Numerosi sarebbero i vantaggi derivanti dalla sostituzione dei contenitori rigidi, ma le applicazioni degli assorbitori di ossigeno agli imballaggi flessibili sono ancora estremamente limitate a causa delle difficoltà pratiche legate alla manipolazione dei materiali. La soluzione innovativa proposta da Annalisa Apicella, ingegnere chimico alimentare e dottoranda in Ingegneria Industriale dell’Università degli Studi di Salerno, è di realizzare delle strutture multistrato attive, inserendo il layer attivo fra due di polimero inerte, capaci di controllare il flusso diffusivo di ossigeno verso il cuore del film ed evitare il prematuro esaurimento dello scavenger
Oggigiorno la crescente richiesta di prodotti alimentari freschi, sicuri e minimamente processati promuove l’interesse scientifico e industriale verso innovazioni nei materiali e nelle tecnologie di confezionamento. Fra queste, gli imballaggi attivi rappresentano la strategia più promettente per estendere la shelf life degli alimenti, attraverso l’incorporazione di molecole attive in grado di interagire con il contenuto della confezione e modificare in maniera continua e specifica l’ambiente circostante.
Fra tutti, gli assorbitori di ossigeno (oxygen scavengers) e gli antiossidanti sono i sistemi attivi più interessanti e diffusi, in quanto i fenomeni ossidativi sono tra le cause più importanti di degradazione degli alimenti, perdita di nutrienti preziosi e delle proprietà organolettiche, nonché generazione di prodotti di ossidazione nocivi.
La nuova generazione di assorbitori di ossigeno consiste in strutture built-in, direttamente incorporate all’interno della matrice polimerica. Tale approccio consente di superare la diffidenza del consumatore nei confronti di dispositivi visibili, quali sacchetti ed etichette, e le problematiche di sicurezza legate alla rottura o all’ingestione accidentale, e ben si adatta alle tecnologie convenzionali di manifattura e converting degli imballaggi, quali estrusione, laminazione o deposizione di coating, con il vantaggio di non dover stravolgerne la filiera produttiva.
L’inserimento degli oxygen scavengers nei film flessibili: le innovazioni e le sfide
La realizzazione di strutture integrate e flessibili rappresenta la reale, nuova sfida nel campo degli imballaggi attivi. Numerosi sono i vantaggi derivanti dalla sostituzione dei contenitori rigidi: pesi e volumi ridotti, minori spazi richiesti per lo stoccaggio, costi per la produzione e il trasporto diminuiti. In aggiunta, si riducono i volumi dei rifiuti, con minori difficoltà nello smaltimento.
Tuttavia, le applicazioni degli assorbitori di ossigeno agli imballaggi flessibili sono ancora estremamente limitate, a causa delle difficoltà pratiche legate alla manipolazione dei materiali: infatti, lo spessore ridotto del film (dai 10 ai 100 micron) potrebbe comportare un esaurimento troppo rapido dello scavenger, compromettendo così la shelf life dell’alimento.
La soluzione innovativa proposta è di realizzare delle strutture multistrato attive, inserendo il layer attivo fra due di polimero inerte, capaci di controllare il flusso diffusivo di ossigeno verso il cuore del film ed evitare il prematuro esaurimento dello scavenger.
L’unione della barriera attiva e passiva in una struttura multistrato crea così un sistema sinergico, in cui lo strato centrale intrappola e reagisce con l’ossigeno, mentre gli strati esterni migliorano la barriera inerte, regolando di fatto la velocità alla quale l’assorbitore di ossigeno si consuma.
Un recente studio, presentato alla 2nd Innovations in Food Packaging Shelf Life and Food Safety Conference a Monaco di Baviera, in Germania proprio dall’ingegnere Annalisa Apicella, ha mostrato i risultati dello sviluppo di film attivi simmetrici tri-strato in Polietilene tereftalato (PET), prodotti attraverso un impianto pilota di co-estrusione piana, e a base di un oxygen scavenger polimerico.
L’obiettivo principale in fase di progettazione è di sviluppare dei prototipi attivi “su misura”, adattandone le prestazioni in base alle esigenze individuali dell’alimento, in termini di velocità di respirazione, sensibilità ai fattori ambientali e parametri di shelf life.
Chiaramente, ci sono molte variabili da considerare e ottimizzare e un’ampia matrice sperimentale da esplorare. In tal caso, la modellazione matematica rappresenta uno strumento valido per predire le performance dei film al variare del layout, consentendo di conoscere in anticipo quali sono i parametri ottimali per ottenere le migliori prestazioni dall’imballaggio attivo.
La selezione accurata dei materiali ha consentito di ottenere dei film facilmente riciclabili in fase di post-consumo e con un ridotto impatto ambientale.
I risultati ottenuti dalle misure di assorbimento di ossigeno in continuo hanno evidenziato l’efficacia degli strati esterni di PET nel rallentare la permeazione dell’ossigeno vero il cuore attivo del film, estendendo con successo l’attività di scavenging dell’assorbitore nel tempo.
Il modello matematico, sviluppato con software ComsolTM, si è dimostrato un efficace tool predittivo, impiegabile per effettuare simulazioni al variare del numero di strati attivi e inerti, della disposizione degli strati, del tipo di polimero e della concentrazione di oxygen scavenger.
I test preliminari di shelf life, condotti su una matrice vegetale particolarmente sensibile ai fenomeni ossidativi, hanno inoltre dimostrato l’applicabilità pratica dei prototipi prodotti, efficaci nel prolungare la durabilità degli alimenti confezionati.
Imballaggi attivi ed ecosostenibilità: le nuove frontiere degli oxygen scavengers
Un approccio all’avanguardia in questo campo riguarda l’uso di composti bioattivi di origine naturale, quali estratti di frutta e piante, erbe o spezie, oppure provenienti dalla rivalorizzazione dei materiali di scarto industriali (estratti polifenolici da acque di vegetazione e sanse di olive, bucce di pomodoro, patate, scarti viti-vinicoli), che possono essere impiegati con successo nella produzione degli imballaggi attivi.
Questa strategia, guidata dalla crescente attenzione alla sostenibilità ambientale e all’impiego razionale delle risorse, e coniugata all’utilizzo di materiali polimerici biodegradabili e/o compostabili, consente lo sviluppo di imballaggi 100% naturali, eco-compatibili ed eco-sostenibili.
Un recente studio dell’ingegnere Annalisa Apicella è quello presso il Fraunhofer Institute for Processing and Packaging di Freising, in Germania, nell’ambito del progetto europeo Agrimax – multiple high-value products from crop and food-processing waste. Lo scopo è la produzione di nuovi composti bio-based, ad alto valore aggiunto, provenienti dagli scarti dei raccolti e dell’industria alimentare e commercializzabili nel settore agricolo, chimico, nutraceutico e del confezionamento alimentare (materiali biodegradabili, bio-compositi e active packaging).
I risultati hanno dimostrato la possibilità di utilizzare in maniera innovativa i sottoprodotti dell’industria olearia, estraendo dalle sanse composti polifenolici ad elevata attività antiossidante, da incorporare con successo in coating biodegradabili ad alte prestazioni O2 scavenging e barriera, per la realizzazione di nuovi film multistrato attivi ed eco-compatibili.
La sintesi della ricerca