La gestione del rischio elettrico nelle strutture ospedaliere

La valutazione dei possibili rischi deve considerare le caratteristiche specifiche dell’impianto, tutte le condizioni di esercizio prevedibili e gli eventuali altri pericoli presenti nell’ambiente in cui l’impianto è sito. Lo scopo è quello di identificare le sorgenti di danno, prevedere le situazioni pericolose, valutare la probabilità di accadimento dei diversi eventi, in modo da stimarne la gravità e determinarne le eventuali protezioni o l’accettabilità

Ad oggi non sono univocamente adottati metodi e strumenti utili ad una valutazione quantitativa del rischio elettrico nelle strutture ospedaliere.
Essendo queste ultime luoghi di lavoro, l’onere di ottemperare alla valutazione e gestione del rischio elettrico ricade sul datore di lavoro, il quale utilizzando le indicazioni reperibili nella normativa tecnica di settore e nei documenti redatti dal progettista e dall’impresa installatrice, predispone le misure necessarie al contenimento del rischio entro limiti tollerabili.

Secondo l’art.6 del DM 37/08, gli impianti elettrici devono essere realizzati e installati secondo la regola dell’arte. La conformità alle norme è garanzia del rispetto di tale regola. Secondo l’art.8 dello stesso decreto, il proprietario dell’impianto deve adottare le misure necessarie per conservarne le caratteristiche di sicurezza previste dalla normativa vigente.

Alla base della regola dell’arte vi è il principio secondo cui l’impianto non deve comportare rischi per gli utilizzatori quando correttamente utilizzato secondo le condizioni previste dal progettista.
Nei luoghi di lavoro la salvaguardia dai rischi di origine elettrica è uno degli obblighi del datore di lavoro (art. 80 del Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro, D. Lgs. 81/2008 e s.m.i.).
La valutazione dei possibili rischi deve considerare le caratteristiche specifiche dell’impianto, tutte le condizioni di esercizio prevedibili e gli eventuali altri rischi presenti nell’ambiente in cui l’impianto è sito. Lo scopo è quello di identificare le sorgenti di danno, prevedere le situazioni pericolose, valutare la probabilità di accadimento dei diversi eventi, in modo da stimarne la gravità e determinarne le eventuali protezioni o l’accettabilità.

È evidente che le fasi più importanti, come anche le più difficili per lo svolgimento del processo, sono quelle dell’identificazione dei pericoli, della stima delle probabilità di occorrenza e delle entità delle conseguenze. Quando il rischio residuo è accettabile il processo ha termine.

In realtà, mentre è quasi sempre possibile riuscire ad ottenere un’identificazione soddisfacente dei pericoli, molto spesso la parte di stima delle probabilità di occorrenza e delle entità delle conseguenze è incompleta o qualitativa, a causa della mancanza delle informazioni.

I pericoli da considerare sono i seguenti: contatto diretto, contatto indiretto, scarsa qualità dell’alimentazione, innesco e propagazione di incendi, innesco di esplosioni, fulminazione diretta ed indiretta, sovratensioni. Tale elenco è mutuato da un analogo elenco contenuto nell’art. 80 del D.Lgs. 81/2008, con l’aggiunta del pericolo dovuto alla qualità dell’alimentazione.
Infatti, in un ambiente ospedaliero si hanno dispositivi medici e, se questi non funzionano correttamente, una terapia potrebbe essere somministrata in maniera incompleta o potrebbe non essere somministrata affatto, oppure i risultati di un esame diagnostico potrebbero risultare affetti da errori.

A seconda del tipo di evento avverso considerato, la sua probabilità di accadimento in un ambiente ospedaliero può dipendere da diversi fattori. I principali sono: la destinazione d’uso del locale in cui è sito l’impianto, l’obsolescenza dell’impianto, lo stress di esercizio dell’impianto, il livello di manutenzione dell’impianto, la tipologia di persone che possono interagire con l’impianto.

La destinazione d’uso del locale in cui è sito l’impianto può essere fatta tenendo conto che in una struttura ospedaliera si individuano tre tipi di locali ed in particolare: i locali ordinari, quelli tecnici e quelli ad uso medico. A loro volta i locali ad uso medico sono suddivisibili in tre gruppi diversi (gruppo 0, gruppo 1 e gruppo 2, secondo la sez. 710 della norma CEI 64-8).

Possono essere considerate almeno quattro tipologie di persone che, a vario titolo e per qualsiasi motivo, accedono al locale considerato e possono interagire quindi con l’impianto:
    manutentori (PES – persone esperte secondo la CEI 11-48)
    personale della struttura ospedaliera;
    visitatori;
    pazienti.

 

L’obsolescenza dell’impianto è un fattore in grado di influenzare la probabilità di danno; essa infatti influisce sia sullo stato dell’arte (cambia il modo di realizzare l’impianto o i suoi componenti) che sul deterioramento dei componenti.

Un altro fattore in grado di influenzare la probabilità di danno è il cosiddetto stress di esercizio dell’impianto, di una sua parte o di un semplice componente del sistema. In genere quando si procede al dimensionamento di un impianto, si ha un margine di sicurezza (sia per scelta progettuale (tolleranza) che a causa di motivi legati alle serie commerciali disponibili dei componenti), spesso, però, per diversi motivi, quali ad esempio le cresciute esigenze nel tempo di potenza (aggiunta di prese, quadri, etc.), o perché non sempre l’impianto è utilizzato secondo quanto previsto da progetto, il sistema si trova a dover lavorare con valori di potenza al di sopra dei valori di progetto (quantunque al di sotto dei valori nominali, pena intervento dei dispositivi di protezione). Questa modalità di esercizio determina un invecchiamento precoce (essenzialmente termico), che accresce la probabilità che, in caso di un evento avverso, si possa poi produrre effettivamente un danno.

Infine, tra i parametri in grado di influenzare la probabilità di danno vi è il livello di manutenzione dell’impianto. Il Testo Unico per la sicurezza del lavoro, D.Lgs. 81/2008 e successive modifiche, prevede all’art. 86, comma 1, ferme restando le disposizioni del D.P.R. 462/2001 in materia di verifiche periodiche, che il datore di lavoro debba provvedere affinché gli impianti elettrici e gli impianti di protezione dai fulmini siano periodicamente sottoposti a controllo secondo le indicazioni delle norme di buona tecnica e la normativa vigente, per verificarne lo stato di conservazione e di efficienza ai fini della sicurezza. L’esito dei controlli deve essere verbalizzato e tenuto a disposizione dell’autorità di vigilanza.

Per le modalità e i criteri per l’effettuazione delle verifiche e dei controlli si può fare riferimento alle norme di buona tecnica. In particolare la CEI 64-8/62.2.1 prevede che l’intervallo tra due verifiche possa essere di alcuni anni, con frequenza maggiorata per gli impianti dove il rischio è maggiore. Gli impianti di una struttura ospedaliera sono di sicuro impianti dove il rischio è maggiore e, pertanto, devono essere sottoposti a verifica con frequenza maggiore (due anni).

La CEI 64-8/710.62 prevede per le verifiche nei locali ad uso medico le seguenti periodicità:
•    prova funzionale dei dispositivi di controllo dell’isolamento: sei mesi;
•    controllo, mediante esame a vista, delle tarature dei dispositivi di protezione regolabili: un anno;
•    misura della resistenza del collegamento equipot. supplementare: due anni (locali gruppo 2);
•    verifica collegamento equipot. supplementare (continuità elettrica): due anni (locali gruppo 1);
•    prova funzionale dell’alimentazione dei servizi di sicurezza con motori a combustione:
d.1)    prova a vuoto: un mese;
d.2)    prova sotto carico per almeno 30 min: quattro mesi;
•    prova funzionale dell’alimentazione dei servizi di sicurezza a batteria secondo le istruzioni del costruttore: sei mesi;
•    prova dell’intervento degli interruttori differenziali: un anno.

La CEI 64-8/62.1.2 prevede anche le seguenti altre prove:
•    prova della resistenza di isolamento;
•    prova della continuità del conduttore di protezione;
•    verifica del soddisfacimento delle prescrizioni per la protezione contro i contatti indiretti.