L’organizzazione del lavoro nel periodo della pandemia

Il ricorso allo smart working – dal potere di controllo del datore agli obblighi del lavoratore

 

Il lavoro agile o smart working finalizzato all’incentivo di forme di lavoro flessibile nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, in seguito alla diffusione della pandemia del covid-19, è la modalità di esecuzione di lavoro attualmente utilizzata, a causa dell’impossibilità per le persone di recarsi sul proprio posto di lavoro. Lo smart working, disciplinato dall’art. 18 L. n. 81/2017, rappresenta una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilito attraverso un accordo tra le parti, caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e finalizzato ad agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro tramite l’esecuzione della prestazione, sia all’interno sia all’esterno dei locali aziendali senza l’utilizzo di una postazione fissa e tramite l’utilizzo di strumentazione tecnologica ed entro i limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, secondo quanto previsto dalla legge e dai contratti collettivi.

Se da un lato la finalità è di conciliare tempi di vita e di lavoro dall’altro il ricorso a tale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro è orientata a migliorare la produttività. Il DPCM del 1.3.2020 n. 52, estendendo le disposizioni dei precedenti DPCM del 23 e 25 febbraio a tutto il territorio nazionale, in deroga a quanto già disciplinato dalla legge n. 81/2017, ha introdotto una procedura semplificata per il ricorso allo smart working. Infatti, tale modalità può essere applicata dai datori di lavoro sull’intero territorio nazionale, per la durata dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri il 31 gennaio 2020, ossia di sei mesi, anche in assenza di accordi scritti con il dipendente, con l’assolvimento degli obblighi di informativa sulla salute e sicurezza in via telematica.

Resta fermo che, nell’ambito di tale modalità, il lavoratore dovrà rispettare il diritto alla disconnessione dall’attività lavorativa consistente quindi nel distacco dall’attività in alcune ore della giornata. Il datore potrà sempre esercitare il proprio potere disciplinare, esigendo dal dipendente l’utilizzo della necessaria diligenza nell’esecuzione della prestazione, verificando il corretto svolgimento dell’attività lavorativa con opportuni controlli, sempre nel rispetto delle limitazioni imposte dalla normativa. Infatti, il datore non può utilizzare software o tecnologie digitali per verificare se il lavoratore sia collegato o meno al computer aziendale o su quali siti abbia avuto accesso ma, nell’ambito dell’accordo individuale, disciplinare le forme del potere di controllo sempre nei limiti di quanto previsto dall’art. 4 dello Statuto dei lavoratori. Tale articolo, infatti, prevede che impianti audiovisivi e altri strumenti tecnologici dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo sindacale. Il lavoratore, invece, è tenuto a custodire gli strumenti affidatigli di cui è responsabile, avendo l’obbligo di utilizzarli in conformità alle indicazioni aziendali, essendo tra l’altro responsabile della riservatezza dei dati aziendali. Pertanto, in caso di utilizzo difforme a quelle che sono le indicazioni, potrebbe essere soggetto a sanzioni disciplinari.

Tra i benefici di tali modalità di prestazioni sicuramente si ravvede dal punto di vista aziendale un contenimento dei costi di logistica e spazio e quindi miglioramento della produttività, mentre per il lavoratore la possibilità di gestire meglio il proprio tempo tra lavoro e vita privata.

In buona sostanza il ricorso allo smart working nel semestre di emergenza covid, già in precedenza adottato in diverse realtà aziendali, ha accelerato l’apertura ad una modalità di prestazione lavorativa e di organizzazione stessa del lavoro che potrebbe anche diventare un diritto permanente dei lavoratori.