MAF Kids, il gioco è una cosa da grandi

Gli ultimi progetti dell’azienda salernitana guidata da Anella e Francesco Mastalia: una linea di giochi e complementi d’arredo completamente realizzati in cartone e una serie di iniziative che puntano allo stare bene in azienda e fuori

 

Progettare per i più piccoli significa avere ben chiaro quanto il gioco possa essere spesso la chiave più semplice per imparare a conoscere il mondo e sé stessi, in maniera originale e creativa.

Attorno a questa piccola ma grande verità, MAF – protagonista alla seconda edizione della Milano Green Week, iniziativa promossa dal Comune di Milano per promuovere la diffusione del verde e sensibilizzare verso la cultura green – ha costruito il suo nuovo progetto: MAF Kids, una linea di giochi e complementi d’arredo completamente realizzati in cartone. Per tre giorni, il 27, 28 e 29 settembre scorsi, piazza Fontana è stata teatro di Green Belt Park, una città interamente in cartone: case, alberi e orti, per insegnare ai bambini il rispetto per l’ambiente e la necessità di uno stile di vita ecosostenibile.

Sono stati centinaia i piccoli che hanno abitato la città di cartone, entrando nella “Casa dei Miei Sogni”, imparando l’importanza del verde pubblico con “Amico Albero” e scoprendo come funziona il ciclo delle stagioni con l’“Orto delle 4 Stagioni”. Tutti i prodotti – realizzati con materiali 100% ecologici – hanno elevata qualità e resistenza nel tempo, sono sicuri per i bambini e fanno bene all’ambiente perché facili da smaltire e riciclare. In più, come le costruzioni, sono facilissimi da montare senza ricorrere a tagli, colle o avvitatori. Il nuovo progetto di MAF, inoltre, non è solo bello ed educativo. Come se non bastasse, è anche buono: una percentuale di tutte le vendite MAF Kids è devoluta a OPEN ONLUS, l’associazione per la ricerca su Oncologia Pediatrica e Neuroblastoma.

L’esperienza milanese – resa possibile anche grazie alle opportunità offerte a MAF da Spazio Campania, progetto nato da una partnership tra la Unioncamere Campania e Regione Campania e pensato anche come vetrina per le imprese – ha preso vita su sollecitazione di Antonella Ferrara, ideatrice e curatrice indipendente di eventi e progetti speciali, e per merito del genio creativo di Roberta Pastore, architetto slow.

MAf, però, declina la sostenibilità non solo a misura di bambino. L’azienda di Pontecagnano – specializzata nella cartotecnica, stampa offset, digitale, direct marketing e molto, molto altro – guarda ad una più ampia dimensione di benessere che coinvolge i dipendenti e le loro famiglie. Si nutre di questa filosofia “ViviMaf“, una serie di iniziative che puntano proprio allo stare bene in azienda e fuori. A disposizione dei lavoratori, ad esempio, un kit di 3 bottiglie in vetro che ciascuno di essi può riempire con l’acqua purificata “prodotta” in azienda, grazie alla recente installazione di due macchine per il trattamento dell’acqua con tecnica dell’osmosi inversa. Alla MAF, insomma, giocando si impara a fare cose serie, applicando giorno dopo giorno il teorema della “doppia effe”, ovvero la “fabbrica felice”. Se le persone sono felici sul posto di lavoro, rendono più del massimo anche nella vita personale.

Due domande a Roberta Pastore, architetto slow

Da Renzo Piano a MAF, di cosa si occupa un architetto slow?
Penso di aver avuto una doppia fortuna nel mio percorso lavorativo; la prima è di certo quella di aver incontrato un grande maestro (beh, forse il più grande dei maestri in cui speri di inciampare) e la seconda è di averlo incontrato dopo aver sperimentato per un po’ di anni la libera professione nel nostro studio RUNA di Salerno. Questo mi ha consentito di creare una mia autonomia di pensiero, che sicuramente mi ha fatto anche sbagliare ma ha fortificato tanto il mio senso critico e di analisi. La lezione che più mi ha segnato dell’esperienza con Renzo Piano è quella che io chiamo del “tavolo rotondo”. Le riunioni si svolgono a Palazzo Giustiniani, nella stanza G124, al cui centro c’è questo enorme tavolo tondo intorno al quale si discute e si mettono in circolo le idee di tutti. Tutti siamo equidistanti dal centro, nessuna idea vale più delle altre, tutte sono pezzi fondamentali del progetto. Questo è il metodo che cerco di applicare sempre e che, naturalmente, anche nella mia esperienza con il dinamico gruppo MAF ho avuto modo di portare avanti. L’idea creativa ha sposato le spinte imprenditoriali e viceversa, la stima, ma anche l’affetto reciproco, hanno consolidato il tutto. Abbiamo messo in circolo le nostre idee dall’incipit progettuale alle esigenze di produzione, fino alla realizzazione e questo continuo confronto ha consentito un risultato di cui siamo molto orgogliosi. Questo è l’approccio che considero slow: abbandonarsi alla creatività che non ha nulla a che fare con la stravaganza o con scelte dettate dalla moda del momento ma è la capacità di produrre idee. La creatività si muove in bilico tra il furore dell’urgenza e l’impegno della pazienza, è un percorso colto che ha a che fare con la capacità di analisi e di sintesi; che non cede all’incanto della soluzione facile e precostituita ma punta a generare soluzioni idonee e calzanti.

Poiché la bellezza, da sola, non basta in che modo l’architettura può impegnarsi?
La mia idea di bellezza è legata ad una visione classica, olistica che mette insieme il bello, il buono, il sostenibile e il giusto delle cose. Se una cosa ha tutte queste caratteristiche, allora, per me è bella! Altrimenti parliamo di opere di make up progettuale, di superficie. Così intesa, invece, la bellezza diventa una forma di investimento nel futuro, capace di creare identità e comunità. L’architettura è un’arte sociale, non va dimenticato, e l’architetto ha il dovere di creare bellezza, lo deve fare con umiltà e coraggio senza la presunzione di poterlo fare da solo, perché la bellezza di cui noi necessitiamo è qualcosa di più profondo, che ha che fare con le idee, con le emozioni e deve essere soprattutto democratica, cioè deve appartenere a tutti! I bambini a Piazza Fontana, nel nostro Green Belt Park, giocando con i genitori in un luogo bello, hanno generato a loro volta bellezza riempiendoci il cuore. Forse sì, la bellezza da sola non basta ma non diamola per scontata.