Il punto sull’istituzione di questa pratica innovativa che, se attivata su larga scala, porterebbe a un risparmio per il Sistema Sanitario Nazionale con un deciso e positivo impatto sulla salute e sul benessere dei cittadini
Potrebbe sembrare anacronistico parlare di “palestre della salute” visto che la pandemia che stiamo subendo ha modificato drasticamente gli stili di vita di milioni di persone e rende difficile mantenere uno stile di vita fisicamente attivo. Il Dpcm con le misure anti-Covid varato il 14 gennaio scorso ha confermato la sospensione delle attività di palestre, piscine, centri natatori, benessere, termali, fatta eccezione per l’erogazione delle prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza e per le attività riabilitative o terapeutiche, nonché centri culturali, centri sociali e centri ricreativi. Ritengo, pertanto, fare alcune considerazioni sul tema.
Avere uno stile di vita attivo è un’abitudine influenzata da una serie complessa di variabili sociali e individuali. É evidente come la sedentarietà, associata a un’alimentazione quantitativamente e qualitativamente non corretta sia, ormai, un problema di salute pubblica, con un elevato carico di malattia e costi sociali.
Ad ogni età, una regolare attività fisica, anche moderata, contribuisce a migliorare la qualità della vita in quanto influisce positivamente sia sullo stato di salute, sia sul grado di soddisfazione personale contribuendo a sviluppare i rapporti sociali e il benessere psichico.
Riprendere l’attività, una volta che le palestre e i centri sportivi saranno riaperti, non sarà semplice. Periodi più o meno prolungati di ridotta/cessata attività fisica (detraining), anche inferiori alle 4 settimane, causano una progressiva perdita degli adattamenti fisiologicamente indotti dall’esercizio fisico con alterazioni a carico del sistema cardiovascolare, metabolico e muscolare che impongono cautela nella ripresa di qualunque allenamento. Ma anche e soprattutto per molti di coloro che hanno contratto il virus sarà necessario poter utilizzare strutture adeguate per recuperare una performance accettabile. Anche le persone in sovrappeso o obese possono presentare dopo l’infezione Covid il rischio di alterazioni della composizione corporea da riduzione della massa muscolare scheletrica (sarcopenia).
L’obesità sarcopenica, ovvero la coesistenza di massa grassa in eccesso e sarcopenia, è una complicanza che può associarsi a prognosi peggiori e a tempi più lunghi per recuperare una composizione corporea soddisfacente. Una adeguata attività fisica favorisce il mantenimento e lo sviluppo della massa muscolare.
Il Ministero della Salute e l’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS) hanno prodotto diversi documenti relativi all’attività fisica e alle “Palestre della Salute”, non sempre recepiti in modo ottimale dalle Regioni; ci sembra opportuno farli conoscere. La Strategia della Regione Europea OMS per l’attività fisica 2016-2025, adottata nel settembre 2015 dal Comitato Regionale per l’Europa, considera l’attività fisica quale fattore trainante per il benessere e la salute delle popolazioni, con particolare attenzione all’incidenza di malattie croniche non trasmissibili, associate a comportamenti sedentari. La strategia mira a ridurre la prevalenza dell’insufficiente attività fisica entro il 2025.
L’Italia ha contribuito alla definizione dei documenti OMS sostenendo una concezione dell’attività fisica intesa come espressione della relazione tra l’essere umano e l’ambiente in cui vive nella sua quotidianità, con lo scopo di aumentare il benessere fisico e psicologico in tutte le fasce d’età, in condizioni fisiologiche e in soggetti affetti da patologie.