Per l’Assessore regionale alle attività produttive Amedeo Lepore non si può tornare a una vecchia idea di Mezzogiorno: «Abbiamo tutti gli strumenti per farcela, puntando sulle nostre capacità e su una grande forza innovativa»
Negli ultimi 2 anni la Campania non solo ha recuperato terreno, ma ripreso a crescere. Molto è dipeso dalle misure di politica industriale già attivate. Più da vicino, che incidenza hanno avuto sulla ritrovata voglia di impresa gli incentivi per i Contratti di Sviluppo?
Secondo gli ultimi dati Istat, la Campania negli ultimi anni è cresciuta fino a dieci volte la Sicilia e il doppio delle aree più avanzate del Nord. Credo che puntare su linee di incentivazione pubblica di carattere nazionale – come i Contratti di Sviluppo, il credito di imposta per gli investimenti, la decontribuzione per i nuovi assunti e gli investimenti per le aree di crisi non complessa, allargandone la portata, sia stata la scelta giusta per la nostra regione soprattutto perchè queste incentivano grandi investimenti, confermando che l’industria è capace di svolgere un ruolo trainante per tutta l’economia regionale.
Una decisione lungimirante quella dell’ente regionale, che affronta i nodi strutturali del nostro sviluppo, provando a risolverli per uscire dalle secche della crisi e aumentare l’occupazione, specie quella giovanile. Incoraggiati dalla crescita produttiva, che in tre anni progressivamente ci ha visti diventare la prima tra le regioni del nostro Paese per incremento del PIL, non abbiamo che da rafforzare ed estendere tali buoni risultati, lavorando anche sulla necessità di far sì che se ne abbia una maggiore e più diffusa percezione.
I Contratti di Sviluppo hanno rappresentato una occasione quasi immediata per realizzare grandi investimenti e immettere un tasso di crescita sempre più elevato all’interno del nostro territorio. Al momento, sono stati 47 quelli approvati e finanziati per la Campania, 850 milioni di euro le agevolazioni concesse, gli investimenti realizzati e quelli in corso fra il 2015 e il 2018 sono pari, invece, a 1 miliardo e mezzo solo con questo strumento, mentre l’occupazione supera le 21mila unità secondo le rilevazioni sia di Invitalia, sia del Mise. Restando in tema di Contratti di Sviluppo, c’è una ulteriore novità determinata dai progetti che, grazie all’accordo con il governo, adesso saranno messi in istruttoria e rapidamente definiti. Sono 21, per un totale di investimenti che supera i 600 milioni e che consente alla nostra regione di fare un ulteriore passo in avanti verso la ripresa.
Si potrebbe obiettare che i Contratti di Sviluppo siano pensati per le grandi multinazionali…
Non è così perché ad usufruirne non sono solo le grandi e medie imprese, con molte aziende estere che investono in una regione che torna ad essere attrattiva. Stiamo assistendo, infatti, a un nuovo fenomeno che vede le piccole realtà consorziarsi per presentare Contratti di Sviluppo insieme. Vi sono diversi casi di Pmi campane che si uniscono e presentano Contratti e Accordi di Sviluppo.Ne stiamo avendo alcuni molto consistenti, che riguardano anche la provincia di Salerno, con iniziative di carattere strategico nel campo dell’agroalimentare, automotive e dell’aerospazio. Piccole e medie imprese che hanno imparato a crescere. Quanto alle multinazionali, poi, vorrei chiarire che non abbiamo aperto le porte ai “colonizzatori”, ma a imprese che porteranno sviluppo e occupazione sul nostro territorio in modo stabile. Nessun contratto mordi e fuggi.
La Nestlè e l’Hitachi, ad esempio, hanno assunto impegni da qui ai prossimi 10/15 anni.
Su questo ha inciso anche lo snellimento delle procedure?
Senz’altro. I fondi già stanziati per l’Accordo di Programma Quadro tra Regione, Ministero dello Sviluppo e Invitalia (325 milioni di euro, di cui 150 cofinanziati dalla Campania) stavano per essere rapidamente assorbiti dalle numerose richieste di investimento pervenute allo sportello dell’Agenzia nazionale di sviluppo.
Con l’approvazione del nuovo stanziamento di 850 milioni da parte del Cipe, di cui l’80% spetta al Sud, si potranno sostenere nuovi accordi di sviluppo immediatamente operativi, senza alcun ulteriore cofinanziamento da parte della Regione Campania, scalando la graduatoria delle imprese che hanno presentato domande a Invitalia e finanziando una crescita reale di nuovi progetti.
Una linea di Contratti di Sviluppo sarà dedicata al finanziamento dei Programmi di investimento localizzati nelle Aree di crisi complessa, tesi alla riconversione e riqualificazione industriale di specifici poli produttivi campani. Un’altra spinta alla crescita…
Si tratta di provvedimenti di grande importanza per affrontare le situazioni di crisi industriale più rilevanti della Regione Campania allo scopo di rendere possibile una nuova fase di ripresa produttiva, di salvaguardia e di incremento dell’occupazione in Campania. Dietro i due decreti di dichiarazione di crisi – complessa e non – c’è stato un lavoro enorme da parte della Regione, i cui esiti però ci rendono soddisfatti.
Da un lato per l’area di crisi non complessa abbiamo uno stanziamento di risorse – nell’ambito dell’Accordo di Programma Quadro con il Mise – pari a 113 milioni, con 50 milioni recuperati dalla Regione, che si aggiungono ai 37 milioni circa ottenuti dalle imprese campane direttamente con la partecipazione al bando nazionale. Con questi fondi aggiuntivi dell’APQ si finanzieranno altri interventi a valere sulla graduatoria predisposta da Invitalia. In Campania sono stati presentati 119 progetti per oltre 500 milioni di investimenti.
La Regione sarà quindi capace di finanziarli quasi tutti, dando un’ulteriore accelerata a crescita e occupazione. Per le aree di crisi complessa, il protocollo di Intesa varato con il Ministero dello Sviluppo Economico permette di predisporre i piani di riconversione industriale e specifici progetti pilota per le tre aree di Acerra-Airola-Marcianise, Napoli-Torre Annunziata-Castellammare, Salerno-Battipaglia-Solofra.
La risposta degli imprenditori è stata in linea con le attese o si aspettava maggiore slancio?
Quando indico i risultati positivi, includo nei destinatari del merito da condividere anche gli imprenditori che hanno mostrato una grande proattività. Le imprese, soprattutto quelle di eccellenza, dopo la crisi hanno ben compreso che occorre non guardare indietro, ma avanti.
La direzione giusta è avere fiducia e consapevolezza dei propri mezzi, avere la capacità di competere. Le imprese campane stanno facendo tanto. E tanto è necessario facciano anche gli altri attori coinvolti. Non si può fare “una rivoluzione”, come le aziende stanno facendo al loro interno con il piano Impresa 4.0, senza una profonda innovazione digitale anche nella macchina amministrativa e questa, senza energie giovani, non è pensabile. Quando il presidente De Luca pone l’obiettivo di un Piano straordinario per il lavoro da realizzare in tempi rapidi, parte proprio da questo presupposto: non si può lasciare senza prospettive una fetta di giovani in attesa che quanto finora realizzato – infrastrutture e investimenti – vada a regime. Va creato, invece, subito un ponte che preveda anche l’inserimento di giovani nella pubblica amministrazione. Dobbiamo tutti – istituzioni e imprese – proseguire sul percorso tracciato. I problemi sono tanti, non lo nascondiamo di certo, ma non si può tornare a una vecchia idea di Mezzogiorno. Abbiamo tutti gli strumenti per farcela, puntando sulle nostre capacità e su una grande forza innovativa.
È sempre più concreto e vicino l’avvio delle Zone Economiche Speciali in Campania. In cosa consta il piano di sviluppo strategico della Regione, chi potrà investire e con quali agevolazioni?
È un tema di rilievo, che basa le sue fondamenta sul lavoro fatto in questi anni.
Mettere insieme le capacità di sviluppo dei porti principali della Campania – Napoli, Salerno e Castellammare di Stabia – significa potenziare le già grandi capacità di sbocco industriale verso il mondo. Questa forza dei porti è tanto maggiore se diventa capace di irradiarsi all’interno e di creare nuove connessioni tra le nostre attività produttive e i mercati internazionali, oltre ad attrarre ulteriori consistenti investimenti. Da qui la scelta di inserire le aree logistiche nella Zes, con le rispettive aree retroportuali. È già attivo il credito di imposta per gli investimenti da 20 a 50 milioni, con tempi dimezzati per autorizzazioni e procedure. Con il credito di imposta fino a 20 milioni, la Campania nel solo 2017 ha ottenuto un miliardo e mezzo circa di investimenti produttivi, con un primo cofinanziamento di appena 25 milioni.
La Regione, con l’approvazione delle Zes, si impegnerà per operare una profonda semplificazione e rendere fluido questo meccanismo. La Campania è stata la prima regione a idearlo e, poi, a dotarsi del Piano di Sviluppo Strategico della Zes, che con successivo decreto del Presidente del Consiglio sarà finalmente istituita e immediatamente operativa. È tuttora un work in progress, ma il dato certo è che si tratta di un’occasione di sviluppo per le istituzioni e gli operatori economici interessati.Tra le altre cose, abbiamo proposto al governo di avere una linea di accordi di sviluppo segnatamente dedicata alle Zes.
Grandi investimenti per grandi imprese. Per le Pmi, invece, qual è stato l’impegno della Regione?
Si è fatto molto. La dotazione per le Pmi, negli anni scorsi, è stata pari a oltre 160 milioni, resi disponibili attraverso diversi strumenti: 100 milioni un per intervento a favore della competitività delle imprese campane di piccole e micro dimensioni. In un solo anno abbiamo recuperato un grave ritardo della precedente amministrazione, avendo il coraggio di attivare una misura che era stata lasciata in un cassetto ed erogando fino all’ultimo euro alle imprese. Abbiamo poi sostenuto le Pmi con il tranched cover, le misure sui confidi, quelle sull’artigianato. Stiamo pensando, inoltre, a ulteriori strumenti sia a carattere incentivante (una grande misura per l’innovazione e le filiere delle Pmi), sia di finanza alternativa (con nuove misure per il credito e le garanzie, attraverso basket bond, equity e una sezione campana del Fondo Centrale di Garanzia). Su questi temi è di centrale importanza il ruolo di Sviluppo Campania e, a livello nazionale, le collaborazioni con Cassa Depositi e Prestiti e Banca del Mezzogiorno.
Rispetto a quest’ultimo punto – la finanza alternativa – gli imprenditori campani secondo lei sono ancora refrattari ad aprirsi ai mercati e magari anche a capitali esterni?
La cultura di impresa sta mutando. Rispetto a qualche anno fa, adesso si è avviato un ragionamento di sistema che poggia le basi sulla necessità di una crescita più coraggiosa e autonoma. Certo, la falcidia della crisi fa ancora paura ma non è più possibile arroccarsi.
Lo richiede questa fase storica che stiamo attraversando a livello regionale, oltrechè nazionale e internazionale. Bisogna connettersi a un sistema e rischiare. L’ecosistema si sta creando. Anche le occasioni di aggregazione stanno aumentando. Penso a settori come la bioeconomia e l’economia circolare che vedono splendidi esempi di imprese, molte anche nella provincia di Salerno, che hanno intuito la forza e le potenzialità di una logica di filiera vasta. Non si cresce da un giorno all’altro, ma insieme è possibile.
Restando in tema di mercati, ritiene che il vento della propaganda protezionista potrebbe danneggiare l’export campano, in particolare quello del comparto agroalimentare?
L’export è una voce fondamentale della nostra economia. La Regione sta attuando – come le ho raccontato – una politica industriale tesa all’attrazione degli investimenti ma è necessario che migliorino anche i volumi relativi alle esportazioni. La crescita dell’export campano è un dato costante negli ultimi anni, ma per migliorare in termini assoluti bisogna far crescere la struttura industriale della Campania. Attrazione degli investimenti e crescita del tessuto produttivo devono andare di pari passo.
Per questa ragione stiamo anche lavorando sull’incremento della capacità di internazionalizzazione delle nostre imprese.
Gli imprenditori e i lavoratori non sono soli, ma hanno un partner solido al loro fianco. Tra la Regione e chi rende vive le imprese c’è osmosi, non distanza. Del resto non potrebbe essere diversamente perché chi, nonostante la profonda crisi attraversata, si è rimesso in moto va sostenuto e incoraggiato.
Ne va del successo dell’intera economia regionale.