MODELLO 231, BANDO ALLA GENERICITÀ

 

Una recente pronuncia della Corte di Appello di Venezia, Sez. I penale, ha evidenziato la necessità che lo stesso sia composto da vere e proprie contro-misure di prevenzione realmente idonee ed efficaci a impedire i reati che più facilmente possono verificarsi 

 

Con la recente sentenza della Corte di Appello di Venezia, Sez. I penale, 4 gennaio 2023, emessa nell’ambito del processo alla Banca Popolare di Vicenza, si torna a parlare, con una pronuncia molto ben articolata, del tema relativo ai contenuti del Modello Organizzativo predisposto ai sensi del D.Lgs. n. 231/01 e dei conseguenti presidi, in uno con quello relativo ai poteri, all’autonomia e all’indipendenza dell’Organismo di Vigilanza a tal scopo nominato. Nel dettaglio, la Corte adita ha evidenziato la necessità che il Modello 231 sia caratterizzato da prescrizioni che non siano generiche, di portata generale o contenenti divieti attinenti a profili marginali rispetto alla esigenza di prevenire i reati ma, al contrario, sia calato nella realtà aziendale nella quale è destinato a trovare attuazione e sia, cioè, composto da vere e proprie contro-misure di prevenzione realmente idonee ed efficaci a prevenire i reati che più facilmente possono verificarsi. Oltre a ciò, i giudici di appello si sono soffermati sui requisiti di indipendenza e autonomia dell’Organismo di vigilanza nominato, intesa come assenza di subordinazione del controllante al controllato e, in ogni caso, di possibili ragioni di condizionamento, ai fini della programmazione dell’attività di verifica dell’organismo nonché sulle garanzie di riservatezza delle comunicazioni da inviare all’Organismo. Sul tema, di particolare rilievo nella sentenza in discussione, è l’affermazione della Corte che stigmatizza lo stato di “osmosi” rilevato fra l’Organismo di vigilanza e i vertici aziendali, tanto da rendere del tutto impalpabili i margini di autonomia ed effettività dell’attività di controllo svolta da tale organismo.

Le caratteristiche intrinseche del Modello da adottarsi

La Corte adita ha contestato a Banca Popolare di Vicenza che il Modello organizzativo adottato non fosse stato attuato e presidiato da un organismo di vigilanza realmente idoneo allo scopo sotto lo specifico profilo della dotazione di adeguati poteri e, soprattutto, degli indispensabili requisiti di indipendenza. In particolare, soffermandosi sulla qualità del Modello, i Giudici hanno sottolineato come esso si atteggia come uno strumento di gestione del rischio da commissione di determinati reati, ovverosia un dispositivo finalizzato a scongiurare la perpetrazione di attività delittuose poste in essere nell’interesse o a vantaggio dell’ente medesimo e, quindi, ad evitare le conseguenze sfavorevoli costituite, per l’ente in questione, dalle relative dalle sanzioni. Pertanto, un Modello adeguato deve essere caratterizzato dall’adozione e dalla conseguente attuazione di contro-misure di prevenzione idonee ed efficaci che, per essere ritenute tali, non solo devono rispondere ai parametri astrattamente delineati dalla norma, ma devono poi essere adeguate alla concreta situazione di riferimento. Nello specifico, invece, la Corte ha riscontrato che il Modello adottato da BPV fosse caratterizzato da prescrizioni per lo più generiche e, quindi, manifestasse gravi lacune tanto sotto il versante dell’idoneità quanto sotto quello dell’efficacia, limitandosi alla previsione della adozione di un’organizzazione interna basata sui criteri di ripartizione di competenze e segregazione funzionale in ordine a specifiche attività, nonché di cura di adempimenti formali, ovvero nell’impartire divieti attinenti a profili marginali rispetto all’esigenza di prevenire i reati.

Le caratteristiche dell’Organismo di vigilanza nominato

Quanto alle caratteristiche dei membri dell’Organismo di vigilanza nominato, i Giudici di appello hanno contestato a BPV di aver introdotto un organismo di vigilanza privo di autonomia effettiva rispetto alla direzione societaria, donde un ulteriore, decisivo profilo di inadeguatezza di tale strumento organizzativo. In particolare, si legge nella sentenza, la direzione dell’ODV era affidata, al Responsabile pro tempore della Direzione Internal Audit, affiancato da due soggetti esterni, avvocati, privi di rapporto di lavoro dipendente con la Banca. Era previsto, inoltre, che il Presidente di tale organismo non rivestisse cariche sociali nelle società del Gruppo medesimo. Tuttavia, evidenzia ancora la pronuncia, tanto il presidente che i due ulteriori componenti dell’organismo erano soggetti privi della necessaria indipendenza.

Nel dettaglio, il primo risultava dipendere gerarchicamente dal Direttore Generale e, funzionalmente controllato dal CdA, ovverosia proprio dai poteri che avrebbe dovuto controllare; anzi, la relazione sulle attività svolte dall’ODV era effettuata, in sede di CdA, proprio dal direttore generale.

Quanto ai componenti “esterni”, essi erano soggetti che avevano ricevuto retribuzioni da società riconducibili alla Banca, con conseguente sussistenza di elementi oggettivamente tali da minarne l’autonomia di giudizio. Ne deriva, dall’esame documentale, che i verbali delle riunioni dell’OdV non fossero altro che la plastica espressione di un organismo che interpretava il proprio ruolo in modo meramente formale, posto che non offrono la benché minima contezza di alcuna programmazione di attività di verifica, né evidenziano che fossero state rilevate criticità, neppure in relazione ai casi più eclatanti.

Oltre a ciò, a tale organismo non risulta giunta alcuna segnalazione in ordine a questioni problematiche e rilevanti ai fini in esame e, questo, nonostante le numerose lamentele dei dipendenti per le continue pressioni sulla rete per la negoziazione di azioni, pressioni delle quali persino i sindacati si erano occupati. La costituzione di un Organismo di vigilanza inadeguato, secondo i giudici, è confermato dalla semplice constatazione che la commissione dei reati non ha affatto richiesto alcuna condotta elusiva e fraudolenta del modello organizzativo; molto più semplicemente, detto modello non ha rappresentato ostacolo di sorta per la consumazione dei reati, tanto che gli autori delle condotte delittuose non si sono minimamente dovuti preoccupare di aggirarlo e, questo, proprio perché il modello in questione costituiva un presidio non solo del tutto formale ma anche radicalmente “fuori fuoco” rispetto alle condotte sub iudice.

Conclusioni

La pronuncia della Corte d’Appello evidenzia due aspetti fondamentali rispetto all’adozione di Modelli Organizzativi.

La proliferazione dei reati presupposto del Modello, sempre più attenzionati dal Legislatore ma, soprattutto, dai Giudici istruttori, impone all’impresa di adottare schemi per nulla generalisti che, ai fini della loro validità, si mostrerebbero inadeguati rispetto alla prevenzione dei reati e non costituirebbero alcuna esimente in capo all’impresa stessa. Su altro fronte, la sentenza ha anche evidenziato che la nomina di componenti dell’Organismo di vigilanza privi dell’effettiva indipendenza, costituisce ulteriore elemento, in ipotesi di contestazione di reato, che esclude qualsiasi esimente in capo all’impresa all’interno della quale il reato si è consumato.