Martone, Luiss: «Un limite la poca attenzione del Governo al risultato»

MICHEL MARTONE

Per il professore di Diritto del Lavoro e Relazioni Industriali, Michel Martone, la riforma del mercato del lavoro pecca soprattutto nella riduzione degli incentivi per il salario di produttività

 

Professore in tema lavoro la direzione intrapresa dal Governo la convince? Quali interventi sono secondo lei meglio congegnati e di più immediato riscontro? Quali, invece, la lasciano più perplessa?

Mi sembra che sotto il profilo delle politiche del lavoro il Governo sia sulla giusta strada, dando dimostrazione al contempo di grande abilità tattica e mediatica. Il testo della legge delega è molto ampio e quindi dà grande potere al Governo. Poiché, però, la mia precedente esperienza di viceministro mi ha insegnato che il diavolo spesso si nasconde nei dettagli, attenderei di vedere come i decreti delegati daranno attuazione ai principi contenuti nella legge delega prima di esprimere un commento univoco e definitivo. Attualmente c’è molto clamore intorno all’articolo 18. Ma secondo lei è questo il problema più grave per le imprese italiane?No, non credo sia la primaria urgenza cui fare fronte. Semmai lo è il costo del lavoro eccessivo, così come lo sono i pesanti costi ambientali legati alla burocrazia, i troppi controlli talvolta inutili a carico delle aziende, la corruzione e tutte quelle distorsioni che impediscono a un imprenditore che ha il guizzo di una buona idea di attuarla con rapidità e profitto. Detto ciò di sicuro anche l’articolo 18 andava riformato.

 

Sulla differenza tra salario lordo e salario netto qualcosa è stato fatto dal Governo. Ci si poteva spingere di più?

Il Governo ha cominciato a lavorare sull’Irap ma non sarà solo grazie a questo intervento che l’industria e l’occupazione saranno nelle condizioni di ripartire. Deve ristabilirsi un clima di complessiva fiducia e credito verso il mondo delle imprese, troppo spesso oggetto di diffidenza e di disattenzione.

Incentivi per il salario di produttività: perché il Governo secondo lei li sta riducendo?

Fermo restando la condivisione delle linee di tendenza del Jobs Act e degli obiettivi in materia di politiche del lavoro, trovo che la riforma congegnata dal Governo abbia tre sostanziali limiti: il primo è la scarsa attenzione nei confronti del mondo delle partite iva, trattate tutte come falsi rapporti di lavoro subordinato, quando invece in quel mondo si nasconde un nucleo di autonomia che in atri momenti storici ha assicurato il benessere del Paese; il secondo è dato proprio dalla riduzione degli stanziamenti a favore dei premi di produttività, il che equivale ad una diminuita attenzione al risultato; il terzo risiede nell’idea di trasferire i risparmi previdenziali in busta paga perché quello che farà riprendere la domanda interna sarà la fiducia e non un provvedimento legislativo che permette di disporre anzitempo delle risorse legate al trattamento di fine rapporto. Per questo ritengo che sia importante l’attenzione che il documento di Confindustria Salerno ha posto proprio sulla retribuzione di produttività.

 

Un’ultima domanda sulla formazione: “la buona scuola” proposta dal governo Renzi mostra un’inversione di tendenza rispetto al passato fatto di tagli lineari in questo settore. Ma a suo avviso dove è più importante che si torni ad investire? Sui primi gradi di istruzione o sul livello universitario?

Su tutti i gradi di istruzione, ovviamente, specie quelli primari perché è lì che i giovani sviluppano le loro principali capacità ed è lì che il Paese ha bisogno di nuovi insegnanti giovani e capaci di trasmettere le conoscenze per affrontare con il giusto piglio il mondo di domani.