IMU sui beni strumentali: la confusione regna sovrana

Marco Fiorentino Web OK

La dialettica che si è scatenata sull’IMU sta assumendo sempre più i contorni della commedia, in un guazzabuglio scenico dove il numero degli attori aumenta ogni giorno a colpi di dichiarazioni roboanti, meglio ancora se contraddittorie.

 

Il risultato è l’immobilismo decisionale, che, come al solito, verrà risolto – e male –  all’ultimo secondo utile.

Non entro nel merito del fatto se l’abolizione dell’IMU sulla prima casa sia (o non sia) un accordo di Governo da rispettare, perché è evidente che tale eliminazione avrebbe natura prettamente politico-sociale e ben nulla invece di economico-industriale. Sottolineo, di contro, che sull’IMU si sta facendo un’enorme confusione, poiché è mancata del tutto l’analisi della capacità contributiva da colpire. Con la conseguenza che oggi essa è una tassa che colpisce ogni cespite (salvo rare eccezioni), da chiunque posseduto, con aliquote svedesi e a prescindere dal tipo di utilizzo, venendo così ad essere solo un modo veloce per far arrivare quattrini allo Stato ed ai Comuni.

 

Quando si intende introdurre una patrimoniale sugli immobili occorre, innanzitutto, partire dal seguente semplice assioma: cosa voglio tassare e a chi. Inoltre è necessario distinguere le soluzioni in base alla tipologia di bene (strumentale o non strumentale per natura), perché differenti sono gli utilizzi e quindi i vantaggi che se ne possono trarre. Questa ultima rilevante precisazione mi consente, peraltro, di limitarmi alla vera tematica IMU rappresentata dai beni immobili a destinazione non abitativa. Per quelli residenziali infatti, a parte la questione della “prima casa”, una tassazione generalizzata appare ragionevole, in virtù della circostanza che essi appaiono sempre autonomamente in grado di produrre ricchezza. Magari, per le imprese di costruzione andranno identificate delle mitigazioni, per il periodo di tempo tra la fine del lavori ed il godimento a terzi, onde evitare che si tassi appieno ciò che non viene utilizzato.

 

Entrando nel merito dei beni strumentali, non appare ragionevole che possano essere tassati tout court tutti i tipi di immobili, senza analizzarne natura ed utilizzo; così operando infatti si effettua una generalizzazione dell’obbligo tributario, che non tiene in alcun conto il principio della contribuzione alle spese in base a manifestazioni di ricchezze. Occorre invece, tassare solo quei beni che, per elementi fattuali oltre che urbanistici, siano in grado, anche in via potenziale, di generare, ex sé, un diritto di godimento da parte di chi ne abbia la proprietà. Diritto di godimento da valutarsi considerando il bene in quanto tale, stand alone, e non in quanto asservito strumentalmente ad una attività di impresa od agricola.

 

Diversamente ragionando, si finirebbe col confondere clamorosamente la manifestazione di ricchezza derivante dal possesso di un bene con quella dell’impresa di cui esso è componente, con conseguente duplicazione di imposta.  È evidente infatti, che il valore di un capannone industriale intanto è misurabile, in quanto in tale cespite sia esercitabile una attività industriale. Non solo, ma se guardiamo il punto di vista dell’impresa in funzionamento, tale capannone produce (rectius: partecipa alla produzione della) ricchezza, non per effetto del fatto di averne la mera proprietà (presupposto dell’IMU), bensì grazie all’esercizio dell’attività d’impresa. È quindi una questione di differenti presupposti impositivi, i fattori della produzione (capannone – magazzino – ecc.) concorrono alla formazione del reddito e su di esso si calcolano le imposte (IRES). Tassare con l’IMU detti cespiti, di fatto è una doppia tassazione economica. Ne deve necessariamente discendere che tali cespiti, qualora utilizzati direttamente nelle attività aziendali, devono essere esenti da IMU.

 

Si potrà dire che l’IMU sui cespiti è tutto sommato simile nella normativa ICI, ma è anche il caso di ricordare che le aliquote ICI erano del tutto ragionevoli, per cui essa poteva definirsi non particolarmente penalizzante. Ma poi a guardar indietro mai serve: prima dell’ICI, c’era la famigerata INVIM, che invece considerava non tassabile il possesso degli immobili strumentali utilizzati direttamente dalle imprese. Quale delle due prevale?

Speriamo si metta rimedio entro agosto prossimo.