La l. 183 del 2011 consente la costituzione di società miste solo nella misura in cui il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale di questi sia strutturato in modo da determinare la maggioranza dei due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci
La legge 12/11/2011, n. 183 permette la costituzione di società tra professionisti. Nell’economia della presente meritano particolare attenzione due profili: 1) la scelta del tipo sociale; 2) il regime statutario e l’oggetto sociale.In ordine al profilo sub 1) che precede, appare opportuno attribuire la giusta dignità al regolamento di cui al d.m. 8/2/2012, n. 34.
Nella specie, si allude all’art. 4, laddove è sancito che il cliente ha il diritto di chiedere che l’esecuzione della prestazione sia effettuata da uno o più professionisti da lui scelti. Il legislatore, quindi, ha chiarito che la designazione del professionista incaricato non possa atteggiarsi, nei fatti, come un’esclusiva facoltà riconosciuta all’organizzazione societaria.
L’attribuzione non è di poca importanza, permettendo la riemersione del momento fiduciario nel rapporto cliente-professionista, tradizionalmente posto a base della personalità delle obbligazioni nelle professioni liberali.
Ma quali sono i paciscenti del contratto d’opera professionale così stipulato? In altri termini, la società tra professionisti è unicamente destinataria dei risultati economici dell’opera professionale svolta, gravando solo sul professionista la pertinente responsabilità?
Si parta dalla considerazione che la società tra professionisti non è una mera società di mezzi e/o di servizi. In tal senso, non può essere obliterata la decisiva osservazione che, a mente della l. n. 183 del 2011, la società in discorso deve manifestare all’esterno, nel contesto della propria ragione sociale, l’attività che essa svolge.
Non si tratta, quindi, di un’organizzazione miseramente deputata alla regolamentazione dei rapporti tra i professionisti-soci, né – tantomeno – a propagandare questi ultimi all’esterno.Ne deriva che il contratto d’opera sarà stipulato direttamente dalla società, seppure con l’eventuale “correttivo” evocato all’art. 4 del d.m. 34/2012 menzionato.
Va da sé, quindi, che in un modello societario a responsabilità illimitata la prestazione professionale, diventando oggetto di un’obbligazione a carico della società, implicherà l’esposizione del patrimonio del singolo socio per l’operato di ciascun professionista. In senso generale, il comma 3 dell’art. 10 della l. 12/11/2011, n. 183, permette la scelta del modello societario tra i tipi regolati dal titolo V e VI del libro V del c.c., ancorando al numero minimo di tre soci l’eventuale opzione a favore delle cooperative.
La costituzione di società per l’esercizio di attività professionali è consentita nei limiti delle cosiddette attività di tipo ordinistico. Si tratterà, quindi, di un esercizio condizionato all’iscrizione del professionista in un albo o in un collegio. In altri termini, l’aggregazione è circoscritta alle professioni protette.
Con riferimento agli ingegneri e gli avvocati, questi godono di una disciplina positiva ultrattiva, all’indomani dell’entrata in vigore del comma 9 dell’art. 10 della l. n. 183/2011, nel senso che il legislatore ha fatto «salve le associazioni professionali, nonché i diversi modelli societari già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge». Sul punto specifico appare determinante il sostegno ermeneutico della lex posterior non derogat priori speciali.
Relativamente agli ingegneri merita adeguata considerazione l’art. 90, comma 2 lett. B) del D.Lgs. 12/4/2006, n. 163, nella parte in cui permette la costituzione tra ingegneri di società di capitali o cooperative. Con riferimento alla figura dell’avvocato va menzionato l’art. 5 della l. 31/12/2012, n. 247 (Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense), attraverso cui si è delegato il Governo a regolamentare la professione legale organizzata in forma societaria.
Purtroppo il termine dei sei mesi è infruttuosamente scaduto. Ne deriva che la disciplina delle società tra avvocati va rinvenuta nel D.Lgs. n. 96 del 2001, in aderenza alla Relazione di accompagnamento al d.m. 8 febbraio 2013, n. 34, nonché alla circolare del Consiglio Nazionale Forense del 12/9/2013 n. 18 – C – 2013. Per quanto innanzi, non è consentita la costituzione di società tra esercenti professioni non protette.
Tuttavia, la l. 183 del 2011 consente la costituzione di società, per dir così, miste (tra professioni protette e non), nella misura in cui il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale di questi sia strutturato in modo «da determinare la maggioranza dei due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci» (sic, comma 4, lett. B) dell’art. 10 della l. n. 183 del 2011). Nelle società tra professionisti i soci potranno conferire un’opera professionale, denaro o altri beni strumentali alla realizzazione dello scopo sociale. Il socio d’opera sarà ammissibile ove si scelga sia il modello della società di persone (artt. 2263, comma 2, e 2295, n. 7, cod. civ.) che della s.r.l. (art. 2646, comma 6, cod. civ.).
Nell’ipotesi di S.p.A. si tratterà di prestazione accessoria, a mente dell’art. 2345 c.c., o di conferimento ancorato all’emissione di strumenti finanziari, ai sensi dell’art. 2346, comma 6, c.c..
La prestazione in discorso dovrà essere adeguatamente circostanziata nell’economia dell’atto costitutivo. Va da sé che le azioni emesse a favore del socio d’opera dovranno essere nominative (si mediti sulla portata del comma 2 dell’art. 2345 c.c.) e trasferibili solo col consenso degli amministratori. In ordine alle società di tipo multiprofessionale sarà necessario graduare i diritti e i doveri dei soci appartenenti alle differenti categorie professionali. In ipotesi di società di persone l’unico limite rinvenibile sarà il rispetto del divieto del patto leonino (art. 2265 c.c.), in virtù del quale non sarà possibile escludere una o più categorie da ogni partecipazione a utili o perdite.
Qualora si tratti di S.p.A. le differenti tipologie di azioni emettibili saranno, rispettivamente, assegnate alle distinte attività svolte.
Nel caso di cooperative il rapporto soci-società sarà disciplinato dai regolamenti adottati in ordine alla realizzazione dello scopo mutualistico (art. 2521, comma 5, c.c.).
Da ultimo, per la s.r.l., va considerata la pertinente incompatibilità con i caratteri della standardizzazione e della fungibilità del ceto sociale. Il regime delle incompatibilità va esaminato mercé il comma 6 dell’art. 10 della l. n. 183 del 201, laddove è stabilito che «la partecipazione ad una società è incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti».
Sul punto sarà bastevole inserire nell’atto costitutivo una dichiarazione della parte, resa ai sensi della d.P.R. n. 445 del 2000. Le conseguenze dell’incompatibilità taciuta non consisteranno nella nullità del rapporto sociale, quanto in una causa di scioglimento. Non è pensabile che si permetta il possesso indiretto di partecipazioni, col fine malevolo di aggirare il regime delle incompatibilità.