Il raggiungimento dei finanziamenti del PNRR e dunque la possibilità di un riammodernamento delle strutture del Paese passa soprattutto attraverso la capacità di essere tecnologicamente al passo con i tempi
Il nuovo Codice degli Contratti Pubblici, approvato con D.Lgs. 31 marzo 2023 n° 36, in Gazzetta Ufficiale il 31 marzo 2023, è entrato in vigore, per molte sue parti, il 31 luglio 2023 e completamente lo sarà solo il primo gennaio 2024.
Questo originale sfasamento di efficacia dopo l’entrata in vigore ha portato, sin dalla pubblicazione, ad alcune prime riflessioni (anche su questa rivista) ma, dal 31 luglio in poi l’operatività del Codice ha concretamente inciso e pare in negativo, con un rallentamento delle gare in Italia che desta non poche preoccupazioni.
Chiamato a facilitare le commesse con la Pubblica Amministrazione, e in particolare la capacità di spesa dei fondi PNRR favorendo la qualità e la sveltezza, il Codice si caratterizza per questo fine con diverse norme che rimandano ad una completa digitalizzazione dei procedimenti delle stazioni appaltanti e delle imprese.
Si stabilisce infatti che, per migliorare l’efficienza, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti provvedono, laddove possibile, ad automatizzare le proprie attività ricorrendo a soluzioni tecnologiche, incluse l’intelligenza artificiale attraverso il c.d. e-procurement, e cioè il sistema di spesa totalmente elettronico, dal primo atto del bando fino alla conclusione della vita del contratto. Agli artt. 19 e ss del Codice si fissano i principi cardine del procedimento digitale che, essenzialmente, sono: garantire la neutralità tecnologica, la trasparenza, la sicurezza informativa, la protezione dei dati personali; il principio della digitalizzazione integrale di tutto il processo; quello di interoperabilità per l’accesso digitale alle informazioni disponibili presso le banche dati; di sicurezza informativa e della protezione dei dati personali e della trasparenza.
All’art. 30 del Codice sono fissati altresì i principi che devono governare le decisioni assunte mediante automazione e cioè la conoscibilità e comprensibilità della decisione, la non esclusività della decisione algoritmica, per cui comunque esiste nel processo decisionale un contributo umano capace di controllare, validare o smentire la decisione automatizzata.
Questo importante processo di riforma digitale deve veder coinvolte stazioni appaltanti e imprese, vale a dire le due interfacce necessarie per giungere a rendere plausibili ed efficaci i principi esposti.
Intanto, va detto che non si è giunti ad una razionalizzazione delle stazioni appaltanti in Italia invocata da più parti, più volte programmata e a cui fa riferimento anche il Nuovo Codice.
Le stazioni appaltanti in Italia sono, infatti, ancora un numero esorbitante, più di 26.000 e non ci si può permettere di avere tanti e differenti (anche per capacità) centri di spesa, peraltro pochissimi all’altezza della sfida digitale. Questo numero va ridotto, così come vanno introdotte le centrali di committenza attrezzate per le gare digitali, in maniera tale che esse non siano più di poche centinaia (si ipotizza un numero ideale di 500 che possono servire anche ai piccoli Comuni ad esempio), obiettivo da raggiungere sia per far marciare spedito il PNRR, sia nell’ottica dell’efficacia del sistema.
Le stazioni appaltanti peraltro devono necessariamente “qualificarsi” presso l’ANAC. E ciò perché il nuovo Codice degli appalti agli artt. 62 e 63 dispone che potranno appaltare opere pubbliche d’importo superiore ai 500mila euro e acquistare beni e servizi sopra i 140mila euro solo gli enti e le amministrazioni qualificati per farlo. Le stazioni appaltanti che non provvedono non potranno ottenere il rilascio del Cig e cioè il Codice identificativo di gare.
Vale la pena sottolineare però che, tra luglio e agosto, delle circa 26.000 stazioni appaltanti, solo 1600 hanno avuto il via libera da parte dell’Autorità. La c.d. patente dell’ANAC impone che le stazioni appaltanti dimostrino di avere nel proprio organico ad esempio RUP che devono essere costantemente aggiornati, incentivati e attrezzati per la digitalizzazione. Inoltre bisogna avere una propria piattaforma digitalizzata. La circostanza che soltanto poche stazioni appaltanti si siano qualificate, evidenzia una carenza preoccupante perché è qualificato l’ente che è in grado di gestire le gare digitali con una capacità di formazione e di aggiornamento del proprio personale cui non si è abituati. Come pure non è partito con la dovuta efficacia il fascicolo elettronico dell’impresa, conosciuto come FVOE (fascicolo virtuale dell’appaltatore economico), in cui sono collazionati tutti i documenti utili anche per la comprova del procedimento di affidamento dei contratti pubblici, che dovrebbe interfacciarsi con le piattaforme digitali delle amministrazioni in automatico. Nonostante il procedimento di registrazione sia pronto da tempo, risulta che dopo la delibera dell’ANAC 262/2023, (che ha dettato lo strumento attuativo anche in concerto con l’Agenzia per l’Italia digitale) poche imprese hanno completato l’iter.
Ma il nuovo codice o è digitale o non è, per cui questo è un tema molto decisivo.
Abbiamo una macchina nuova, potente, che è il Codice, una specie di grosso computer per il quale abbiamo difficoltà a connetterci con il sistema delle stazioni appaltanti e delle imprese, come se non si fosse ancora attaccata la spina.
Le migliori riforme, senza che vi sia un terreno fertile e senza che l’apparato sia pronto, hanno poco successo. Non bastano i proclami, è necessario che la macchina funzioni.
E su questo incide anche la lentezza del piano di assunzioni straordinarie presso la P.A. che stenta a decollare. Vi sono senz’altro, come sempre succede, delle amministrazioni virtuose che hanno ringiovanito i propri ranghi e hanno previsto nuove professionalità spesso di tipo tecnico necessarie per avviare i progetti. Altre, invece, rimangono al palo con funzionari spesso inadatti, per non parlare delle piccole realtà in cui manca del tutto la capacità di gestire i processi di gara.
Il raggiungimento dei finanziamenti del PNRR e dunque la possibilità di una ripresa economica e di un riammodernamento delle strutture del Paese passa anche e soprattutto attraverso la capacità di essere al passo con i tempi.
In questo periodo, storico con le risorse straordinarie a disposizione sarebbe un peccato mortale sciuparle, specie per le possibilità che verrebbero negate per le future generazioni.
Si è ancora in tempo, ma bisogna accelerare, tutti, imprese e P.A.