documenti di sintesi, estratti conto); il rating bancario, influenza dell’andamentale, comportamenti e misure di cautela; il Confidi. |