Con alcuni emendamenti previsti dal Decreto del Fare, l’istituto entra in una fase sperimentale di 3 anni, al termine dei quali verranno esaminati risultati e possibilità di prosecuzione.
É una storia infinita quella della mediazione civile e commerciale che aiuta anche a capire perché secondo il rapporto Doing Business 2013 della Banca Mondiale, «’Italia è al 73° posto su 185 Paesi nella classifica riguardante la facilità di fare impresa. Tra i Paesi dell’Area Euro, solo Grecia e Malta occupano una posizione peggiore».
L’indicatore Easy of Doing Business è la sintesi di dieci variabili che insieme determinano la facilità di fare impresa in un sistema economico. Una delle dieci variabili è la gestione delle controversie commerciali che per l’Italia contribuisce in maniera significativa a far precipitare il Paese nei posti bassi della classifica.
Dal 2010 in Italia si sta cercando di introdurre in maniera organica un sistema di giustizia alternativa che ha le sue radici in oltre 20 anni di attività di risoluzione extragiudiziale delle controversie di consumo da parte di diversi attori (associazioni di consumatori, camere di commercio) ma non c’è niente da fare! Non riusciamo proprio ad immaginare una giustizia civile efficiente, come se il fatto che all’improvviso i tribunali civili inizino a funzionare ci facesse sentire persi. Sembra quasi una specie di Made in Italy al quale proprio non riusciamo a rinunciare.
Eppure si può. Peraltro lo richiede con insistenza l’Europa con una martellante iniziativa legislativa in particolare in tema di controversie di consumo. Entro il 2015 dovremo recepire una nuova direttiva europea in materia di ADR di consumo, sarà di nuovo battaglia?
La mediazione, allo stato attuale e dopo la protesta/sciopero degli avvocati, diventa nei fatti una sperimentazione essendo stata prevista l’obbligatorietà per quattro anni, che potrebbero anche essere di meno in caso di monitoraggio negativo dell’istituto svolto dal Ministero della Giustizia.
Un altro dei “risultati” ottenuti dalle ultime modifiche apportate è l’obbligatorietà della presenza dell’avvocato in mediazione nei casi di prevista obbligatorietà della stessa.
La previsione dell’obbligatorietà dell’assistenza tecnica degli avvocati in sedi stragiudiziali era stata segnalata con preoccupazione dall’Antitrust al Governo già nel settembre 2009, in ragione “dell’incidenza significativa sui costi delle procedure amministrative, conciliative e stragiudiziali, con ripercussioni negative sui cittadini e sulle imprese”.
Nel mondo reale, quello dove vivono i consumatori, alcuni problemi si risolvono brillantemente anche senza l’assistenza di un avvocato. Basti pensare alle conciliazioni paritetiche, all’Arbitro Bancario e Finanziario, al sistema di conciliazione delle Camere di Commercio, al tentativo obbligatorio di conciliazione presso i Corecom nel settore delle telecomunicazioni o al ricorso al Servizio di conciliazione nel settore dell’energia dell’Autorità dell’energia elettrica e del gas.
Impossibile ad oggi non trarre da questa vicenda l’amara constatazione di un Paese che, investito da una crisi economica pazzesca, riesce a partorire mezze soluzioni e compromessi anacronistici. La politica del rinvio (vedi Imu e IVA) e delle ritirate strategiche (vedi mediazione) è davvero l’emblema dell’incertezza e del tergiversare che danneggiano l’economia e la certezza dei diritti più di ogni altra cosa.