La nuova mediazione civile: sempre più vicina la giustizia consensuale

Rimarcata l’importanza della partecipazione personale delle parti, indispensabile per realizzare un effettivo confronto sulle questioni controverse

 

Con l’approdo in Parlamento il 3 agosto scorso dello schema del decreto legislativo di riforma della giustizia civile, il Governo ha avviato la fase conclusiva dell’iter che prevede che sia espresso il parere delle Commissioni competenti prima che si possa procedere all’approvazione finale.

L’ampio testo adottato dall’Esecutivo sulla base delle proposte formulate dai Gruppi di lavoro istituiti dal Ministro della Giustizia è destinato ad incidere profondamente non soltanto sul processo civile, ma anche sulle procedure complementari di giustizia e, in particolare, sulla mediazione.

I numerosi principi e criteri direttivi fissati dalla legge delega n. 206 del 2021 per la riforma della mediazione nel delineare un articolato progetto di revisione rendevano già evidente il notevole impatto che le norme attuative avrebbero potuto avere nella prospettiva di razionalizzare e rendere efficiente il modello vigente (adottato nel 2010 e poi radicalmente modificato nel 2013).

Già da una prima lettura del testo traspare la scelta del legislatore delegato di dare piena attuazione ai principi dettati dal delegante con il rigoroso rispetto dei relativi limiti e prestando poi una particolare cura al drafting. Emerge con evidenza, infatti, l’esigenza di rendere chiara e coerente la disciplina da riformare tanto da condurre il redattore in alcuni casi a utilizzare una tecnica chirurgica mininvasiva e, in altri, a procedere nella riscrittura integrale di alcuni articoli anche al fine di riorganizzarne la collocazione sistematica alla luce degli studi e delle esperienze maturate soprattutto nell’ultimo decennio.

E così poi, da una lettura più attenta del nuovo articolato, si può cogliere il fil rouge tracciato dal legislatore delegante che ha chiesto al Governo di «riordinare le disposizioni concernenti lo svolgimento della procedura di mediazione nel senso di favorire la partecipazione personale delle parti, nonché l’effettivo confronto sulle questioni controverse, regolando le conseguenze della mancata partecipazione».

Un principio cardine che consente di centrare l’intera disciplina sulla partecipazione personale delle parti assistite dai rispettivi avvocati: la mediazione può divenire uno strumento di giustizia sempre più efficace se (e soltanto se) i protagonisti del conflitto siedono al tavolo negoziale e cooperano in buona fede e lealmente al fine di realizzare un effettivo confronto sulle questioni controverse.

Sul punto è noto che anche la Cassazione aveva segnalato l’importanza della partecipazione personale (sentenza n. 8473 del 2019) traendo dalla legislazione vigente un principio fondante della procedura, pur ritenendo che non vi fossero limiti al potere di rappresentanza. In questa direzione, vengono previsti limiti alla possibilità di delegare che sarà consentita soltanto per “giustificati motivi”, precisando altresì che in tal caso la procura potrà essere conferita solo ai rappresentanti che siano a conoscenza dei fatti e muniti dei poteri necessari per la composizione della controversia (principio che viene ribadito anche per i soggetti diversi dalle persone fisiche).

Quanto alle conseguenze derivanti dalla mancata partecipazione (personale) alla mediazione viene ribadita l’improcedibilità della domanda giudiziale con riguardo alla parte che ha interesse ad avviare l’azione giudiziaria, sia nei casi in cui la mediazione preventiva è obbligatoria ex lege (e il novero delle materie viene esteso ad altri àmbiti) ovvero quando è disposta dal giudice nel corso del processo (ma anche quando la mediazione è stata prevista da una clausola contenuta in un contratto o in uno statuto o atto costitutivo). Viene poi raddoppiata la sanzione pecuniaria da versare in favore dell’Erario per l’ingiustificata assenza in mediazione della parte invitata, con la trasmissione della sentenza all’autorità di vigilanza (per i soggetti vigilati) e al pubblico ministero presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti (per le pa). Introdotta anche una sanzione pecuniaria che il giudice potrà disporre su richiesta e in favore della controparte, in misura non superiore nel massimo alle spese del giudizio maturate dopo la conclusione del procedimento di mediazione.

Un’ampia parte della riforma nel solco della legge delega mira poi a incentivare e rendere più agevole la partecipazione alla procedura con l’obiettivo di rafforzarne l’efficacia.

In primo luogo, viene introdotto il patrocinio a spese dello Stato in favore della parte non abbiente per l’assistenza dell’avvocato quando la mediazione è obbligatoria ex lege o demandata dal giudice, se è raggiunto l’accordo di conciliazione. Si risolve così la querelle giurisprudenziale culminata nella declaratoria di incostituzionalità delle norme che non consentivano tale riconoscimento (Corte cost., sentenza n. 10 del 2022).

Inoltre, viene aumentato ed esteso il beneficio del credito d’imposta. Viene infatti previsto, quando è raggiunto l’accordo di conciliazione, un credito d’imposta commisurato all’indennità corrisposta all’organismo (max euro 600). Alle parti è altresì riconosciuto un ulteriore credito d’imposta pari al compenso corrisposto all’avvocato per l’assistenza, nei limiti previsti dai parametri forensi e fino a concorrenza di euro 600. Questi crediti d’imposta sono utilizzabili dalla parte nel limite complessivo di euro 600 per procedura e fino a un importo massimo annuale di euro 2.400 per le persone fisiche e di euro 24.000 per le persone giuridiche. In caso di insuccesso della mediazione i crediti d’imposta sono ridotti della metà.

È riconosciuto poi un ulteriore credito d’imposta commisurato al contributo unificato versato dalla parte del giudizio estinto a seguito della conclusione di un accordo di conciliazione, nel limite dell’importo versato e fino a concorrenza di euro 518.

La franchigia per l’imposta di registro da versare per il verbale contenente l’accordo di conciliazione viene inoltre raddoppiata e portata a 100mila euro (restando dovuta l’imposta per la parte eccedente).

Per agevolare la partecipazione dei rappresentanti delle pubbliche amministrazioni è stato poi previsto che, in caso di conclusione di un accordo di conciliazione nel procedimento di mediazione, la responsabilità contabile sia limitata ai fatti e alle omissioni commessi con dolo o colpa grave, consistenti nella negligenza inescusabile derivante dalla grave violazione della legge o dal travisamento dei fatti.

Per semplificare la partecipazione del condominio, viene concessa all’amministratore la legittimazione ad attivare oltre che ad aderire e a partecipare alla procedura di mediazione. Il verbale contenente l’accordo di conciliazione o la proposta conciliativa del mediatore devono poi essere sottoposti all’approvazione dell’assemblea condominiale, la quale delibera entro il termine fissato nell’accordo o nella proposta con le maggioranze previste dall’articolo 1136 del c.c.. In caso di mancata approvazione entro tale termine la conciliazione si intende non conclusa.

Infine, viene regolamentata la mediazione telematica consentendo che gli incontri possano svolgersi con collegamento audiovisivo.

Una riforma che mira a valorizzare percorsi sostenibili di risoluzione consensuale delle controversie responsabilizzando il ruolo delle parti e degli avvocati che le assistono in un contesto flessibile, ma regolamentato e vigilato. Una riforma che, nel porre a base delle scelte compiute l’esperienza maturata nell’ultimo decennio, disegna un modello di giustizia mediativa efficace ed efficiente in una prospettiva che pone al centro le persone in una prospettiva solidaristica di rilievo costituzionale.