Manutenzione delle competenze: una sfida che non possiamo rimandare

La necessità di individuare nuovi modelli per tracciare e monitorare le competenze delle risorse umane nasce dalla trasformazione dei sistemi di organizzazione della produzione e del lavoro e dalla trasformazione dei sistemi formativi

Nell’attuale scenario economico-sociale in cui flessibilità e processi di adattamento permettono alle organizzazioni di fronteggiare le incertezze e le mutevoli condizioni dei mercati è evidente che risulta sempre più importante e strategico riconoscere e valorizzare la dimensione dinamica a disposizione dell’organizzazione, ovvero l’apporto professionale dell’individuo, il capitale intellettuale rappresentato dalle conoscenze e competenze (Knowledge base) e dalla capacità individuale di acquisire, governare e applicare tale patrimonio.

Per una organizzazione rischiare di perdere o non valorizzare in maniera adeguata una risorsa in momenti di forte competitività può essere una questione di sopravvivenza della stessa; agire tempestivamente per adeguare il personale a cambiamenti spesso molto rapidi degli obiettivi aziendali, e quindi dei processi e mansioni, richiede innanzitutto di avere una chiara visione dello stato dell’arte e delle necessità a breve e medio termine. La base per una gestione corretta e flessibile delle Competenze è ovviamente l’utilizzo di un Metodo aziendale che si basi sull’individuazione delle competenze necessarie all’azienda e la loro Mappatura sui ruoli al fine di garantire la realizzazione delle performance attese e degli obiettivi di business pianificati. Si parte dal presupposto che per fare bene (in modo adeguato, efficiente ed efficace) un’attività, assolvere ad un compito e raggiungere gli obiettivi prestabiliti dall’organizzazione è necessario essere competenti.

Prendendo spunto dal principio di Le Boterf, essere competenti e adeguati in un determinato ruolo all’interno di un’organizzazione risiede nel saper mobilitare le risorse (competenze) necessarie (sapere, saper fare, saper essere), non solo possederle. Si possono infatti possedere tutte le competenze/conoscenze/abilità adeguate per una performance di eccellenza in un dato ruolo, ma se non si riescono ad attivare o lo si fa solo in parte, ad esempio perché “non motivato”, molto probabilmente non si sarà in grado di raggiungere gli obiettivi fissati. Viceversa si potrebbe essere carenti in esperienza e conoscenza ma raggiungere comunque buoni risultati attivando la competenza di orientamento all’apprendimento o la capacità decisionale. Il metodo per superare questo gap ha come focus le competenze, le conoscenze e le capacità tecnico-professionali (secondo il modello T-shaped) ideali che una persona dovrebbe possedere (D. C. McCLELLAND, Testing for Competence Rather Than for “Intelligence“, AMERICAN PSYCHOLOGIST, JanuarySpencer e McClelland, 1973) e saper mobilitare (Le Boterf G., De la compétence: Essai sur un attracteur étrange, Les Ed.de l’Organisation, Parigi, 1990) per poter assumere quei comportamenti corretti che le permettano di svolgere adeguatamente le mansioni ed assumere le responsabilità specifiche richieste per la posizione che occupa nell’organizzazione.

Il monitoraggio e la manutenzione delle competenze può e deve avere un risvolto positivo sul generale livello di welfare aziendale. Il riconoscimento delle capacità e delle conoscenze favorisce l’accreditamento dell’azienda agli occhi del lavoratore e rinsalda il rapporto in ottica di trasparenza e reciproco vantaggio. Le aziende sentono forte la necessità di uno strumento in grado di valorizzare e accrescere il “patrimonio delle conoscenze” da esse posseduto, al fine di avere da un lato un costante monitoraggio certificato sulle competenze acquisite dai singoli individui operanti al suo interno e, dall’altro, un supporto nella pianificazione dei percorsi di crescita dei singoli in funzione di nuove strategie da perseguire ed obiettivi da raggiungere.La necessità di individuare nuovi modelli per tracciare e monitorare le competenze delle risorse umane nasce dalla trasformazione dei sistemi di organizzazione della produzione e del lavoro e dei sistemi formativi, con percorsi di apprendimento sempre più discontinui e flessibili, con l’esigenza di integrare esperienze eterogenee, formali, non formali e informali. Pertanto applicare nel contesto attuale un modello che abbia al centro le competenze dà valore aggiunto al singolo che ne fruisce e all’organizzazione aziendale che lo applica.Inoltre oggi è importante prendere consapevolezza del ruolo della formazione, che, da fattore di costo, si deve trasformare in investimento ad alto rendimento per la propria impresa. Anche le recenti iniziative di sostegno alle azioni formative volte all’introduzione dei processi e delle tecnologie di Industry 4.0 vanno in questo senso. Lo Stato, infatti, concede un credito di imposta sulle ore di formazione “investite” sulla riqualificazione e l’innovazione in chiave 4.0. Le aziende che hanno condiviso la visione della Jobiz Formazione credono nell’importanza del connubio tra tecnologia e innovazione di processo. Nell’ambito della formazione ciò si esplicita in un metodo innovativo che si lascia alle spalle la profilazione basata sul curriculum vitae verso una visione globale e approfondita delle skills individuali.

Questa visione si è concretizzata, oggi, nel K.M.S., acronimo di Knowledge Maintenance System, un software mirato alla gestione e alla manutenzione della knowledge base, tarato sulle esigenze di imprese e strutture organizzative complesse al fine di valorizzare in modo integrato competenze, abilità e comportamenti.