La sostenibilità è mobile

Perno di una corretta e ideale circolazione è oggi l’uso della bicicletta, modo antico e nuovo di muoversi, e di farlo in modo virtuoso 

 

Ridurre al minimo l’impatto ambientale, ottimizzando l’efficienza e la rapidità degli spostamenti: su questi due aspetti fondamentali si fonda la mobilità sostenibile, ovvero il moderno sistema di trasporti, capace di rendere le città più sicure ma soprattutto più vivibili, riuscendo al contempo a spingere sulla crescita complessiva della qualità della vita della collettività.

Perno della corretta e ideale circolazione è oggi senz’altro l’uso della bicicletta, modo antico e nuovo di muoversi, e di farlo in modo virtuoso. Da qualche anno, infatti, in molti sono tornati in sella per le motivazioni più diverse: per salute, per moda, per risparmio o anche per tutte queste sia ragioni insieme. I tantissimi estimatori delle due ruote lo sono per gusto e abitudini talvolta molto differenti. C’è chi usa la bici per gli spostamenti veloci, chi per fare sport en plein air, chi ancora la utilizza sempre e comunque, non concependo altra modalità di muoversi secondo natura.

In ragione del crescente appeal delle due ruote – testimoniato anche da Confindustria Ancma che certifica che i pezzi venduti nel 2017 hanno superato dell’1% quelli dell’anno precedente – le amministrazioni politiche cittadine più sensibili si stanno attrezzando per adottare politiche bike friendly, in grado di incentivare la scelta della bicicletta come mezzo di trasporto ideale in ogni occasione e stagione. Ne sono riprova i sempre più frequenti premi aziendali per chi decide di muoversi in bici per gli spostamenti casa-lavoro, le app per condividere degli itinerari e il successo crescente dei servizi di bike sharing.

Come recita un vecchio adagio, però, se hai voluto la bicicletta, ora ti tocca pedalare…al di là della fatica fisica nel farlo, bisogna ricordare che andare in bicicletta è sì piacevole, ma anche potenzialmente rischioso.

Le ultime rilevazioni Istat – aggiornate al 2016 – restituiscono numeri preoccupanti: 175.791 incidenti stradali con lesioni a persone che hanno provocato 3.283 vittime e 249.175 feriti. Tra le vittime in aumento i ciclisti (275, +9,6%) rispetto all’anno precedente.

Che fare dunque?
Oltre a tenere sempre un margine di distanza e velocità proporzionali alle proprie abilità e all’itinerario da compiere e a muoversi sui sentieri tracciati delle piste ciclabili sulle strade a scorrimento medio-veloce, occorre che chi viaggia in bicicletta si doti di veri e propri dispositivi di sicurezza, da quelli strettamente necessari anche se non obbligatori a quelli super tecnologici.

Negli equipaggiamenti minimi per un ciclista non potranno senz’altro mancare il campanello per le segnalazioni acustiche, le luci bianche o gialle da apporre sulla parte anteriore del velivolo, così come le luci rosse e i catadiottri per quella posteriore.

Se poi si vuole coniugare la sicurezza all’hi-tech, allora ci si può dotare di modernissimi radar che, posizionati sotto la sella della bici e agganciati a un computer, consentono di allertare il biker a una maggiore attenzione per il sopraggiungere di autoveicoli, o ancora di bizzarri dispositivi che proiettando una griglia luminosa a terra, davanti agli occhi del ciclista, gli permettano di riconoscere tempestivamente buche o irregolarità insidiose del manto stradale.

Più di ogni altra accortezza, comunque, buon senso vuole che il ciclista usi sempre il casco protettivo e, all’occorrenza, il giubbino catarifrangente.

Grazie alle nuove tecnologie, infatti, il casco si è evoluto nelle sue forme e funzioni offrendo oggi margini assai più ampi di sicurezza e praticità. Che sia addirittura realizzato in carta, che abbia fogge particolari, che sia dotato di airbag all’interno o capace di piegarsi in due, dimezzando la voluminosità e le difficoltà di trovargli una sede se e quando si smette di usarlo, il casco è bene utilizzarlo. Mettetevelo in testa.