L’obiettivo è di ridurre la durata dei processi civili del 40% sino ad arrivare a “quota mille”, cioè cause lunghe in media mille giorni
Occorre «il coraggio delle visioni» aveva affermato Mario Draghi al Senato riunito per votare la fiducia al nuovo Governo che si accingeva a lavorare per la «nuova ricostruzione». E la Ministra Marta Cartabia, nel tracciare le linee programmatiche della necessaria riforma della giustizia civile, aveva assegnato centralità alla mediazione e agli altri sistemi di risoluzione delle controversie diversi dal processo valorizzandone i loro effetti virtuosi non solo per l’alleggerimento del carico giudiziario, ma in una prospettiva di «complementarità» e, quindi, di coesistenza più che di alternatività.
Lungo queste direttrici con 201 voti favorevoli e 30 contrari, il 21 settembre 2021, il Senato – nel rinnovare la fiducia al Governo – ha approvato l’emendamento interamente sostitutivo del ddl n. 1662 (Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie), con l’obiettivo di ridurre la durata dei processi concordata in sede europea, entro i 5 anni del PNRR (riduzione della durata del 40% sino ad arrivare a “quota mille”, cioè ad una durata media dei processi di mille giorni).
Si avvia così – con il passaggio all’esame della Camera – il percorso che condurrà (l’approvazione finale è prevista entro la fine dell’anno) alla seconda riforma della mediazione civile e commerciale. Il testo vigente del decreto legislativo n. 28/2010 che attualmente disciplina la materia – già riformato dal decreto legge n. 69/2013 – sarà oggetto così di una profonda revisione da parte del Governo una volta che la legge delega sarà definitivamente approvata dal Parlamento.
Alla prima lettura del testo votato in aula, suscita sicuro interesse l’estensione della condizione di procedibilità ad altri ambiti di controversie (in particolare, in materia di contratti di associazione in partecipazione, di consorzio, di franchising, di opera, di rete, di somministrazione, di società di persone e di sub fornitura), ma un particolare rilievo assumono per i professionisti le disposizioni che mirano a risolvere le diverse criticità processuali emerse nel corso del primo decennio.
I dubbi interpretativi e i contrasti giurisprudenziali che ne sono scaturiti (e che in questi anni hanno in qualche modo minato la effettività e le potenzialità della mediazione) sono destinati a trovare nelle norme della riforma in itinere una definitiva composizione.
Appare dunque di interesse riepilogare i punti nevralgici della normativa vigente che saranno oggetto di modifica:
- a) il legislatore delegato dovrà individuare, in caso di mediazione obbligatoria nei procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo, la parte che deve presentare la domanda di mediazione, nonché definire il regime del decreto ingiuntivo laddove la parte obbligata non abbia soddisfatto la condizione di procedibilità; la questione è stata già decisa di recente dalle Sezioni Unite della Cassazione che con la sentenza n. 19596/2020 hanno ritenuto che l’onere di promuovere la procedura di mediazione debba gravare sulla parte opposta, con la conseguenza che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità dell’opposizione conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo; è ragionevole ritenere che il principio possa essere recepito in sede di attuazione del principio di delega definendo così la complessa e delicata querelle interpretativa;
- b) il Governo dovrà poi riordinare le disposizioni concernenti lo svolgimento della procedura di mediazione nel senso di favorire la partecipazione personale delle parti, nonché l’effettivo confronto sulle questioni controverse, regolando le conseguenze della mancata partecipazione; la norma se da un canto conferma l’interpretazione già adottata dalla Cassazione con la sentenza n. 8473/2019 quanto alla partecipazione personale delle parti, dall’altro mira a riempire quel vuoto legislativo rilevato dalla medesima pronuncia al fine di affermare l’effettività dell’incontro di mediazione (nel solco dell’orientamento interpretativo avviato dal Tribunale di Firenze nel marzo del 2014);
- c) il Governo dovrà anche prevedere la possibilità per le parti del procedimento di mediazione di delegare, in presenza di giustificati motivi, un proprio rappresentante a conoscenza dei fatti e munito dei poteri necessari per la soluzione della controversia e prevedere che le persone giuridiche e gli enti partecipino al procedimento di mediazione avvalendosi di rappresentanti o delegati a conoscenza dei fatti e muniti dei poteri necessari per la soluzione della controversia; anche questa disposizione si pone l’obiettivo di risolvere talune complesse questioni circa la partecipazione personale alla mediazione regolamentando e limitando la rappresentanza nel procedimento mediativo;
- d) nella riforma si dovrà prevedere per i rappresentanti delle amministrazioni pubbliche che la conciliazione nel procedimento di mediazione, ovvero in sede giudiziale, non dia luogo a responsabilità contabile, salvo il caso in cui sussista il dolo o colpa grave, consistente nella negligenza inescusabile derivante dalla grave violazione della legge o dal travisamento dei fatti; si tratta di una norma che mira evidentemente ad agevolare la partecipazione dei funzionari pubblici sempre al fine di valorizzare le opportunità offerte dal confronto in sede conciliativa;
- e) il legislatore poi dovrà prevedere che l’amministratore del condominio sia legittimato ad attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi e prevedere che l’accordo di conciliazione riportato nel verbale o la proposta del mediatore siano sottoposti all’approvazione dell’assemblea condominiale che delibera con le maggioranze previste dall’articolo 1136 del codice civile e che, in caso di mancata approvazione, la conciliazione si intenda non conclusa o la proposta del mediatore non approvata; la nuova norma mira ad alleggerire i limiti posti all’amministratore dal vigente articolo 71-quater disp. att. cod. civ. (peraltro rigorosamente interpretata e applicata dalla Cassazione con l’ordinanza n. 10846/2020) al fine di agevolare la mediazione delle controversie delle liti condominiali;
- f) il Governo dovrà prevedere, quando il mediatore si avvalga di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali, la possibilità per le parti di stabilire, al momento della nomina dell’esperto, che la sua relazione possa essere prodotta in giudizio e liberamente valutata dal giudice; la disposizione viene introdotta allo scopo di sollecitare e semplificare l’utilizzo delle risultanze delle attività peritali svolte nel corso della mediazione in quelle liti ove l’attività tecnica è di ausilio per la composizione della lite.
- p) infine, si dovrà prevedere che le procedure di mediazione (e di negoziazione assistita) possano essere svolte, su accordo delle parti, con modalità telematiche e che gli incontri possano svolgersi con collegamenti da remoto; l’esperienza maturata nel periodo dell’emergenza pandemica suggerisce di valorizzare le opportunità derivanti dall’impiego dei sistemi di comunicazione a distanza la cui disciplina necessita di un ripensamento.
L’attuazione dei principi brevemente esaminati concorrerà di certo a rendere più efficace la mediazione senza dimenticare che la riforma si muove in una prospettiva di più ampio respiro che punta a consolidare e a rafforzarne le fondamenta quale strumento complementare della giustizia civile.
L’estensione degli incentivi e delle agevolazioni fiscali, oltre che del patrocinio a spese dello Stato, la valorizzazione della mediazione demandata dal giudice e la revisione della disciplina sulla formazione con il potenziamento dei requisiti degli organismi di mediazione, consentiranno infatti di porre le basi per un sistema evoluto di giustizia sostenibile la cui attuazione costituirà per il Governo un ulteriore e delicato banco di prova.