I vantaggi apportati sono di indubbio rilievo e, oltre al sostanziale ripristino della obbligatorietà preventiva, si garantisce economicità e trasparenza delle tariffe, agevolazioni fiscali, professionalità e serietà degli organismi e dei mediatori, informazione e libero accesso alla mediazione, unitamente alla rapidità e riservatezza del procedimento
Il 21 settembre 2013 segna la data di entrata in vigore della “nuova” mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.
Una riforma complessa nella sua genesi che, attraverso la novella del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28, dopo la famosa pronuncia di illegittimità costituzionale per eccesso di delega legislativa della Corte costituzionale che aveva demolito il sistema della obbligatorietà preventiva, pur mirando sostanzialmente al ripristino del meccanismo della obbligatorietà, interviene profondamente su molti aspetti caratterizzanti l’originario impianto normativo.
La normativa introdotta nel 2010
Con l’introduzione della mediazione nel 2010 veniva innestata per la prima volta nel sistema italiano una disciplina organica e generale della “mediazione” quale attività finalizzata alla conciliazione delle controversie e destinata ad operare in via stragiudiziale (e cioè al di fuori del processo civile) e amministrata (affidata alla gestione di organismi pubblici o privati all’uopo abilitati). La novità appariva immediatamente di notevole rilievo in quanto il legi-slatore aveva sino ad allora operato inserendo singole previsioni normative in specifiche discipline di settore (subfornitura, telecomunicazioni, turismo, lavoro, franchising, e poi, patti di famiglia, etc.) pervenendo al più ad istituzionalizzare procedure e attività nelle controversie in materia societaria nel 2003.
La mediazione e le controversie d’impresa
L’innovazione diveniva subito di grande interesse soprattutto per le imprese, in relazione alle quali la “gestione dei conflitti” al di fuori del processo, consente di non tralasciare le numerose problematiche che quotidianamente l’impresa (dalla piccola alla media, sino alla grande) deve gestire nei rapporti con i diversi stakeholders all’interno e all’esterno della stessa. La mediazione, l’arbitrato e tutte le diverse e molteplici forme di A.D.R. (Alternative Dispute Resolution) costituiscono sempre più temi di particolare interesse per l’imprenditore che assume consapevolezza che da ogni conflitto può nascere una nuova opportunità per l’azienda.
Gestire “positivamente” il conflitto significa per l’impresa valorizzare situazioni che po-trebbero trasformarsi in contenziosi o, se già in atto, potrebbero trascinarsi per anni creando fratture irreversibili tra le parti con ripercussioni anche sulla reputazione e sull’immagine aziendale. Senza considerare le notevoli complicazioni per le liti che nascono dalle sempre più frequenti contrattazioni internazionali anche multilaterali che ormai coinvolgono l’impresa in qualunque dimensione economica.
Il conflict management e la dispute resolution per le imprese
Il conflict management e la dispute resolution sono divenute così il nuovo banco di prova per l’impresa e per i suoi consulenti in quanto è nella relazione quotidiana con gli stakeholders che la fisiologicità del conflitto può degenerare sino a divenire patologica. La capacità di ge-stione dei rapporti con gli stakeholders e del conflitto insito negli stessi diviene altresì uno dei requisiti principali sui quali misurare anche la consulenza direzionale.
La mediazione è sicuramente in grado di svolgere il suo ruolo in questioni di alto rilievo, e in particolare nelle liti tra imprese. Invero in queste situazioni, lo strumento conciliativo è in grado di rispondere in maniera compiuta e diversa potendo allargare l’oggetto del dialogo sino ad immaginare la creazione di nuovi rapporti tra le parti originariamente in contesa.
È proprio in sede mediativa che il superamento della rigida logica “torto-ragione” consente un approccio strategico al conflitto sino a pervenire al suo completo superamento con una soluzione del tutto diversa rispetto a quella che si potrebbe ottenere in sede giudiziale. Così in una controversia tra imprese anche l’impegno a garantire prezzi favorevoli sulle future forniture può costituire la contropartita dell’accordo che consente non solo di superare la questione controversa, ma di rinnovare ed ampliare l’originario rapporto rendendolo altresì più saldo e duraturo.
E ancora, è soprattutto là dove la lite ha un rilievo economico rilevante e le parti coinvolte sono imprese che assume una importanza decisiva la riservatezza della procedura conciliativa e la sua estrema rapidità. Le relazioni commerciali esigono chiarezza nei rapporti e soluzioni tempestive. Affrontare strategicamente il conflitto significa quindi avere la capacità di incontrarsi in sede conciliativa per affrontare e risolvere in tempi rapidissimi la lite insorta. Ciò si fonda ovviamente sul presupposto che entrambe le parti siano determinate strategicamente in questa direzione.
La “riservatezza” in mediazione
Nel decreto legislativo n. 28/2010 sono contenuti i princìpi fondamentali del procedimento in base al quale le attività svolte durante lo stesso sono “coperte” dal più assoluto riserbo (riservatezza cosiddetta esterna) e anche quando il mediatore dovesse acquisire in sessioni separate informazioni riservate le stesse resteranno tali anche nei confronti delle controparti (riservatezza cosiddetta interna).
E la tutela della riservatezza è sì avanzata che «Le dichiarazioni rese o le informazioni ac-quisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato, riassunto o proseguito dopo l’insuccesso della mediazione, salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni».
Una tutela rigida per garantire alle parti un sereno e approfondito confronto senza il timore di pregiudicare eventuali possibili strategie difensive in sede processuale in difetto di conciliazione.
La riservatezza diviene quindi centrale e forse dominante nella valutazione circa le oppor-tunità che la sede conciliativa offre ex lege. Opportunità che possono trovare un’attenzione particolare proprio nei rapporti tra le imprese e tra le imprese e i consumatori. Rapporti commerciali duraturi, in mercati ristretti, soluzione di conflitti derivanti da disservizi isolati o diffusi, etc. postulano il più delle volte, quale esigenza prevalente, l’opportunità del riserbo.
Il procedimento di mediazione
Il procedimento prende l’avvio con la presentazione della domanda di mediazione, all’esito della quale il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti assistite dai rispettivi avvocati (non oltre 30 giorni dal deposito della domanda). La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte anche a cura dell’istante. Il procedimento si svolge senza formalità e deve concludersi entro il termine massimo di 3 mesi (termine ridotto dalla recente riforma).
Appare ancora utile rilevare come gli atti del procedimento di mediazione non sono soggetti a formalità e sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura. Inoltre, il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro, altrimenti l’imposta è dovuta per la parte eccedente. E ancora, se i costi del procedimento (la cosiddetta indennità di mediazione) che devono essere predeterminati sono fissati dagli organismi di mediazione entro i margini (minimo e massimo) predeterminati dal Ministero della Giustizia, le parti potranno anche usufruire di un credito d’imposta commisurato alla indennità stessa nei limiti di euro 500 nel caso in cui la mediazione abbia esito positivo (la misura è ridotta al 50% se la mediazione abbia esito negativo).
Le novità della riforma del 2013
Numerose sono tuttavia le modifiche attuate con la riforma della mediazione (con vigenza dal 21 settembre 2013). La nuova normativa che modifica quella approvata nel 2010 nasce da un complesso iter governativo e parlamentare in quanto è figlia di una difficile sintesi derivante dall’approvazione del decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69 (c.d. Decreto “del fare”) poi convertito in legge con numerose e sostanziali modificazioni (legge 9 agosto 2013 n. 98).
Le novità sono di indubbio rilievo e, oltre al sostanziale ripristino della obbligatorietà preventiva, riguardano prevalentemente aspetti procedimentali. Si segnala la soppressione tra le materie assoggettate all’obbligatorietà della “responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli e natanti”.
La competenza territoriale degli organismi di mediazione
Viene introdotta la competenza territoriale per gli organismi di mediazione, per cui la do-manda di mediazione deve essere presentata presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia.
La responsabilità medica e sanitaria
Si inserisce una modifica di valenza chiarificatrice e interpretativa ad una delle materie per le quali è previsto il tentativo di mediazione quale condizione di procedibilità ex lege. Ci si riferisce al risarcimento del danno derivante da responsabilità medica, che diviene responsabilità “medica e sanitaria”, così chiarendo alcuni dubbi derivanti dalla prima interpretazione della norma.
L’obbligo dell’assistenza dell’avvocato
Una modifica particolarmente significativa attiene al ruolo dell’avvocato in mediazione. Si perviene a prevedere che l’assistenza tecnica dell’avvocato sia obbligatoria quando la media-zione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
La sperimentazione della mediazione
La mediazione obbligatoria viene ripristinata ma “a tempo”, nel senso che si prevede che la mediazione quale condizione di procedibilità ex lege sia da considerarsi “sperimentale”. L’obbligatorietà viene reintrodotta, quindi, ma soltanto per la durata di quattro anni con un monitoraggio (dopo i primi due anni) da parte del Ministero della Giustizia per verificarne gli esiti e conseguentemente assumere eventuali ulteriori determinazioni.
La mediazione prescritta dal giudice
Si prevede che il giudice possa ordinare la mediazione alle parti nel corso del processo (e quindi non più soltanto invitandole ad un tentativo stragiudiziale di mediazione). In tal caso, l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale e si precisa che tale ordine del giudice costituirà condizione di procedibilità anche in sede di giudizio d’appello.
L’esperimento della condizione di procedibilità
Quando la mediazione è condizione di procedibilità dell’azione giudiziale (sia in quanto prevista ex lege sia perché prescritta dal giudice) la condizione si considera avverata se il pri-mo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo.
La disposizione mira ad evitare equivoci circa l’esigenza di definire rapidamente la media-zione soprattutto nei casi in cui dopo il primo incontro non si intravedano possibilità conciliative.
Il primo incontro di mediazione e l’assistenza dell’avvocato
Al primo incontro e a quelli successivi, fino al termine della procedura, le parti dovranno partecipare con l’assistenza dell’avvocato. Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento.
L’esecutività dell’accordo conciliativo
Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. In tutti gli altri casi l’accordo allegato al verbale è omologato, su istanza di parte, con decreto del presidente del tribunale, previo accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell’ordine pubblico.
La formazione del mediatore-avvocato
Gli avvocati sono mediatori di diritto, ma coloro che intendono svolgere all’attività di mediatore, e quindi sono iscritti a tal fine presso gli organismi di mediazione, devono essere adeguatamente formati in materia di mediazione e mantenere la propria preparazione con percorsi di aggiornamento teorico-pratici a ciò focalizzati.
La gratuità della fallita mediazione obbligatoria
Nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro nessun compenso è dovuto per l’organismo di mediazione. Per cui le parti verseranno le sole spese di avvio che ammontano a 40 euro oltre Iva per ciascuna parte.
L’accordo di conciliazione e l’usucapione
Nel periodo di prima applicazione della mediazione obbligatoria in materia di diritti reali la giurisprudenza aveva dovuto affrontare e risolvere taluni seri problemi interpretativi in relazione alle controversie in materia di usucapione.
Tale rilievo ha indotto ad inserire una disposizione ad hoc che rende trascrivibile l’accordo che accerta l’usucapione (art. 2643, comma 1, n. 12-bis, cod. civ.)
Il “cantiere” legislativo della mediazione
Nonostante le numerose modifiche appena introdotte, è destinato a restare ancora aperto il “cantiere” legislativo per la mediazione. E infatti il 19 settembre scorso il Consiglio dei Mi-nistri ha dato il via libera al piano “Destinazione Italia” che contiene una serie di interventi che puntano ad attrarre investimenti esteri e a favorire il rilancio della competitività.
Tra le soluzioni per migliorare i tempi della giustizia italiana (quale obiettivo essenziale per attrarre gli investimenti) vi è il rafforzamento degli incentivi alla mediazione. Si intende poi rendere possibile la rinuncia all’assistenza legale nel procedimento e si propone di elevare la soglia per l’esenzione dall’imposta di registro per gli accordi raggiunti in quella sede.
Queste misure sono previste tra quelle che saranno assunte rapidamente dal Governo. Non resta che attendere questi ulteriori incentivi per supportare la scelta del percorso conciliativo anche quando non è previsto come obbligatorio dalla legge o da giudice.
Il valore aggiunto della mediazione
Quindi economicità e trasparenza delle tariffe, agevolazioni fiscali, professionalità e serietà degli organismi e dei mediatori, informazione e libero accesso alla mediazione, costituiscono sicuramente i principali vantaggi della mediazione unitamente alla rapidità e riservatezza del procedimento. Appare quindi ragionevole ritenere che una sempre più approfondita conoscenza da parte delle imprese della mediazione disciplinata dal D.lgs. 28/2010 avrà l’effetto di valorizzarne sempre più le potenzialità offrendo quegli incentivi e quelle tutele che spesso sono strategicamente essenziali alla proficua gestione del contenzioso.
LE MATERIE PER LE QUALI E’ PREVISTA LA MEDIAZIONE OBBLIGATORIA
Condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari. Resta esclusa la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli e dei natanti.
Per i contratti bancari e finanziari e possibile esperire la condizione di procedibilità anche mediante ricorso – rispettivamente – all’Arbitro Bancario Finanziario e alla conciliazione presso la Camera Consob.