Quando si conclude il rapporto di agenzia spesso si genera un contenzioso tra il preponente e l’agente derivante dalla liquidazione delle provvigioni e dell’indennità
Di recente la Cassazione lavoro con la sentenza n. 19300 del 29 settembre 2015 si è nuovamente pronunciata sul contratto di agenzia regolato dagli artt. 1742 e ss. del codice civile. Il Tribunale di Salerno aveva respinto la domanda di accertamento del recesso del proprio agente in via anticipata rispetto ai sessanta mesi pattuiti presentata da un istituto bancario.
La banca contestava la violazione dell’impegno assunto chiedendo la condanna al pagamento di una somma ingente derivante dal ricalcolo provvigionale a norma del mandato di agenzia e dall’indennità di mancato preavviso. Il giudice di primo grado aveva compensato interamente tra le parti le indennità sostitutive di mancato preavviso, dovute alla banca preponente in virtù della clausola pattizia di divieto di anticipato recesso e all’agente per la ravvisata giusta causa del suo recesso, fondata sul rifiuto immotivato della prima, di conclusione di due ingenti affari con due banche di credito cooperativo, andati a buon fine, con la ricaduta pregiudizievole sull’immagine professionale di quest’ultimo. L’agente aveva proposto una domanda riconvenzionale e la banca era stata condannata al pagamento di una
somma rilevante per indennità di cessazione del rapporto e bonus maturato a norma del mandato.
Il giudice campano aveva escluso l’indennità suppletiva, assorbita dal calcolo più favorevole della prima indennità e ritenuto non provata la domanda risarcitoria per danno all’immagine.
La Corte di Appello aveva poi confermato la sentenza di primo grado. La Corte ribadiva la correttezza dell’impostazione del Tribunale, sia per la ricorrenza di una giusta causa su cui si era basato il recesso dell’agente dal rapporto, sia per la violazione della banca preponente dei doveri di correttezza e buona fede, con la conseguente maturazione del diritto per costui all’indennità di mancato preavviso.
Detta indennità era tuttavia compensabile con quella spettante alla banca in virtù del “patto di stabilità” ravvisabile nella previsione del recesso anticipato a titolo oneroso tra le parti, non integrante clausola
vessatoria.
Veniva escluso il carattere indebito delle somme versate dalla banca a titolo di bonus trimestrale, siccome dovute per l’attività svolta e correttamente calcolate.
Si riteneva corretta la valutazione del primo giudice di spettanza all’agente dell’indennità ex art. 1751 c.c. (in concreto più favorevole dell’indennità suppletiva di clientela prevista dall’A.E.C.) e del bonus
da corrispondere in unica soluzione alla scadenza del diciottesimo mese, confermando il rigetto delle domande risarcitorie dell’agente per danno patrimoniale e non patrimoniale in quanto non dimostrati. La banca ricorreva in Cassazione e l’agente resisteva con un controricorso, contenente ricorso incidentale cui replicava la banca con controricorso.
La Cassazione ha accolto il ricorso dell’istituto bancario. I giudici di legittimità hanno rilevato che l’istituto del recesso per giusta causa, previsto dall’art. 2119, primo comma c.c. in relazione al contratto di lavoro subordinato, è applicabile anche al contratto di agenzia, dovendosi tuttavia tener conto, per la valutazione della gravità della condotta, che in quest’ultimo ambito il rapporto di fiducia, in corrispondenza della maggiore autonomia di gestione dell’attività per luoghi, tempi, modalità e mezzi, in funzione del conseguimento delle finalità aziendali, assume una maggiore intensità rispetto al rapporto di lavoro subordinato. Pertanto, ai fini della legittimità del recesso, è sufficiente un fatto di minore consistenza, secondo una valutazione rimessa al giudice di merito insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente e correttamente motivata (Cass. 26 maggio 2014, n. 11728).
Ricorre l’obbligo della banca preponente nel rapporto di agenzia ex art. 1749 c.c. di agire con correttezza e buona fede nei confronti dell’agente, potendo la violazione di detti obblighi contrattuali configurare, in base alla gravità delle circostanze, una giusta causa di scioglimento del rapporto di agenzia, in applicazione analogica dell’art. 2119 c.c., con il consequenziale diritto dell’agente che recede all’indennità ex art. 1751 c.c. in caso di cessazione del rapporto. Nessun elemento concreto di specifica violazione del suddetto obbligo di correttezza e buona fede era stato dedotto dall’agente al di là dell’affermazione della lesione della sua immagine professionale pure contraddetta dall’accertata consapevolezza degli stessi investitori, nei cui confronti si sarebbe verificata detta lesione, della mancanza di un coinvolgimento dei promotori nel recesso ingiustificato della banca, come dichiarato da una testimonianza assunta.
A differenza del rapporto di lavoro subordinato – assistito da un obbligo datoriale di protezione della professionalità del lavoratore dipendente, la cui tutela è prevalente rispetto alle esigenze organizzative del datore di lavoro – sul preponente non grava un obbligo analogo di ‘‘tutela” degli interessi del procacciatoreagente attraverso la imposizione di regole di conservazione dei contratti procurati a garanzia dell’interesse (e dell’immagine) di colui che abbia concorso a procurarli. I motivi del controricorso dell’agente sono stati ritenuti infondati.
Va esclusa, secondo la Corte, la natura vessatoria della clausola di stabilità quinquennale, non rientrando in alcuna delle ipotesi previste dall’art. 1341, secondo comma c.c.: non può riferirsi alle restrizioni alla libertà contrattuale nei confronti dei terzi, per la previsione di un periodo di dodici mesi di preavviso ai soli fini della possibilità per la preponente di riliquidazione delle provvigioni in ragione del recesso anticipato dell’agente rispetto al patto di stabilità, così da computarle su quanto effettivamente spettante sulla base del trattamento economico scelto dall’agente ovvero l’erogazione provvigionale anticipata condizionata al raggiungimento degli obiettivi concordati.
Neppure ricorre un’ipotesi di nullità per difetto di causa, pienamente integrata dalla corrispettività delle prestazioni rese dall’agente in correlata ragione del trattamento economico liberamente convenuto. La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio alla Corte d’appello di Salerno in diversa composizione, sulla base del principio di diritto di seguito riportato.
«Nel rapporto di agenzia il preponente ha l’obbligo, ai sensi dell’art. 1749 c.c., di agire con correttezza e buona fede nei confronti dell’agente, potendo la violazione di detti obblighi contrattuali configurare, in base alla gravità delle circostanze, giusta causa di scioglimento dello stesso rapporto di agenzia, in applicazione analogica dell‘art. 2119 c.c, con il consequenziale diritto dell’agente recedente all’indennità prevista dall’art. 1751 c.c. in caso di cessazione del rapporto, alla condizione della specifica allegazione e deduzione di una concreta violazione di tale obbligo, senza tuttavia che sul preponente gravi un obbligo di tutela degli interessi dell’agente attraverso l’imposizione di regole di conservazione dei contratti procurati a garanzia dell’interesse (e dell’immagine) di colui che abbia concorso a procurarli; non sussistendo, a differenza che nel rapporto di lavoro subordinato, un suo obbligo, analogo a quello del datore di lavoro, di protezione della professionalità dei lavoratore dipendente».