Fino al prossimo 15 settembre, Donato Piccolo è a Macerata negli spazi della Galleria dell’Accademia di Belle Arti con Aritmosferica, un percorso unico che pone al centro dell’attenzione l’atmosferologia come fenomeno naturale e manipolazione dei sentimenti.
Con uno sguardo filosofico sui fenomeni naturali e sui fattori emozionali che sequestrano l’occhio dello spettatore per condurlo in un ambiente irresistibile e seducente, Donato Piccolo mette in campo una serie di lavori il cui comune denominatore è riflessione ecosofica sulla smaterializzazione e rimaterializzazione degli elementi, sul peso e sulla leggerezza, sulla naturalizzazione dell’artificio e sull’artificializzazione della natura.
Dopo una serie di progetti legati alla parola – come non pensare al sodalizio con Mario Luzi dal quale nasce una sculturpoesia a due mani (Cuore2 Dirty, 2003-2005) – e accanto alle inclinazioni estetiche che virano l’attenzione sul corpo, spietata topia che è al centro di procedimenti e atteggiamenti alternativi come Il giornale di un solo giorno pubblicato in seimila copie e distribuito il 22 novembre 2001, Worter (2006-2007) o Pensa con i sensi e senti con la mente realizzato in occasione della 52. Esposizione Internazionale Biennale di Venezia (2007), Donato Piccolo instaura un rapporto con la robotica per entrare via via in contatto con la teoria fenomenologica che Giovanni Jona-Lasinio ha posto come sezione conclusiva della Dynamical Model of Elementary Particles Based on an Analogy with Superconductivity elaborata assieme a Yoichiro Nambu e con tutti i successivi sviluppi di Peter Higgs, di Baker e Glashow che introducono tra l’altro per la prima volta il termine di rottura spontanea di simmetria.
Ordinare e regolarizzare l’instabilità mediante stratagemmi che racchiudono l’atmosferico in un involucro capace di contenere e far vedere i processi elettromagnetici o le dinamiche paratmosferiche riprodotte in laboratorio mediante nebulizzatori ad ultrasuoni, pompe idrauliche o motori elettrici sono per l’artista viatici per vedere, udire, odorare, gustare, toccare e mostrare l’ineffabile.
Straordinario generatore di esperienze atmosferiche – esperienze da controllare all’interno di sculture trasparenti le cui forme risucchiano lo sguardo per sedurlo – il suo procedimento coinvolge il corpo vissuto (Leib) che funge da luogo di ripercussione, da «cassa di risonanza dei sentimenti atmosferici», suggerirebbe Tonino Griffero, «da cui siamo rapiti».
Uragani racchiusi sotto teca, ebollizioni controllate da congegni che conservano una loro artisticità, piogge spinose e spigolose, macchine celibi e macchine dei sogni (Dream Machine che sbuffa vapore acqueo, ovvero sogni che si perdono nell’aria, è del 2010), sono per Piccolo alcuni dei luoghi rielaborati per leggere l’imprevedibilità e l’instabilità, per costruire opere in continuo divenire, per elaborare un discorso sullo spazio e sul tempo, sull’arte e sui luoghi dell’arte, sulle vaporizzazioni dei corpi e sull’impossibilità di archiviare il presente e le presenze, le luci e le ombre del mondo.
Derubricando e decontestualizzando il processo naturale per inserirlo in una schematica tecnoscientifica che suscita una nuova immaginazione, l’artista trasforma l’opera in dispositivo aritmosferico capace di produrre un evento, una calma turbolenza, una condizione meteorologia e assieme meteorografica i cui cambiamenti avvengono in tempo reale e in tempo reale svolgono durata e configurazione variabile, assumono reversibilità («nel momento in cui io spengo il circuito, il vapore ridiventa acqua», rileva Piccolo), trasformano il suono in immagine, in corpo fluido, in energia eticamente pura. Le sue, avvisa Laura Cherubini, sono «sculture d’aria che si materializzano con il caldo e con il freddo, quasi affette da metereopatia», da piacevoli turbamenti che trasformano il «fenomeno artificiale» in «stato mentale», da inquietudini che assorbono lo spazio circostante e estendono il mondo dell’artisticità al campo dei discorsi naturali, matematici, scientifici.
Donato Piccolo simula l’ambiente ma allo stesso tempo crea una ripetizione differente capace di sobillare nuove emozioni mediante l’utilizzo della violazione o rottura delle simmetrie per rinnovare il valore di messa in scena e produrre veri e propri souvenir della natura.
La rifrazione della luce attraverso le gocce d’acqua che produce un arcobaleno (un fenomeno studiato dall’ottica), l’effetto di un urto anelastico, l’energia elettrica generata da un fulmine, i processi di nebulizzazione dell’acqua o tutte le varie branche della geofisica – fisica dell’atmosfera, meteorologia, climatologia, oceanografia, geomagnetismo e sismologia – diventano oggi per l’artista colori di una nuova tavolozza, strumenti (e componenti) privilegiati, materiali da adottare per dar vita ad apparecchiature estetiche grazie alle quali l’opera diventa, etimologicamente, paradosso (parà ten doxan) di un fenomeno naturale.