La procedura di mediazione obbligatoria (della durata massima di tre mesi) prevede la necessaria assistenza dell’avvocato e potrà essere iniziata mediante il deposito di un’apposita istanza presso l’organismo prescelto che risulti avere sede nel “luogo” in cui ha sede il giudice competente per la controversia
La reintroduzione della mediazione obbligatoria in numerose materie civili e commerciali ha fatto riemergere lo specifico interesse per imprese e consumatori in relazione alla composizione delle liti derivanti dalla contrattualistica bancaria.
Tra le materie per le quali il legislatore ha ripristinato l’obbligatorietà della mediazione si segnalano proprio i contratti bancari e finanziari e ciò, evidentemente, per la particolare e duratura relazione che si instaura tra il cliente e la banca.
Ciò significa che all’insorgere delle controversie nei confronti delle banca (controversie che si caratterizzano per l’alto tasso di tecnicismo e spesso per il rilievo economico che le stesse possono assumere) il cliente è obbligato ad attivarsi preliminarmente per un tentativo di mediazione. Una volta esperito tale procedimento e in caso di esito negativo dello stesso, l’utente potrà dare corso all’azione dinanzi al giudice competente.
Si deve precisare che per la materia bancaria il legislatore ha previsto che la condizione di procedibilità per la domanda giudiziale possa essere soddisfatta non solo con il tentativo di mediazione, ma anche – e in via alternativa – con il ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario, che costituisce un sistema di ADR (alternative dispute resolution) istituito presso la Banca d’Italia e che offre un percorso del tutto diverso dalla mediazione.
Pertanto, all’impresa o al consumatore che si trovi a dover affrontare una lite in materia bancaria prima di accedere al giudice si apre una scelta che richiede una valutazione di convenienza e di opportunità in relazione agli interessi perseguiti e che presuppone la conoscenza dei due diversi itinerari stragiudiziali.
La strada segnata dalla mediazione è quella che mira, attraverso l’intervento del terzo imparziale (mediatore) a raggiungere tra le parti un accordo che risponda ad una composizione negoziale e satisfattiva dei reciproci (e spesso compatibili) interessi delle quali sono titolari.
Il cliente allora potrà selezionare un organismo di mediazione accreditato presso il Ministero della Giustizia scegliendo tra organismi generalisti (che magari annoverano tra i loro mediatori esperti nella materia bancaria) e organismi specializzati (tra i quali si segnala ad esempio il Conciliatore Bancario Finanziario: www.conciliatorebancario.it).
La procedura di mediazione obbligatoria (della durata massima di tre mesi) prevede la necessaria assistenza dell’avvocato e potrà essere iniziata mediante il deposito di un’apposita istanza presso l’organismo prescelto che risulti avere sede nel “luogo” in cui ha sede il giudice competente per la controversia. Contestualmente al deposito dell’istanza devono essere versate le “spese di avvio” che ammontano ad euro 40+Iva.
In esito alla domanda l’organismo avvierà il procedimento, designando il mediatore e invitando la banca ad un incontro da tenersi presso la sede dell’organismo entro 30 giorni.
Durante il primo incontro le parti – assistite dai rispettivi avvocati – saranno chiamate a verificare la possibilità di proseguire il tentativo di mediazione e, in tal caso, potrà avere corso la mediazione vera e propria al fine di individuare i possibili spazi per pervenire ad un accordo. L’inizio dell’attività di mediazione comporterà a carico delle parti l’obbligo di versare il compenso all’organismo (cosiddette spese di mediazione) da determinarsi in base alla tabella dell’organismo prescelto come approvata dal Ministero della giustizia secondo il valore della controversia.
L’eventuale accordo cui le parti dovessero pervenire in mediazione potrà essere reso esecutivo sia con una certificazione di conformità degli avvocati presenti, sia – in alternativa – con un procedimento di omologazione dinanzi al presidente del tribunale competente per territorio.
In alternativa alla mediazione si colloca l’Arbitro Bancario Finanziario. La controversia bancaria, infatti, potrà essere portata all’esame del Collegio ABF territorialmente competente (ne esistono tre: il Collegio di Milano per il Nord, il Collegio di Roma per il Centro e il Collegio di Napoli per il Sud) precisando che prima di proporre il ricorso occorrerà che sia presentato il reclamo alla banca (che ha a disposizione 30 giorni di tempo per tentare di risolvere consensualmente la lite).
Il ricorso all’ABF può essere presentato a mano presso le sedi dei Collegi o presso tutte le Filiali della Banca d’Italia, o anche a mezzo posta o mezzo fax, o ancora a mezzo PEC. Unitamente al ricorso occorre versare l’importo per le spese pari ad euro 20 (che vengono rimborsate dalla banca anche in caso di parziale soccombenza).
L’ABF, che decide sui ricorsi proposti in base al diritto, è competente su tutte le controversie che riguardano operazioni e servizi bancari e finanziari con un limite di valore di 100.000 euro se il cliente chiede una somma di denaro (ma senza limiti di importo, se il cliente chiede soltanto l’accertamento di diritti, obblighi e facoltà). L’ABF sconta anche un altro limite di carattere temporale in quanto non può decidere quando la controversia riguarda operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009.
La decisione dell’ABF non è giuridicamente vincolante per le parti che sono libere – se non soddisfatte – di ricorrere al giudice. Tuttavia, le banche – che sono obbligate ad aderire al sistema ABF – solitamente adempiono spontaneamente alle decisioni, anche al fine di evitare la pubblicazione dell’inadempimento sul sito web dell’ABF (www.arbitrobancariofinanziario.it).
Il tempo medio per la decisione dei ricorsi è stato nel 2012 di 112 giorni con un tempo per la redazione e comunicazione della decisione di 45 giorni. Si ritiene che dinanzi all’ABF non sia obbligatoria l’assistenza dell’avvocato.
(L’autore è membro del Collegio di Roma dell’ABF e, per tale ragione, precisa che le opinioni espresse nell’articolo hanno carattere personale e non rappresentano la posizione del Collegio, ndr)