Medere, avanti a passo spedito

Sul podio la startup romana fondata da tre ingegneri biomedici con un’innovazione realizzata in collaborazione con Novartis. Visioni, passioni e speranze di un giovane team capitanato da Marco Mannisi, fondatore e direttore marketing

 

L’attività di ricerca di Medere attualmente ruota attorno allo sviluppo di plantari correttivi e terapeutici, realizzati su misura e dotati di un sistema di monitoraggio integrato: come e quando nasce questa idea progettuale che ha più di una variazione sul tema?

Insieme ai miei due amici e soci, Daniele Bianchi e Raffaele Ferrante, abbiamo iniziato lo sviluppo di un metodo innovativo per la produzione di plantari a gennaio 2019. Dopo un anno di test, prototipazione e validazione abbiamo immesso i nostri prodotti sul mercato e sviluppato nuove linee. Nel 2020 abbiamo poi iniziato a ragionare su come poter migliorare i nostri prodotti per creare un sistema in grado non solo di supportare il cliente durante la deambulazione, ma capace anche di fornire dati utili al medico per poter monitorare i propri pazienti in modo rapido e semplice. Abbiamo incontrato i mentor di Novartis durante il percorso di accelerazione BioUpper. Sin dal primo momento ci hanno sostenuto nella progettualità di questo nuovo sistema che stiamo ora sviluppando grazie a contributi MISE promossi dal MADE Competence Center e ad un contributo della Commissione Europea nel contesto del progetto DIH4CPS.

A quale bisogno concreto risponde e per chi è pensata?

Il nostro sistema di plantari provvisti di sensori inerziali e sensori di pressione è pensato sia per essere utile al paziente, sia al medico curante. Il paziente potrà infatti beneficiare dell’utilizzo di un plantare ma avere anche la certezza di un controllo continuo da parte del medico, senza dover attendere le visite periodiche. Il medico potrà infatti visionare dei report sui dati registrati grazie al nostro sistema. In questo modo sarà possibile accorgersi di eventuali alterazioni significative e intervenire prontamente.

Quali motivazioni vi hanno spinto a iniziare un’avventura imprenditoriale?

Sin dai tempi dell’università, dove ci siamo conosciuti, Daniele, Raffaele e io abbiamo sempre sognato di poter sfruttare le nostre competenze e la nostra passione per sviluppare prodotti innovativi per il benessere e la salute. Dopo alcuni anni di formazione professionale e accademica sia in Italia, sia all’estero, abbiamo capito che il nostro sogno poteva diventare realtà e abbiamo deciso di trasformare le idee, discusse inizialmente in amicizia, in “Medere”.

La collaborazione con Novartis è stata il punto di svolta?

Trovare il supporto di Novartis sin dall’inizio dello sviluppo di questa nuova idea è stato fondamentale. Novartis ci ha guidati nella fase progettuale e ci ha anche permesso di entrare in contatto con i “diretti interessati”. Abbiamo infatti incontrato differenti realtà ospedaliere e abbiamo potuto constatare l’interesse da parte dei medici nei confronti del nostro sistema. Avere conferma dell’attenzione verso l’idea è uno degli aspetti principali nello sviluppo imprenditoriale di un nuovo prodotto.

Il digitale quanto ha cambiato i rapporti medico-paziente?

Il digitale ha sicuramente giocato un ruolo fondamentale, nelle ultime decadi, nello sviluppo di un sistema sanitario più efficace. Negli ultimi anni sono stati sviluppati molti sistemi di supporto alla gestione del rapporto medico-paziente. Alcuni esempi sono i sistemi automatizzati di controllo terapeutico, sviluppati anche grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Altri sistemi permettono al medico di controllare parametri importanti a distanza e di accedere a cartelle cliniche digitali che racchiudono tutta la storia di un determinato paziente. Se da un lato c’è stato dello scetticismo verso queste nuove tecnologie, dall’altro non si può non riconoscerne la potenzialità. La pandemia che stiamo tutt’ora affrontando ha messo ancora più in luce l’importanza di un rapporto digitale tra paziente e medico e di come supporti digitali che sfruttano tecnologie innovative possano aiutare a superare o per lo meno a ridurre le barriere dovute a distanziamenti. Far sentire al paziente che, nonostante la distanza, c’è un costante supporto e monitoraggio, è fondamentale.

Si sono già presentate delle criticità? Come le avete superate?

Più che di criticità parlerei di sfide. Già prima di fondare ufficialmente Medere sono sorte le prime, anche su argomenti inizialmente sconosciuti. L’importante è affrontare tutto con la giusta mentalità e capire come superare ogni ostacolo senza perdere di vista l’obiettivo. Lo abbiamo sempre fatto con determinazione e perseveranza, analizzando ogni situazione nel dettaglio e cercando di procedere con soluzioni e idee. Penso che l’importante sia essere andati sempre e comunque avanti.

Qual è la componente più appassionante del vostro lavoro?

Sicuramente la fase finale di produzione e consegna dei nostri prodotti è per noi fonte di grande emozione perché rappresenta il coronamento di tutto il percorso che ci ha portato allo sviluppo. Ciascuna fase, però, dall’idea ai primi prototipi, dagli errori alle continue sfide, in un modo o nell’altro sono utili perché ci consentono di confrontarci e crescere. Credo sia importante saper apprezzare tutti gli aspetti del proprio lavoro, anche quelli meno dinamici o emozionanti che fanno però parte del gioco e che sono imprescindibili.

Oggi vi sentite più ricercatori o più manager imprenditori?

Con Daniele e Raffaele siamo convinti che ricerca e imprenditoria siano due ambiti che devono andare avanti in parallelo. Senza ricerca non potremmo sviluppare nuovi prodotti e trovare soluzioni a problemi concreti ma senza imprenditoria non potremmo dare vita ai risultati della nostra ricerca.

Il concorrente è un pericolo o uno sprone?

Nel nostro caso è uno sprone e, a volte, una possibilità di crescita e collaborazione. Da sempre crediamo nell’importanza delle collaborazioni e della condivisione delle competenze per l’ottenimento del risultato. L’obiettivo finale è trasformare un’idea in realtà ed è necessario cercare collaboratori in grado di fornire il giusto contributo al progetto. Quello che a prima vista può sembrare un concorrente non è detto che poi non si riveli un collaboratore chiave.

In Francia l’ecosistema dell’innovazione sta crescendo velocemente e vertiginosamente, con investimenti governativi, iniezioni di capitali e finanziamenti privati considerevoli, frutto di un piano strategico per posizionarla come Startup Nation. Nonostante gli sforzi di molti e i passi in avanti, in Italia non è ancora così. Perché secondo voi e cosa manca per creare quel dinamismo redditizio per tutti?

Dalla nostra esperienza possiamo assolutamente confermare che l’Italia ha fatto tanto e stia tuttora facendo tanto per supportare l’ecosistema dell’innovazione e delle startup. Altri paesi, come la Francia, hanno investito prima e con maggiore velocità ma non credo che la situazione italiana sia rimasta indietro in modo irrecuperabile, anzi.

Purtroppo, è capitato spesso che gli “unicorni” italiani o le startup che hanno raggiunto il successo abbiano ricevuto investimenti esteri e questo a mio avviso è una perdita per il nostro Paese caratterizzato da sempre da grande inventiva, tecnica, passione e tenacia. Spero che in futuro l’ecosistema italiano venga alimentato sempre di più, seguendo il trend di crescita degli ultimi anni, e che si utilizzi una mentalità più aperta e agile per favorire la crescita rapida delle startup che meritano e che hanno idee nuove e brillanti accompagnate da passione e determinazione.