Anche Confindustria suggerisce l’inserimento consapevole di una clausola di mediazione in quei contratti nei quali il legislatore obbliga le parti al tentativo di mediazione. Là dove questa obbligatorietà non è prevista, sarà invece raccomandabile considerare tale opportunità, in quanto potrà rafforzare sin dalla fase costitutiva del rapporto, e con effetti duraturi, la reciproca fiducia tra le parti, accompagnandole nella eventuale fase critica dello stesso
Il rinnovato interesse suscitato dalla riforma entrata in vigore il 21 settembre 2013 che ha modificato la normativa in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione, quale strumento pacifico per la risoluzione delle controversie civili e commerciali, ha riacceso l’attenzione dell’opinione pubblica e degli operatori sulle opportunità derivanti dall’utilizzo di metodi alternativi per la risoluzione delle liti.
La giustizia civile vive una profonda crisi di sistema e sicuramente la mediazione non potrà risultare determinante (soprattutto) nel deflazionare l’imponente carico arretrato; tuttavia è indispensabile che sull’onda della novità legislativa prendano l’avvio percorsi virtuosi affinché l’autonomia privata possa riappropriarsi di spazi utili alla soluzione negoziale delle controversie. Nuovi strumenti per un diverso approccio culturale al conflitto che abbandoni l’idea di una giurisdizione onnivora, ormai per lo più lenta e perciò stesso “debole” e inefficace.
In questa logica, con un convegno del 12 settembre 2013, Confindustria è ritornata sui temi della giustizia efficiente e della stretta correlazione della stessa con il sistema economico e ciò al fine di riaprire la riflessione sulla mediazione (ora rinnovata), superando la sterile contrapposizione determinatasi tra fautori e oppositori della mediazione obbligatoria ex lege.
Invero, proprio questa contrapposizione ha lasciato sovente sullo sfondo non soltanto le potenzialità della mediazione (potendosi considerare la prevista obbligatorietà quale vera e propria opportunità forzosa), quanto le ulteriori opzioni offerte dalla normativa, in particolare per la contrattualistica delle imprese. Infatti, già dal 2010 è stata prevista espressamente per le parti la possibilità di inserire la “clausola di mediazione” nei contratti e negli statuti o atti costitutivi di enti (società, fondazioni, associazioni, etc.). Ciò significa che, a prescindere dalle materie per le quali è prevista l’obbligatorietà ex lege, le parti possono rendere obbligatorio ex contractu il tentativo di mediazione – con gli effetti della improcedibilità della domanda giudiziale – inserendo un’apposita pattuizione.
Al riguardo occorre precisare che sarà fondamentale che la clausola sia formulata correttamente e non lasci dubbi circa l’intento delle parti perché si svolga preventivamente il procedimento di mediazione. Peraltro, non appare irrilevante segnalare che la scelta preventiva (che potrebbe ovviamente essere adottata in qualsiasi materia) contribuirà non soltanto a connotare una relazione fondata sul fair-play negoziale, ma consentirà alle parti di individuare preventivamente l’organismo di mediazione al quale affidare il procedimento fissandone altresì la sede (anche in deroga espressa ai criteri di territorialità fissati dal legislatore).
Una selezione preventiva dell’organismo permetterà dunque di scegliere con accuratezza lo stesso valutandone la serietà, l’esperienza, la specializzazione, i costi, le regole, i mediatori. Pertanto, anche nelle materie oggetto di obbligatorietà legale sarà utile inserire la clausola in maniera tale da evitare che nel momento dell’eventuale lite possa essere soltanto una delle parti ad individuare l’organismo, fissando così – seppure indirettamente – anche le regole del procedimento.
L’architettura normativa del D.lgs. 28/2010 poi delinea una struttura di base nella quale gli organismi preposti hanno adottato regole procedurali e organizzative differenti che non sempre possono risultare le più adatte alla definizione degli specifici interessi delle parti in contesa. Resta in facoltà delle parti (o, comunque, della parte più diligente), la scelta, nella molteplicità dell’offerta tra enti pubblici e privati che si è delineata, di quello che ritengono meglio possa rispondere alle singolari esigenze della eventuale futura controversia.
Risulta quindi utile, e per ciò stesso consigliabile, l’inserimento consapevole di una clausola di mediazione anche in quei contratti nei quali il legislatore obbliga le parti al tentativo di mediazione. Là dove questa obbligatorietà non è prevista, sarà invece raccomandabile considerare tale opportunità, in quanto potrà rafforzare sin dalla fase costitutiva del rapporto, e con effetti duraturi, la reciproca fiducia tra le parti, accompagnandole nella eventuale fase critica dello stesso. In tal modo si sceglierà in maniera preventiva e consapevole come affrontare una pur possibile lite optando per una modalità consensuale, valutando anche la possibilità di indicare l’organismo (o una pluralità di organismi tra i quali possa scegliere la parte istante) e suo tramite anche le regole che disciplineranno il procedimento.
In questa direzione si muove Confindustria che, nel convegno menzionato, ha presentato una bozza delle clausole-tipo sulle quali è stata avviata la consultazione. Una scelta che chiaramente segnala alle imprese l’opportunità di valutare la mediazione quale strumento utile a risolvere le controversie con altre imprese e con i consumatori.
Nondimeno, in una logica nella quale si affinano sempre più gli strumenti alternativi e si ampliano in fase preventiva le occasioni per le parti di disciplinare le procedure che intenderanno utilizzare all’insorgere della eventuale lite, potranno valutarsi, soprattutto per i rapporti tra imprese le cosiddette clausole multi-step, cioè quelle mediante le quali si prevede per gradi l’accesso a forme alternative di risoluzione delle controversie.
L’esempio principale e che bene si presta ad integrare forme facilitative con forme aggiudicative è la clausola cosiddetta “med-arb”. Si tratta della clausola con la quale le parti affidano la soluzione della controversia ad un procedimento di mediazione; l’eventuale esito negativo dello stesso attiva automaticamente l’accesso alla procedura arbitrale (non necessariamente dinanzi allo stesso ente) preferibilmente di tipo amministrato che ne garantisce l’organizzazione, consentendo anche costi predeterminati e accessibili.
Una sfida per le imprese e i loro consulenti a ricercare sin dalla fase costitutiva del rapporto, anche di tipo societario, forme e soluzioni idonee nella prospettiva di una gestione rapida, economica ed efficace del contenzioso insito nell’attività d’impresa: se il conflitto è inevitabile, resta la scelta degli strumenti da adottare per valorizzare le opportunità offerte da una gestione consensuale e propositiva dello stesso e che trova stimoli nella nuova normativa sulla mediazione finalizzata alla conciliazione delle liti in materia civile e commerciale.