Clienti e avvocati verso “un altro modo” di risolvere le liti civili
Il 15 giugno 2017 il Senato della Repubblica ha approvato in via definitiva la legge di conversione del decreto-legge 24 aprile 2017 n. 50 in materia finanziaria (c.d. Manovrina) che contiene la modifica al d.lgs. 28/2010, finalizzata alla stabilizzazione della mediazione obbligatoria.
Termina dunque la fase di sperimentazione della mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale prevista nel 2013 (e in scadenza per il 21 settembre 2017) per le controversie in talune materie del diritto civile e commerciale (e in particolare: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari).
Peraltro, anche esaminando i più recenti dati statistici pubblicati dal Ministero della Giustizia (relativi al I trimestre 2017) si conferma un trend assolutamente positivo in quanto il “tasso di successo” delle mediazioni che si svolgono effettivamente (e cioè nei casi in cui le parti superano la fase la mera fase informativa del primo incontro e restano al tavolo negoziale) è pari al 42,2%.
E nel mentre si profilava all’orizzonte la stabilizzazione della mediazione obbligatoria, ritornava alla mente la ancora recente svolta dell’avvocatura, consacrata nella votazione di due mozioni politiche nell’ultimo congresso forense di Rimini con le quali si è deliberato di «mantenere l’istituto della mediazione, correggendone i limiti e le problematiche sinora riscontrate nella sua applicazione», esplicitando anche a livello normativo «il dovere di comparizione personale delle parti» e, quindi, una «revisione del modello di mediazione nell’ottica di favorire e rafforzare lo svolgimento effettivo della stessa, con una costante valorizzazione del ruolo dell’avvocato».
Un nuovo inizio dunque per un nuovo rapporto tra l’avvocatura e la mediazione e tutti gli strumenti di ADR (Alternative Dispute Resolution) non quale fuga dal processo civile, rispetto al quale è necessario lavorare perché possa essere in grado di dare risposte efficaci, e nemmeno quale mera alternativa, ma nell’ambito di un diverso modo di intendere i sistemi di dispute resolution come complementari e integrati, autonomi ma che dialogano per consentire di offrire soluzioni adeguate alle controversie civili. L’avvocatura italiana, dunque, non soltanto non si oppone più alla mediazione obbligatoria, ma ha aperto in maniera convinta alla mediazione e ai procedimenti ADR, rivendicando quel ruolo da protagonista in una prospettiva profondamente rinnovata.
L’avvocato diviene quindi il vero motore propulsore di questo più ampio e articolato sistema della giustizia civile, i cui contorni sono tuttora in fase di realizzazione e, all’interno del quale, la mediazione costituisce sicuramente un modo che tecnicamente e culturalmente si distingue dal più consolidato approccio avversariale e contenzioso adottato nel processo civile.
E se le pretese giuridiche e le stesse situazioni sostanziali protette sono sempre strumentali alla soddisfazione di bisogni e interessi, occorre ora rimarcare che questi ultimi possono ben essere perseguiti, sia attraverso la tutela (giurisdizionale) dei diritti, sia attraverso altri strumenti di natura negoziale volti a comporre la lite con la ricerca di una soluzione adeguata, più che dirimerla con una decisione eteronoma imposta.
In questa prospettiva, l’avvocato è chiamato a valutare – sin dalla fase dell’incontro con l’assistito e in sede di analisi della controversia – ogni possibile percorso di risoluzione del conflitto e ciò trova riscontro anche in precisi obblighi legali e deontologici secondo i quali, all’atto del conferimento dell’incarico, è tenuto a informare la parte assistita chiaramente e per iscritto della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione previsto dalla legge, oltre che dei percorsi alternativi al contenzioso giudiziario, pure previsti dalla legge.
La pratica dei primi quattro anni di sperimentazione della mediazione obbligatoria ha evidenziato come il ruolo attivo e propositivo dell’avvocato che assiste la parte in mediazione, soprattutto qualora sia formato alle tecniche di negoziazione e di mediazione, sia coessenziale al corretto e proficuo svolgimento della procedura.
La partecipazione del legale che assiste il cliente in mediazione, e a prescindere dall’obbligo previsto dalla legge circa la sua presenza, diviene un valore aggiunto destinato a rendere effettiva la mediazione considerato che proprio in questi casi diviene davvero concreta la possibilità di un accordo che possa essere non solo soddisfacente, ma anche valido e redatto in maniera tale da poter essere reso esecutivo con la dichiarazione di conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico resa dagli avvocati delle parti.
Ma l’avvocato assume un ruolo cardine sin dalla scelta dell’organismo cui rivolgersi attraverso l’analisi di dati, di esperienze e dei regolamenti e codici etici, anche con la valutazione della proposizione di domande congiunte delle parti contenente anche l’indicazione di un mediatore che meglio possa soddisfare le esigenze di tutti.
E dopo la fase introduttiva con l’analisi della lite che deve avere ad oggetto non soltanto i profili strettamente giuridici, ma deve scavare nei fatti e negli interessi delle parti preparando una adeguata strategia negoziale, gli avvocati delle parti presenti in mediazione divengono i principali “alleati” del mediatore cooperando per il raggiungimento della migliore soluzione possibile al raggiungimento dei rispettivi interessi. La capacità di gestire la negoziazione nella consapevolezza degli interessi che si agitano al tavolo condotto dal mediatore, oltre che la profonda conoscenza del quadro giuridico di riferimento e delle relative problematiche sostanziali e processuali, costituiscono la vera chiave del successo per la soluzione conciliativa.
Si è aperta dunque una nuova epoca nella quale la sfida per il rinnovamento della professione forense è lanciata. L’avvocato in tal senso può ambire a divenire il cardine della rinascita di un sistema sostenibile della giustizia civile e, per ciò stesso, adeguato, efficace ed efficiente.
La riforma del processo civile e dei sistemi di ADR, ma anche le buone prassi da avviare e consolidare presso gli uffici giudiziari, costituiscono il banco di prova della svolta partita dal Congresso di Rimini e che passa attraverso la stabilizzazione della mediazione obbligatoria, da intendersi quale opportunità e non quale vincolo dell’attività professionale.