Dinamismo accademico, condivisione di obiettivi strategici tra gli atenei di aree territoriali diverse, convergenza tra ricerca di base, mission-oriented e imprenditorialità possono permettere di capitalizzare gli investimenti pubblici in ricerca e formazione, trattenendo al Sud le migliori menti
Colmare i divari territoriali in Italia affidandosi alla ricerca pubblica è coerente con una nuova prospettiva che vede il problema del Mezzogiorno come una grand challenge da affrontare attraverso “missioni” di ampia rilevanza per la società che coinvolgono più settori e discipline scientifiche, nonché i portatori di interessi.
L’interazione tra attori pubblici e privati nelle numerose iniziative di trasferimento tecnologico messe in campo nel Mezzogiorno non fanno altro che favorire un approccio partecipativo alle decisioni di politica industriale e tecnologica, soprattutto se di competenza regionale. La Campania si distingue nel più ampio contesto meridionale per alcuni elementi di evidente rilievo alla luce della teoria dei sistemi regionali di innovazione.
Per iniziare, è tra le regioni più popolose d’Italia (terza: oltre 5,6 milioni di abitanti) ed è la più giovane (prima per età media: 43,6 anni), informazione di rilievo per la domanda di istruzione universitaria e per il ricambio generazionale nel mercato del lavoro. In Campania, 5 atenei pubblici non telematici (Unicampania, Unina, Uniparthenope, Unisa, Unisannio) hanno in organico 3.508 tra docenti e ricercatori delle aree disciplinari CUN da 1 a 9 (vale a dire 1-Scienze matematiche e informatiche, 2-Scienze fisiche, 3-Scienze chimiche, 4-Scienze della terra, 5-Scienze biologiche, 6-Scienze mediche, 7-Scienze agrarie e veterinarie, 8-Ingegneria civile e architettura, 9-Ingegneria industriale e dell’innovazione). Le tabelle pubblicate dall’ANVUR nei rapporti di area mostrano che tali atenei, in alcune aree CUN, hanno conseguito posizioni alte nei ranking stilati per quartile dimensionale. Per l’Anno Accademico 2021/22, nelle aree CUN 1-9, si contano161 corsi di laurea specialistica (di cui circa la metà presso Unina) e il 29% (47) sono a carattere internazionale. Sono presenti, inoltre, 58 programmi di dottorato nelle aree CUN 1-9. Va evidenziato che la formazione dottorale campana sta consolidando il suo grado di apertura alle collaborazioni internazionali e ai rapporti con il tessuto imprenditoriale.
Come si osservava pocanzi, le caratteristiche demografiche e geografiche della Campania favoriscono la formazione di ecosistemi o cluster innovativi, in cui imprese, atenei, centri di ricerca pubblici e privati, attori del terzo settore e istituzioni contribuiscono, collaborando, all’avanzamento della frontiera tecnologica.
In particolare, in riferimento ai brevetti depositati o concessi, se ne contano 16. Guida l’ideale graduatoria regionale Unicampania con 7 brevetti, seguita da Unina (4), Unisa (3), Uniparthenope (2). Nel complesso, il settore con maggiore frequenza di brevettazione è Sanità e Biomedicale, con 9 brevetti.
Tra gli spinoff censiti alla banca dati Spin-off Italia, 109 sono associati ad atenei campani. I settori col maggior numero di spinoff sono life sciences (25), Energia e ambiente (24) e Servizi per l’innovazione (23). Il quadro delle istituzioni di collegamento tra ricerca pubblica e imprese in Campania risulta alquanto ricco e articolato. Di recente il MUR ha approvato il finanziamento degli ecosistemi dell’innovazione, di cui all’avviso n. 3277 del 30-12-2021, nell’ambito della missione 4, componente 2 del PNRR. Sono stati finanziati 27 progetti. Al quarto posto della graduatoria si è qualificato SHerIL – Samnium Heritage Innovation Lab, guidato da Unisannio, per un finanziamento di 5 milioni di euro. Hanno ottenuto finanziamenti sullo stesso bando, come capifila, anche Unina (Ecosistema Innovazione: sistema culturale e creativo e città storica del futuro), Uniparthenope (Physical Internet per la logistica delle merci ad altissima velocità), Unisa (Ecosistema della medicina personalizzata per le life science). Unina guiderà il National Research Centre for Agricultural Technologies-Agritech, con un budget di 320 milioni di euro (per il 45% destinato al Sud) e la partecipazione di 46 soggetti, tra cui 14 imprese. Il finanziamento è stato concesso su fondi PNRR (Decreto Direttoriale MUR n. 3138 del 16-12-2021), Missione 4 Componente 2 Investimento 1.4 “Potenziamento strutture di ricerca e creazione di “campioni nazionali di R&S” su alcune Key Enabling Technologies”.
A San Giovanni a Teduccio, Napoli, ha sede la iOS Apple Developer Academy, in collaborazione con tutti gli atenei pubblici napoletani. Il programma formativo, con didattica fondata sul challenge based learning, è focalizzato sullo sviluppo software, la progettazione di app e la creazione di startup. Sono attivi in tutte le università campane i Contamination Lab (CLAB) previsti dal Programma Nazionale per la Ricerca, in cui vengono promosse idee interdisciplinari per la definizione di progetti imprenditoriali innovativi in grado di impattare sul territorio, coinvolgendo studenti universitari e dottorandi. MediTech, il Competence Center del Sud Italia sui temi dell’industria 4.0, è stato istituito nel 2019 con sede a Bagnoli, presso la Città della Scienza. Hanno aderito al centro 5 università della Campania (Unina, Uniparthenope, Unisa, Unisannio, Unicampania) e 3 della Puglia (Uniba, Poliba, Unisalento), oltre che due amministrazioni regionali, con il coinvolgimento di oltre 100 imprese. Università ed enti di ricerca della Campania e di altre regioni hanno dato vita nel 2006 alla società consortile Biogem, con sede ad Ariano Irpirno (AV). Biogem ha tra i propri soci campani Unina, Unicampania, Unisannio, Unisob, CNR e Stazione zoologica Dohrn. Biogem collabora con gli atenei sul piano della ricerca ma anche attraverso il programma University Industry Internship Programme. Tutti gli atenei campani hanno aderito a PNICube-Associazione Italiana degli Incubatori Universitari e delle Business Plan Competition. I 5 atenei pubblici campani sono soci ordinari della Fondazione R&I-Ricerca & Imprenditorialità per lo sviluppo dei settori ad alta e media tecnologia.
Unina è partner di TerraNext, parte della Rete Nazionale Acceleratori di CDP Venture Capital, con specializzazione nel meta-settore della bioeconomia. Tra i fondatori di TerraNext risulta il Cluster Italiano della Bioeconomia Circolare-SPRING, di cui sono soci Unina, Uniparthenope e Unisa.
Ha sede a Napoli l’AGCOM, Agenzia per le garanzie nelle comunicazioni, a cui è affidato il compito di assicurare la concorrenza in alcuni settori correlati alla rivoluzione informatica, quali le telecomunicazioni, l’editoria, i mezzi di comunicazione di massa e le poste. Atenei campani (Unina, Uniparthenope, Unisob) hanno stipulato convenzioni con l’AGCOM per lo svolgimento di studi e ricerche sugli aspetti economici, tecnici e socio-giuridici delle reti di nuova generazione.
La scelta riflette una visione del Mezzogiorno -e in particolare della Campania- come area territoriale in cui, sebbene occorra colmare divari nelle infrastrutture fisiche e sociali di base – dalla rete stradale alla scolarizzazione – è possibile attivare iniziative che consentano al Paese di partecipare alle sfide della globalizzazione con una strategia più lungimirante della concorrenza nei prezzi. Come sostiene da anni SRM, il Mezzogiorno, facendo leva sui suoi punti di forza, può dare un contributo essenziale alla crescita sostenibile e durevole dell’intero Paese. Questo è vero sia perché le regioni del Sud rappresentano un mercato di sbocco elettivo per le produzioni del Nord, ma soprattutto perché nei “cassetti” delle università, degli enti di ricerca e delle imprese del Sud possono trovarsi idee innovative in attesa di realizzazione pratica, su cui sviluppare reti di collaborazione.
Dinamismo accademico, condivisione di obiettivi strategici tra gli atenei di aree territoriali diverse, convergenza tra ricerca di base, ricerca mission-oriented e imprenditorialità possono permettere di capitalizzare gli investimenti pubblici in ricerca e formazione, trattenendo le migliori menti; e dunque possono rendere il tessuto produttivo del nostro Paese più robusto rispetto agli shock esterni e maggiormente proattivo rispetto alle opportunità fornite dalle tecnologie emergenti.
(Per i dati si ringrazia il Prof. Alessandro Sapio, Università degli Studi di Napoli Parthenope).