Da interviste effettuate dall’ISTAT, nell’ambito dell’indagine sulla sicurezza dei cittadini 2015-2016, è emerso che il 7,9% delle famiglie italiane è stato coinvolto, almeno una volta nella vita, in dinamiche corruttive. Gli ambiti più a rischio sono quello lavorativo, sanitario e degli uffici pubblici
SRM approfondisce, oramai da 5 anni, un tema che assume in Italia e nel Mezzogiorno un ruolo rilevante nell’analisi delle potenzialità economiche del territorio; si tratta del rapporto tra crescita economica e funzionamento ed efficacia della Giustizia e dell’impatto sulle dinamiche creditizie.
In particolare dallo scorso anno, l’attenzione di SRM si è incentrata sul tema della legalità, intesa non solo nella sua accezione di valore istituzionale, con tutte le implicazioni morali e civili, ma anche e soprattutto come asset di competitività e di sviluppo. Legalità interpretata, altresì, come svolta culturale ed economica per il nostro Paese, che caratterizzi e contraddistingua tutti i settori dell’economia e dia impulso a un nuovo concetto di cultura d’impresa.
Un efficace stato di diritto riduce la corruzione, combatte la povertà e protegge le persone dalle grandi e piccole ingiustizie.
È la base per ogni comunità in termini di equità, opportunità, sviluppo, sostegno alla pace, governo responsabile e rispetto dei diritti fondamentali.
Garantire la legalità risulta però molto spesso difficile, intendendo non tanto l’aspetto formale dello stato di diritto, nel quale il nostro Paese ha un’elevata tradizione e cultura, ma la sua effettiva applicazione nei vari aspetti della vita quotidiana, sia economica sia sociale, per le nostre realtà produttive e per i nostri concittadini. La diffusa bassa efficienza media della macchina giudiziaria – la cui complessità comporta il più delle volte una eccessiva lentezza nel giudizio, la difficoltà di applicazione delle sanzioni, cioè in definitiva, una non chiara certezza del diritto – si traduce in meccanismi di mercato in cui si avvantaggia l’attore economico più spregiudicato, prepotente e addirittura illegale. Il tutto ai danni di chi opera nella legalità, nella trasparenza delle proprie attività o nella qualità del rapporto con i propri dipendenti o fornitori.
Ecco pertanto che, nella sua valorizzazione in un’ottica di sviluppo e di competizione leale, assumono un rilievo significativo quelle istituzioni atte a controllare e gestire i cosiddetti “fallimenti del mercato” e ad agire con trasparenza e tempestività per limitare fenomeni distorsivi e lesivi delle regole del mercato, quali ad esempio la corruzione, il sommerso e il riciclaggio dei proventi delle attività criminali.La legalità quale principio base per la libera concorrenza è strettamente unita a competitività e trasparenza. L
’attuazione della trasparenza in tutti gli aspetti gestionali dell’amministrazione della res pubblica è il modo attraverso cui si possono individuare e, quindi, prevenire situazioni illecite e di conflitto di interessi. L’Italia è notoriamente, tra gli Stati dell’Europa occidentale, il Paese che mostra livelli più alti di corruzione. In particolare, il Corruption Perception Index (CPI) – elaborato da Transparency International – posiziona l’Italia al 54esimo posto su 180 Paesi considerati. Il punteggio assegnato all’Italia è di 50, in crescita rispetto al 47 del 2016, con un trend di miglioramento consistente della collocazione del nostro Paese nella classifica generale.
In questo modo, la classifica di Transparency International dimostra di apprezzare le norme approvate negli ultimi anni tra l’altro su whistleblowing, trasparenza amministrativa e istituzione dell’ANAC. Tuttavia, risulta ancora marcata la distanza rispetto ai maggiori Paesi europei: il Regno Unito e la Germania sono rispettivamente all’8° e al 12esimo posto, la Francia al 23esimo, la Spagna al 42esimo. L’Italia, quindi, con il suo punteggio di 50 si trova sul punto mediano della scala che va da 0 (corruzione elevata) a 100 (trasparenza elevata).
Il nostro Paese, inoltre, si colloca sopra il punteggio medio globale, che per il 2017 risulta essere 43. Da interviste effettuate dall’ISTAT, nell’ambito dell’indagine sulla sicurezza dei cittadini 2015-2016, a 43mila persone tra i 18 e gli 80 anni di età, è emerso che il 7,9% delle famiglie italiane è stato coinvolto, almeno una volta nella vita, in dinamiche corruttive. Gli ambiti nei quali il maggior numero di famiglie italiane ha ricevuto una richiesta di denaro o altro in cambio di servizi, sono quello lavorativo, sanitario e degli uffici pubblici. In particolare, il settore sanitario e quello dei servizi di assistenza hanno mostrato la maggior incidenza di simili fenomeni negli ultimi anni, e dunque sono da ritenersi maggiormente a rischio. Quanto ad una visione territoriale del fenomeno, la situazione appare notevolmente diversificata.
L’indicatore complessivo di corruzione stimato varia tra il 17,9% del Lazio – che si distacca notevolmente dalle altre regioni – e il 2% di Trento, con valori molto elevati anche in regioni quali Abruzzo, Puglia, Basilicata e Molise. Il quadro è molto variegato anche a seconda del settore considerato. Al Centro, gli ambiti più a rischio sono quelli del lavoro, degli uffici pubblici e della giustizia; al Nord, con percentuali tendenzialmente più basse, i settori più colpiti sono quelli della giustizia, sanità e lavoro; mentre al Sud i più colpiti sono i servizi assistenziali, dove quasi l’8% delle famiglie ricorse a questo tipo di supporto si è imbattuto in richieste di denaro o altro, un dato almeno doppio rispetto a quello registrato in altre aree del Paese. Osservando in particolare i rischi nel mondo del lavoro, il 5% del totale ha riscontrato nel proprio ambito di attività scambi illeciti o inopportuni.
Ben sopra la media nazionale, si trovano Lazio, Veneto e Liguria, rispettivamente con il 7,5%, il 7,2% e il 6,9%. La Campania risulta invece seconda tra le regioni del Mezzogiorno dopo la Sardegna, con circa il 5%. In conclusione, l’Italia rimane comunque in condizioni che richiedono ancora interventi aggressivi nel contrasto ai fenomeni corruttivi. Contro corruzione, illegalità e mancanza di trasparenza la reazione da parte delle istituzioni è stata decisa, con provvedimenti quali il piano nazionale anticorruzione, l’osservatorio sulla corruzione, la banca dati lavori pubblici e l’utilizzo sempre più spinto delle nuove tecnologie per garantire la trasparenza, specie quella dei procedimenti amministrativi “sensibili” (quelli cioè che hanno ad oggetto autorizzazioni, concessioni, appalti pubblici, erogazioni di benefici economici a persone o enti pubblici o privati). Queste azioni, però, da sole non bastano. Una lotta efficace si realizza anche con la diffusione di una cultura della legalità.
Solo partendo da un’azione sinergica tra istituzioni pubbliche, associazioni di cittadini, imprese e rappresentanze economiche sul territorio si può delineare un percorso comune per l’affermazione di una cultura della legalità e della trasparenza.