Guardando al futuro il Dragone sarà protagonista del traffico marittimo containerizzato e, con esso, i suoi porti che vantano ormai primati mondiali in termini di produttività e di volumi movimentati
L’ultimo Rapporto di SRM sulle Relazioni economiche tra l’Italia e il Mediterraneo, presentato a Napoli lo scorso 25 novembre, ha portato alla luce dati molto originali che illustrano, tra l’altro, la valenza della Cina nell’ambito del trasporto marittimo mondiale. Innanzitutto, giova ricordarlo all’inizio del presente articolo per avere un senso della dimensione economica del settore, in Cina la Maritime economy ha un valore di 970 miliardi di dollari e contribuisce al 9,4% del PIL.
I dati relativi al traffico containerizzato suddivisi per area marittima, indicano che la zona denominata Greater China (termine che racchiude Cina, Hong Kong, Macau e Taiwan) è interessata da un movimento pari a quasi 200 milioni di Teus, vale a dire circa il 31% delle merci spostate via mare a livello globale.
Il Report dà anche una visione allargata, con dati di prospettiva; infatti segnala che la stessa area vedrà un incremento al 2030 del proprio commercio, fino ad arrivare a 290 milioni di Teus per poi addirittura raggiungere, nell’anno 2050 i 494 milioni; crescite rispettivamente del +48% e del 151% rispetto al 2013.
Anche guardando al futuro dunque il Dragone sarà protagonista del traffico marittimo containerizzato e con esso i suoi porti che vantano ormai primati mondiali in termini di produttività e di volumi movimentati.
Ciò sta già accadendo e accadrà nonostante gli assetti mondiali della portualità siano davanti a un momento delicato della propria storia; cambiamenti importanti sono in atto a livello organizzativo e normativo e inoltre vanno configurandosi significativi fenomeni che porteranno la competizione tra gli scali e tra i vettori navali a essere sempre più intensa.
L’inarrestabile evolversi del gigantismo navale (in atto ormai da anni), la politica delle grandi alleanze nel settore dei container, le oscillazioni del prezzo del petrolio, la crisi e i momenti difficili di alcuni grandi carrier (es. Hanjin e HMM) e le note vicende economiche del Nord-Africa, sono solo alcuni dei fattori che stanno portando il sistema marittimo globale a decisi cambi di strategie, di rotte e di comportamenti competitivi. A questi si è aggiunto il varo dei canali di Suez ad agosto 2015 e Panama a giugno 2016; non va dimenticato infatti che questi due grandi nodi strategici vedono protagonisti, con differenti misure e strategie, la Cina.
Nel caso di Suez ad esempio Alphaliner ha più volte richiamato l’evoluzione positiva che questo canale ha avuto nella trasformazione dei servizi settimanali della rotta Far East-US East Coast, una delle più battute e che vanta una movimentazione di oltre 7,5 milioni di Teus l’anno; si è passati infatti dai 4 strings (servizi) del 2010 agli 8 del 2016 con un importante aumento dei volumi trasportati; mentre Panama è rimasta sostanzialmente stabile passando da 15 a 13.
La Cina utilizza Suez come grande via di passaggio dei propri traffici e le elaborazioni del rapporto di SRM mostrano come proprio il canale egiziano dipenda sostanzialmente dalle merci che provengono e che sono dirette verso quell’area. Gli ultimi dati disponibili della Suez Canal Authority indicano come nella direzione Nord-Sud il South East Asia sia la destinazione prevalente del naviglio con 114 milioni di tonnellate di merci transitate all’anno (il 27,3% del totale) e come in direzione Sud-Nord, la stessa area, mandi a transitare per il canale 167 milioni di tonnellate di merci pari ad oltre il 41 % del totale.
Essendone la direzione prevalente è facile dedurre come anche gran parte dei ricavi tariffari del canale provengano da navi dirette/provenienti dall’estremo oriente. E conseguenza ne sono le strategie del governo egiziano che sono ultimamente state orientate a concedere facilitazioni e sconti (fino al 65%) per le navi orientate su queste rotte per competere con il canale di Panama che avrebbe potuto con il suo allargamento nuocere ad alcune direttrici di traffico.
Per quanto riguarda Panama la Cina è invece il secondo “cliente” dello snodo centro-americano (dopo gli Stati Uniti): per il canale infatti nel 2015 sono transitate 48 milioni di tonnellate di merci. È simbolico (anche se avvenuto per sorteggio) come la prima nave ad attraversare il canale ampliato sia stata la COSCO Andronikos, poi ribattezzata COSCO Panama.
La Cina dunque con i suoi porti, i suoi vettori e una forte politica di merger & acquisition di imprese armatoriali nazionali ha consolidato e rafforzato negli anni la sua presenza già diffusa nel sistema marittimo globale. Questo Paese, infatti, era già detentore di due grandi carrier quali Cosco e China Shipping e di terminal sparsi in tutto il mondo attraverso la Cosco Pacific che gestisce circa 90 milioni di Teus.
Il Mare nostrum per questo Paese, col passare del tempo, è passato da mare di transito per le navi a vera e propria base logistica permanente, tattica, che è culminata, come vedremo, con l’acquisto di una quota rilevante del porto greco del Pireo.
Non a caso, infatti, se si guarda l’andamento dell’interscambio commerciale, che per lo più avviene con modalità di trasporto marittima, da e verso i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo e quelli del Golfo – che in una logica allargata fanno parte integrante della dimensione geo-politica dell’area – dal 2001 al 2015 oggi si osserva una crescita costante: l’Italia è passata da 37,6 a 66,5 Mld di dollari; la Germania da 40,6 a 89,8 Mld di dollari; gli Stati Uniti da 82,9 a 168,5 Mld di dollari. Chi però ha fatto un balzo di notevole portata è la Cina. Nell’area MENA-Middle East and North Africa l’interscambio cinese è passato dai 21,3 Mld di dollari nel 2001 a 257,4 Mld di dollari nel 2015 con stime che prevedono una crescita fino a 283 Mld nel 2018.
Nasce, quindi, spontanea la riflessione che induce ad affermare che il Mediterraneo sta sempre più guadagnando una sua centralità e sempre più diventando bacino di traffico denso di opportunità per il commercio internazionale, come anche numerosi studi di SRM hanno dimostrato. La sfida la Cina l’ha lanciata, a noi saperla cogliere.
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